LA BELLA EPOQUE DI CARBONIERI

Nel giugno 1846, a Parigi, sugli Champs-Élysées, nasce il Lido (nome ispirato all’omonimo litorale veneziano). Non vi è alcun riferimento fotografico, anche se il locale rimane un simbolo della Bella Epoque: quel periodo che dalla metà dell’800 porterà sino allo scoppio della prima guerra mondiale. I nomi che vengono in mente sono tanti: Toulouse-Lautrec, Claude Monet, Donna Franca Florio (per quel che concerne l’Italia). Anche il Titanic simboleggia quell’epoca, che affondò mentre in Francia nasceva Robert Doisneau.

Esponente italiano (e fotografico) della Bella Epoque è stato Francesco Carbonieri. Nelle sue immagini si coglie l’atmosfera lussuosa e spensierata che si respirava nell’alta borghesia durante la Belle Époque: scorci di vita famigliare, così come i lunghi viaggi in automobile verso le località turistiche più famose degli anni Dieci del Novecento (Biarritz, Parigi, la Costa Azzurra).

Al di là del lusso e all’eleganza, quel periodo storico ci ha consegnato molto anche da un punto di vista scientifico e tecnologico. Nel 1895 Guglielmo Marconi regalerà la radio al mondo intero, a dicembre nascerà il cinematografo. Anche la fotografia, presentata nel 1839, si consolida in quel periodo.

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JOHNNY DEPP NE COMPIE 60

In molte si sono innamorate di Johnny Depp da giovane. Bello e impossibile, capelli lunghi e sguardo da finto timido. Selvaggio e inquietante, Johnny Depp rappresenta colui che non deve chiedere mai. Eccessivo e sfrontato, nessuno potrà mettergli i piedi in testa e piace per questo, ancora oggi.

Lo abbiamo ricordato due anni addietro per l’interpretazione nel film Minamata, dove incarna Eugene Smith, il famoso fotografo. Johnny Depp, col suo lavoro, ha rafforzato il legame già esistente tra cinema e fotografia. In un numero rilevante di film, l’arte dello scatto vive al centro della narrazione, a volte persino quale elemento risolutivo delle varie vicende: dai polizieschi, alle storie d'amore. Ci vengono in mente Blow up, La dolce vita (dove nasce la figura del "paparazzo"), La finestra sul cortile, Occhio indiscreto, Smoke, I ponti di Madison County, e poi, ancora, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, One Hour Photo e altri (tra cui, molti titoli dedicati al fotoreportage di guerra, come l’Urla del Silenzio, ad esempio).

Nel film Minamata, la fotografia costituisce l’asse portante della trama e il personaggio principale sarà proprio un fotografo: quell’Eugene Smith famoso per i reportage di guerra, ma anche per lavori importanti come “Spanish Village” (in cui è raccontata una cittadina spagnola in pieno franchismo) e “Country Doctor” (narrazione fotografica dell'attività di un medico generico nella campagna americana).
Quella di Minamata, l’ultimo reportage di Smith, è da considerarsi una tragedia ecologica, causa dell’omonima malattia diffusa tra gli abitanti del luogo. Quale elemento scatenante vi era il rilascio di mercurio nelle acque reflue dell'industria chimica Chisso Corporation, durato più di trent’anni. L’elemento chimico si accumulò nei molluschi, nei crostacei e nei pesci della baia di Minamata, entrando nella catena alimentare e causando così l'avvelenamento da mercurio.

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NASCE ANDO GILARDI

Ando Gilardi nasce l’8 giugno 1921. Ci ha lasciato undici anni fa, dopo una vita dedicata al reportage e alla critica fotografica: un’esistenza trascorsa in un soffio, producendo peraltro un nutrito numero di saggi. Corriamo in biblioteca, la nostra, per cercare i suoi lavori. Ci accorgiamo come lui per primo abbia analizzato le conseguenze dell'avvento del digitale visivo. La Stupidità Fotografica (il volume che abbiamo sfogliato), opera postuma, tiene conto anche di questo, in una pubblicazione veloce, compulsiva, che cambia spesso direzione al ritmo del pensiero. Anche questo era Ando Gilardi: profondo, ma non supponente; e poi aperto a continue riflessioni, analitico quanto basta per offrire interpretazioni allargate anche in chi volesse approfondire e generarne altre.
La sua conclusione ne “La Stupidità Fotografica” è rivoluzionaria e avvincente. Se tutto diventa più facile, e col digitale forse è così, i nuovi adepti saranno costretti a domandarsi circa cosa cercare con la fotografia: attraverso una creatività che diventa maggiormente libera, ma appesantita dallo sforzo mentale.
Ando conclude che la pratica dello scatto ne uscirà arricchita, perché si creerà vendendo, senza pretendere di rappresentare la realtà: stupidamente?

Nell’ammasso di libri abbiamo trovato anche “Storia sociale della fotografia” (Bruno Mondadori Editore, 2000). Ci rendiamo conto di avere tra le mani un volume completo, una grande storia della fotografia: dalla xilografia alla fotoxilografia, dalla calcografia alla fotocalcografia, dalla litografia alla fotolitografia, fino alla matrice fotografica. In parallelo, viene trattata un'affascinante storia alternativa della cultura e della società degli ultimi centocinquant'anni. Il libro è di quelli da avere per forza.

Prima di incontrare l’autore, desideriamo ringraziare la Fototeca Gilardi per l’aiuto che ci ha voluto offrire (fototeca-gilardi.com).

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LO SPAREGGIO, LA DROGA, IL GIALLO

E’ il 1964 e l’Italia si sta godendo il boom economico. In quell’anno Sergio Leone avrebbe girato “Per un pugno di dollari”, mentre il mondo dello sport si sarebbe meravigliato per le Olimpiadi di Tokyo. Nasce la Nutella, nel ’64, l’invenzione della Ferrero, mentre a Sanremo Gigliola Cinquetti trionfa con “Non ho l’età”. Cassius Clay diventa Campione del Mondo a Miami. Esce il film “Hard Day’s Night”, con una Beatles mania che impazza. Giuseppe Saragat, a fine anno, viene eletto Presidente della Repubblica.

Era un anno sereno, quel ’64; o forse oggi lo vediamo così perché la memoria ha arrotondato gli spigoli. Lee Harvey Oswald venne riconosciuto colpevole unico dell’omicidio JFK, avvenuto l’anno prima. E’ il Codice Warren a dirlo, con tutti i dubbi del caso. Lo sport dipana le sue storie e nel primo mese d’estate il calcio propone un evento unico, irripetibile, celebrato più volte nelle trasmissioni televisive.

E’ il 7 Giugno 1964, allo Stadio Olimpico di Roma, si gioca lo spareggio tra l’Inter (quella di Angelo Moratti, vincitrice a Vienna della Coppa Campioni) e il Bologna. Si tratta dell’ultima finale “secca” disputata nel nostro campionato. Le due squadre si trovavano appaiate alla fine del girone di ritorno. Era un Bologna da paradiso, quello del ’64; ma lo stesso pareva essere artificiale: cinque giocatori della squadra erano infatti risultati positivi alle analisi antidoping, effettuate il 2 febbraio, dopo la gara col Torino. Sotto le due torri si grida al complotto. Il Presidente del Bologna Dall’Ara fa l’unica cosa possibile: chiedere le contro analisi sul secondo campione di urine. Il regolamento prevedeva infatti che i prelievi dovessero essere divisi in due parti identiche.

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