REQUIEM

Kenro Izu - Requiem narra la storia di quanti morirono per l’eruzione del Vesuvio nel 79 d. C., incapaci di reagire di fronte a tanta improvvisa violenza. Ne emerge tanta dignità. La caparbietà di Izu nell’allestire i corpi dei fuggitivi trasformati dalla lava incandescente in statue eterne, nelle varie case come negli esterni di Pompei ed Ercolano, sembra davvero restituire la vita a quei momenti.

I corpi rattrappiti che scopriamo nelle stanze o lungo i corridoi lastricati ci colgono impreparati perché li vediamo dove, forse, l’eruzione li sorprese, inermi e abbandonati dopo aver cercato invano un rifugio. Quella di Izu non è una rilettura storica per immagini, piuttosto un omaggio alla gente di Pompei ed Ercolano. C’è, in questo approccio così trasparente e lucido, la medesima partecipazione che Izu da decenni riserva a tutti quei luoghi del mondo ancora puri e sacri; c’è, verso quegli umani e animali di pietra, un profondo rispetto e una grande discrezione.



bio

Nato a Osaka nel 1949 e cresciuto ad Hiroshima. Kenro Izu inizia a fotografare negli anni settanta, completando la sua formazione presso la Nihon University di Tokyo. Nel 1970 si trasferisce a New York, dove tuttora vive e lavora. Ispirato dalle immagini del vittoriano Francis Frith e dalle antiche spedizioni fotografiche in Egitto, nel 1979 intraprende il suo primo viaggio nella terra delle Piramidi. Kenro Izu In particolare resta fortemente impressionato dalla spiritualità del luogo e dal profondo senso di caducità ispirato dalla vista delle rovine. Kenro Izu Le enormi pietre si ergono come tracce imponenti dell’azione costruttiva dell’uomo. Da questa esperienza e dalle fotografie realizzate in questo viaggio prende avvio Sacred Places. Lavoro che diventerà nel tempo uno dei cardini stessi della ricerca dell’autore. Per oltre trent’anni, Izu si è spinto verso mete sempre più lontane fotografando i più suggestivi “luoghi sacri” del mondo. Dalla Scozia al Messico, dalla Cambogia all’India e all’Indonesia, dalla Siria al Tibet. C’è un silenzio inquietante che traspare dalle immagini di Kenro Izu. Un costante viaggio attraverso le metafore della vita, della morte e del decadimento. Di conseguenza apre un suo studio di still life. Considerato uno dei più esperti stampatori esistenti della tecnica del platino/palladio, Izu ha affiancato ad un prolifico lavoro commerciale, un percorso artistico fatto di diversi progetti personali. Negli ultimi anni il fotografo giapponese ha girato il mondo per immortalare diversi monumenti sacri nei loro ambienti naturali. Infatti la fotografia di Kenro Izu, tra nature morte di fiori, figure e monumenti, rivela la complessa bellezza della vita, con particolare attenzione nel cogliere gli elementi della tragedia e del decadimento. Le sue opere sono state presentate in occasione di numerose mostre personali e collettive, esposte negli Stati Uniti, in Europa ed in Giappone. Organizzate presso il Rubin Museum of Art, New York (2004), il Tokyo Metropolitan Teien Art Museum (2005), l’Art Museum, University of Kentucky di Lexington (2007), il Detroit Institute of Art, il Kiyosato Museum of Photographic Art di Yamanashi, in Giappone (2008), il Museum of Photographic Arts, San Diego (2009). Le pieghe e gli incavi della spina dorsale, la sinuosità dei fianchi, il profilo delle scapole, le curve e gli anfratti di schiena e ventre vengono disegnati nitidamente dal gioco delle ombre, così come i soffici petali di una rosa o le linee misteriose delle piramidi. In contrasto con i fotografi moderni che sparano decine di foto ad ogni soggetto, Izu fotografa solo dopo un attenta riflessione. A causa, infatti, delle dimensioni dei negativi di grande formato (35,6 x 50,8 cm, le stesse dimensioni della stampa finale) e della dimensione del banco ottico, può trasportare solo pochi negativi con se. Attraverso la sua tecnica unica, il fotografo giapponese riesce a catturare l’essenza spirituale del soggetto. Le sue stampe al platino, realizzate con un processo che utilizza sali ferrosi, creano una profondità sottile e una superficie opaca particolarmente apprezzata per la gamma quasi illimitata di tonalità di grigio. .

Edizioni: Skira