Addio a Martin Parr
È con profonda tristezza che il mondo della fotografia apprende la scomparsa di Martin Parr, deceduto nella sua casa a Bristol all’età di 73 anni. Martin Parr nato nel 1952 a Epsom, nel Surrey lascia un’eredità che ha trasformato per sempre il modo di guardare al quotidiano
Un occhio da bambino con lo sguardo disincantato: cosa lo rendeva unico
Parr ha saputo portare nella fotografia documentaria un’irriverenza arguta e un senso del colore inatteso: con il suo passaggio dal bianco e nero (poverissimo di fronzoli) al colore saturo e provocatorio, ha mostrato che anche il “banale” può essere straordinario. Le sue immagini ritraggono spiagge gremite di vacanzieri scomposti, feste di paese, file davanti a supermercati, famiglie in vacanza: scene di vita quotidiana che diventano commedie umane, piene di sincerità, ironia e spesso un tocco di crudeltà complice. Con opere come The Last Resort (1986), Parr ha rotto con la tradizione del reportage realistico: le sue fotografie erano al tempo stesso satira sociale, antologia di costume e specchio impietoso di una società in movimento. In fondo, il suo più grande talento stava nella capacità di guardare il mondo con occhi da bambino curiosi, schietti, a volte spietati senza mai perdere un fondo di tenerezza e partecipazione umana. Durante la sua carriera che lo ha portato a lavorare in tutto il mondo Martin Parr ha mantenuto un occhio attento alla trasformazione sociale, al consumismo, al turismo di massa, all’identità culturale. Le sue immagini non erano pensate solo per “documentare”: erano provocazioni, inviti a riflettere ma in modo diretto, quasi giocoso. Il kitsch, l’esagerazione cromatica, le situazioni surreali: tutto serviva a tenere sollevato uno specchio della società contemporanea. Ha anche raccolto e promosso l’opera di altri fotografi attraverso Martin Parr Foundation, fondata nel 2014: un lascito concreto per la fotografia documentaria britannica e internazionale. Dibattiti, controversie e il coraggio di essere sinceri L’approccio diretto di Parr non sempre fu accolto con approvazione: alcuni lo accusavano di “schernire” i suoi soggetti, di trasformare il dolore o la difficoltà in oggetto di voyeurismo. Ma lui non cercava la pietà né il bello patinato: il suo intento era rendere visibile la verità quella reale e spesso scomoda usando l’ironia e la chiarezza visiva. Molti oggi riconoscono in questo coraggio estetico un atto di profonda umanità e onestà artistica. Un’eredità che continua e che sa ancora farci sorridere, pensare, guardare con occhi nuovi Con la sua scomparsa perdiamo una voce originale, una sensibilità irriverente e un testimone lucido della società contemporanea. Ma il lavoro di Martin Parr resta: nei libri, nelle mostre, nelle fotografie che ancora oggi sanno far riflettere. Forse la lezione più bella che ci lascia è questa: non servono scenari epici o grandi eventi per raccontare la vita. A volte basta il flash sporco di una spiaggia qualsiasi, i volti stanchi di turisti, un’angolazione improvvisata per mostrare con dolcezza e ironia la verità di un’epoca. Rimpiangeremo Parr ma le sue immagini continueranno a ricordarci che, nel banale, c’è sempre qualcosa da vedere.