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[HEMINGWAY E LA FOTOGRAFIA]

Ernest Hemingway nasce il 21 luglio 1899. La ricorrenza ci permette d’indagare sul suo rapporto con la fotografia. Attenzione, questa volta non ci troviamo di fronte un letterato che si dedica alla pratica fotografica, come nel caso di Verga o Simenon; ma di un intellettuale che diventa soggetto per tanti autori famosi, peraltro molto spesso.

Per cogliere meglio il rapporto tra fotografo e soggetto, occorre definire meglio (ove possibile e con i nostri mezzi) gli aspetti salienti di chi si pone di fronte all’obiettivo. Diciamo subito che Ernest, come scrittore, ha occupato con i suoi romanzi la vita d’intere generazioni: anche quella di chi scrive. Francesco Guccini lo cita nella sua canzone “Incontro” (LP Radici).

“I nostri miti morti ormai, la scoperta di Hemingway”.

Woody Allen lo riporta in vita nel film “Midnight in Paris” (2011), dove il protagonista impara ad accettare il presente grazie a due figure importanti della letteratura americana del ‘900: E. Hemingway e F.S. Fitzgerald. Del resto, in molti hanno letto “Addio alle armi” (bella l’edizione Mondadori del 1949, con la traduzione di Fernanda Pivano), “Per chi suona la campana”, “Il vecchio e il mare” (anche qui con la traduzione di Fernanda Pivano, Mondadori 1952; Premio Nobel per la letteratura), “Fiesta”. Piaceva, forse, il suo appartenere alla Lost Generation o anche la vita turbolenta da lui portata avanti.

Sta di fatto che Hemingway è stato fotografato spesso. I fotografi si facevano in quattro per ritrarlo e raccontarne le giornate, negli atteggiamenti più comuni della vita quotidiana. Le ragioni non possono essere accomunate alle precedenti, anche perché non riguardano il passato, ma costituiscono un rilievo del presente. Ci piace però pensare a quegli anni, a come la fotografia fosse l’alba della notizia e delle vicende da raccontare. E poi ci sono i personaggi, nella Parigi di Hemingway, Man Ray e Capa su tutti: una città che costituiva l’epicentro del pensiero artistico e fotografico.

La fotografia ha comunque seguito la vita dello scrittore sin dalla gioventù, quando Bill Smith (un amico) lo ritrae nei momenti più disparati della quotidianità. Di Parigi e Man Ray abbiamo già fatto cenno, ma il rapporto più intenso Ernest l’ha istaurato con Robert Capa. I due si conobbero in Spagna, durante la guerra civile, nel 1937 e la loro amicizia rimase solida fino alla morte del fotoreporter su una mina nel 1954. Da Capa si fece fotografare nel privato e nelle trincee, a pesca e in famiglia, a tavola, alla scrivania e in ospedale, durante la guerra di Spagna e la Seconda guerra Mondiale. Pare addirittura che sia stato proprio Hemingway a suggerire a Capa di aprire un’agenzia fotografica, quella che poi sarebbe diventata poi la Magnum.

Ernest Hemingway e Robert Capa

Ernest e Robert erano due personaggi straordinari. Le esperienze personali di Hemingway: l’aver vissuto e combattuto guerre straniere (era anche sul fronte italiano durante il primo conflitto mondiale), la vita bohémien a Parigi e le avventure in Africa, Spagna o Cuba hanno alimentato la sua immaginazione di romanziere, contribuendo a creare il suo personaggio più grande della vita stessa. Di contro, Robert non può essere annoverato solo come fotografo di guerra, perché molte delle sue immagini catturano le gioie dei tempi migliori. Tra queste vanno considerati anche i numerosi ritratti di personalità della cultura del suo periodo, da Picasso (altro suo amico) a Ingrid Bergman (sua compagna per un lungo periodo), per finire naturalmente a Ernst Hemingway.

Capa ha assistito anche a eventi bellici cruenti, ma di rado fotografò morti e i feriti gravi. Si concentrava sui sopravvissuti, per i quali la vita andava avanti nonostante tutto. Si potrebbe dire che il grande tema delle sue fotografie di guerra fosse il trionfo dello spirito umano sulle più terribili avversità. Sappiamo poi come il fotoreporter ungherese fosse abile nel prepararsi il terreno per un servizio, curandone poi con cura la divulgazione. “Capa sapeva che cosa cercare e che cosa farne dopo averlo trovato”, disse di lui John Steinbeck.

Ci piace immaginare Ernest e Robert insieme, all’Hotel Florida di Madrid, durante la guerra civile spagnola. L’amicizia dovrebbe essersi cementata da subito, per somiglianze reciproche; prima fra tutte quella dello sguardo sul mondo: asciutto per lo scrittore, forse più poetico quello del fotografo, ma per entrambi libero, spavaldo, allungato sui sentimenti da demandare al futuro. E noi accettiamo volentieri questa eredità.

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