NASCE GABRIELE D’ANNUNZIO
Gabriele D'Annunzio nasce il 12 marzo 1863, a Pescara. E’ stato il principale scrittore italiano tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo. La sua vivace carriera, i suoi amori scandalosi, l’audacia mostrata in tempo di guerra, la leadership politica sostenuta durante due crisi nazionali, contribuirono a renderlo una delle personalità più sorprendenti del suo tempo.
Eleonora Duse e Gabriele D’Annunzio.
I ricordi scolastici quasi c’impongono di iniziare dal gossip, una tendenza oggi molto diffusa. Eleonora Duse e D’Annunzio vissero una relazione importante. Iniziamo però dall’attrice e vediamo come il letterato pescarese riesca a inserirsi nella sua vita.
Nel 1881 Eleonora Duse sposò Tebaldo Marchetti, un attore nella sua compagnia. L'unione, dalla quale nacque una bambina, Enrichetta, durò molto poco. Nel 1884 si legò allo scapigliato Arrigo Boito, con una relazione rimasta segreta, ma durata diversi anni.
Nel 1882 a Roma incontra per la prima volta Gabriele d'Annunzio. Bello, giovane, affascinante, riccioluto, lo scrittore le chiede di andare a letto con lui. Eleonora lo allontana, ma qualcosa in lei deve essere rimasto. I due s’incrociano nuovamente a Roma, sei anni dopo, al Teatro della Valle. Lei ha appena finito di recitare la Signora delle Camelie e, ancora in lacrime, si dirige verso il camerino. Improvvisamente le appaiono davanti gli occhi chiari del giovane D’Annunzio.
Venezia sarà complice del loro amore (1894), che durerà una decina d’anni e contribuirà in maniera determinante alle fortune dello scrittore. La Duse, infatti, porterà sulle scene i drammi dannunziani, il più delle volte finanziando ella stessa le produzioni; anche se, nel 1896 d'Annunzio le preferirà Sarah Bernhardt (altra divina dell’epoca) per la prima francese de La ville morte. Quell’amore, comunque, segnò la vita di entrambi, Eleonora e Gabriele; i quali non si dimenticheranno mai. Disse una volta l’attrice: “Gli perdono di avermi sfruttata, rovinata, umiliata”. “Gli perdono tutto, perché ho amato”.
Una curiosità. Nel 1898, con l’attrice ancora vivente e in piena attività, il Teatro Brunetti di Bologna cambiò nome in Teatro Duse.
Gabriele D’Annunzio, note biografiche
Figlio di un ricco proprietario terriero pescarese D'Annunzio studiò all'Università di Roma. Quando aveva 16 anni furono pubblicate le sue prime poesie, Primo vere (1879). Le poesie di Canto novo (1882) erano piene di descrizioni appassionate e sensuali. Il romanzo autobiografico Il piacere (1889) introduce il primo degli appassionati superuomini di D'Annunzio; un altro appare ne L'innocente (1892). D'Annunzio era già diventato famoso quando apparve il suo romanzo più noto, Il trionfo della morte (1894). Questo e il suo successivo romanzo importante, Le vergini delle rocce (1895), presentavano eroi brutalmente egoisti e del tutto amorali.
D'Annunzio continuò la sua prodigiosa produzione letteraria fino alla prima guerra mondiale. La sua principale opera poetica è la raccolta lirica Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi (1899). Il terzo libro di questa serie, Alcyone (1904), una ricreazione degli odori, dei sapori, dei suoni e delle esperienze di un'estate toscana, è considerato da molti la sua più grande opera poetica.
Nel 1894 D'Annunzio iniziò una lunga relazione con l'attrice Eleonora Duse e si dedicò a scrivere opere teatrali per lei, in particolare le tragedie La Gioconda (rappresentata nel 1899) e Francesca da Rimini (rappresentata nel 1901). Alla fine interruppe la relazione e svelò la loro intimità nel romanzo erotico Il fuoco (1900). La più grande opera teatrale di D'Annunzio fu La figlia di Iorio (1904), un potente dramma poetico sulle paure e le superstizioni dei contadini abruzzesi.
