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[OYE COMO VA, CARLOS]

Carlos Augusto Alves Santana, chitarrista messicano naturalizzato statunitense, nasce il 20 luglio 1947. Con la sua band, è diventato famoso alla fine degli anni '60 e all'inizio degli anni '70. Il suo linguaggio musicale si componeva di rock, salsa e jazz fusion. Il suono della band presentava una chitarra melodica mescolata al blues, il tutto impostato su ritmi latini e africani, accompagnati da strumenti a percussione in maniera ridondante, difficilmente ascoltati nella musica rock.

Santana ha continuato a lavorare su questa strada nei decenni successivi. Nel 2003, la rivista Rolling Stone ha inserito Santana al numero 15 nella lista dei 100 migliori chitarristi di tutti i tempi. Ha vinto 10 Grammy Awards e 3 Latin Grammy Awards.

Ancora oggi, mentre guidiamo, amiamo coprire il rumore dell’asfalto ascoltando Abraxas, un album del 1970, che contiene appunto il brano "Oye Como Va". Ci piace riconoscere la chitarra distorta, ma dolciastra, di Carlos, accompagnata da Gregg Rolie alle tastiere (spesso seduto a un Hammond, amplificato Leslie) e dalle percussioni di Mike Carabello. La strada corre veloce, aspettando “Samba pa ti”: pezzo iconico e mai dimenticato, colonna sonora di momenti dolci che non si possono raccontare.

Oye Como Va, Carlos …

Carlo Santana ci permette di ricordare il fotografo Jim Marshall. Annie Leibovitz l’ha definito "the rock 'n' roll photographer”. Cerchiamo di conoscerlo meglio.

Un uomo è fortunato se per vivere obbedisce alla propria passione. Jim Marshall lo è stato. Quando era appena un adolescente, a San Francisco, ha preso tra le mani una Kodak Brownie, iniziando a sperimentare. Di fatto comprese come le fotocamere potessero davvero fermare il tempo, permettendo di ispezionarlo, traendone poi un adeguato insegnamento.

Quando ha potuto usare la sua prima Leica, la scelta era fatta. Sapeva cosa voleva fare per il resto della vita. Fortunatamente, per Marshall, si trovava nel posto giusto al momento giusto: lo scenario della musica jazz a San Francisco era affascinante, una vetrina ricca di talenti, con molti personaggi famosi di passaggio.

Marshall ottenne la sua prima foto di John Coltrane nel 1960, quando il sassofonista tenore gli chiese indicazioni per raggiungere la casa di un critico. Marshall senza imbarazzo rispose: "Ti porterò lì se mi lasci fare un paio di foto". Così accompagnò Coltrane e tra i due nacque un'amicizia che portò a ritratti jazz di altri artisti come Miles Davis, Thelonious Monk e Ben Webster.

In città, però, stava sbocciando una controcultura e Marshall circolava tra gli artisti che avrebbero voluto far parte dell’ondata rock. Nessuno gli ha mai rifiutato una fotografia. "Considero il fotografare una persona alla stregua di un patto ", disse una volta. "Si presentano a me e li tratto con dignità”. “Mi rifiuto di violare la loro fiducia".

In qualche modo i suoi soggetti hanno percepito il suo atteggiamento, e quella fiducia reciproca ha prodotto alcune foto straordinarie, come quelle di Jimi Hendrix, Bob Dylan, Johnny Cash, e poi dei Beatles e Rolling Stones. In molti hanno definito Marshall come l’Henri Cartier Bresson della fotografia musicale. E proprio come il fotografo francese ha raccontato la Parigi della metà del ventesimo secolo, Marshall ha fatto lo stesso con il cuore culturale degli anni ’60 e ’70.

Jim Marshall (3 febbraio 1936 - 24 marzo 2010) è stato l’autore delle copertine di oltre 500 album e ancora di più sono state le immagini pubblicate su Rolling Stone. Lui era famoso per i suoi ritratti di musicisti. Le sue fotografie, scattate sul palco e fuori senza alcuna direzione o posa negli anni '60 e '70, erano possibili grazie all'eccezionale disponibilità che i musicisti gli consentivano. Jim soleva dire: “Quando fotografo le persone, non mi piace dare alcuna direzione”. “Sulla scena non ci sono parrucchieri né truccatori”. “Sono come un giornalista, solo con la fotocamera”. “Racconto il mio soggetto nel suo ambiente e, se sta andando bene, mi ci immergo così tanto che divento tutt'uno con la macchina fotografica.

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