Lo stile di vita di D'Annunzio era stravagante e costoso, così i debiti lo costrinsero a fuggire in Francia nel 1910. Quando scoppiò la prima guerra mondiale, tornò in Italia per sollecitare con passione l'entrata in guerra del suo paese. Dopo la dichiarazione di guerra, si tuffò lui stesso nella lotta, con ardimento. D’Annunzio amava le azioni militari audaci e individuali. Due delle sue imprese più importanti risalgono al 1918: il volo su Vienna (volo di Vienna), dove lanciò migliaia di volantini di propaganda sulla città e lo scherzo alla Baia di Buccari (la beffa di Buccari), un audace attacco a sorpresa alla flotta austriaca.
Nel 1919 D'Annunzio, con 300 sostenitori, occupò il porto di Fiume e governò la città come dittatore fino al dicembre 1920, momento in cui le forze militari italiane lo costrinsero ad abdicare. Il porto divenne italiano nel 1924. D'Annunzio fu ricompensato dal primo ministro Benito Mussolini, ma fu emarginato dal regime. Si ritirò così a Gardone Riviera e lì scrisse alcune memorie e confessioni.
Gabriele D’Annunzio muore il 1° marzo 1938, a Gardone Riviera.
Il fotografo Giovanni Cividini, note biografiche
Nato a Trieste nel 1879, terzo di otto figli, si impiega giovanissimo nello studio Manenizza, gestito da Marco ed Emilia assieme al padre Spiridione, in via Santi Martiri 3. Trasferitosi lo studio nel 1889 in piazza della Borsa 11, segue i titolari, in particolare Emilia sino al 1905, anno della morte della donna.
Nel 1906 si mette in proprio e sino al 1911 ha lo studio in via S. Spiridione, 7., dal 1912 è in via S. Antonio 4-6 ingresso in via S. Nicolò, 3 con esposizione in piazza della Borsa. Sue specialità sono il ritratto, "fotografie moderne, ingrandimenti, gruppi, assunzioni o riproduzioni in qualsiasi grandezza" e il rilievo di edifici. Vince premi a Parigi e a Madrid.
Nell'imminenza della prima guerra mondiale ripara a Pordenone, dove apre uno studio in via Damiani. Nei primi decenni del Novecento la passione per la tecnologia lo porta a frequentare i campi di volo dove realizza numerosissimi scatti sia di aeroplani, sia di piloti. Significative sotto l'aspetto storico anche le foto in cui figura Gabriele D'Annunzio, che all'epoca frequentava la zona in veste di osservatore militare.
Dopo Caporetto, apre uno studio a Bologna in via D'Azeglio 19. Di ritorno da Pordenone, nel 1924 svolge i primi lavori di fotografia industriale (e i primi incarichi per il Cantiere navale triestino di Monfalcone.
Nel 1927 ritrae a Trieste la visita di Vittorio Emanuele 3.
Nel 1935 si trasferisce definitivamente a Monfalcone, in via Cosulich 105, la sua ritoccatrice è Antonietta Morin, poi alle dipendenze dei Wulz. Fino al 1942 è testimone e cronista del cantiere. Con i primi bombardamenti si sposta a San Vito al Tagliamento, in piazza del Popolo. Rientra a Trieste nel 1957.
(Fonte: Musei Civici del Comune di Trieste)
Il fotografo Mario Nunes Vais, note biografiche
Mario Nunes Vais è nato a Firenze il 16 giugno 1856, in una famiglia famiglia ebrea benestante proveniente da Livorno.br> Compì gli studi nell’Istituto Svizzero per poi seguire le orme paterne ed esercitare per tutta la vita il mestiere di agente di cambio. Dopo le nozze con Sofia Uzielli (1881) le dimore di famiglia in campagna (a Pian de’ Giullari) e in città (prima in via Pandolfini, poi dal 1895 in piazza dell’Unità, infine dal 1924 in Borgo degli Albizzi) divennero rinomati luoghi di incontro della mondanità fiorentina.
Sempre negli anni Ottanta dell’Ottocento diede inizio all’attività di fotoamatore, mediante la quale realizzò un corpus di fotografie che, per la varietà di soggetti e di generi, costituisce uno dei repertori iconografici di Firenze e dell’Italia più rilevanti dell’epoca.
La sua formazione come fotografo avvenne a Firenze, dove già da tempo operavano professionisti di livello internazionale come i fratelli Alinari (dal 1854) e Giacomo Brogi (dall’anno successivo). Intrattenne rapporti di amicizia e di collaborazione con numerosi operatori e in particolare con la seconda generazione dei titolari delle aziende più importanti: con Vittorio Alinari (alla guida dell’azienda di famiglia dal 1890) e con Carlo Brogi (subentrato al padre nel 1881).
Il suo ingresso nel mondo della fotografia coincise con la diffusione della tecnica della gelatina bromuro d’argento, che, a partire dal 1880, con la commercializzazione di lastre pronte per l’uso e di apparecchiature leggere e maneggevoli, e con la possibilità di effettuare sviluppi e stampe rivolgendosi a personale specializzato, favorì il diffondersi della fotografia amatoriale presso un pubblico di appassionati non sempre esperti di chimica e ottica.
Nunes Vais infatti non si occupò mai dello sviluppo e della stampa delle fotografie, che affidò a vari laboratori fiorentini, e non ebbe un proprio studio di posa per i ritratti, avvalendosi dei locali dello studio Alinari, dello studio Bencini e Sansoni e di quello Salvini. Dal 1897, inoltre, versò la quota semestrale per l’uso del terrazzo di posa della Società fotografica italiana.
La sua attività pubblica come fotografo fu legata quasi esclusivamente alla Società, fondata a Firenze nel 1889: uno dei primi circoli nati dalla collaborazione di professionisti e amatori che con esposizioni, concorsi e riviste promuovevano l’arte della fotografia in Italia. L’ammissione nella Società risale al 1890 e negli anni successivi Nunes Vais fece parte di diversi comitati organizzatori e di commissioni di concorso. Nel 1895 fu eletto fra i sindaci; fu membro nel 1903 della commissione giudicatrice del III e IV concorso fotografico indetto dalla Società e nel 1904 del suo consiglio di amministrazione.
Nel 1899, su invito di Vittorio, assunse la direzione amministrativa della società Alinari.
Partecipò anche a diversi concorsi fotografici ottenendovi diplomi e riconoscimenti: nel 1891 a Palermo; nel 1892, 1899, 1903 e 1904 a Firenze (nel 1899 figurò anche tra gli organizzatori dell’evento, che vide la presenza di opere di importanti fotografi del tempo quali Alfred Stieglitz); nel 1907 e nel 1923 a Torino (nel 1910, a titolo onorifico, venne sollecitato a iscriversi al Photo-Club della città).
Gli incarichi onorifici e i riconoscimenti ottenuti nei concorsi danno tuttavia conto di una parte marginale della sua opera. Egli infatti scattò una quantità enorme di fotografie per proprio diletto, con una sorta di intento classificatorio di luoghi, fatti e soprattutto personaggi dell’epoca in cui visse.
Fin dagli inizi si cimentò in vari generi (vedute di scorci di Firenze, scene di vita di strada, processioni, feste pubbliche, gare sportive, parate ed esercitazioni militari, momenti di ritrovo della buona società, passatempi di popolani), realizzando fotografie che testimoniano la volontà di fissare tipi umani e il gusto di collezionare immagini di eventi di ogni genere: da Buffalo Bill, che sorprese Firenze con il suo spettacolo nel 1890, ai reali italiani, che si recarono a rendere omaggio alla regina Vittoria in visita a Firenze nel 1894; dal X Congresso socialista italiano di Firenze tenutosi nel 1908 (dove ritrasse tutti i delegati insieme, e singolarmente Anna Kuliscioff e Filippo Turati), al gruppo dei futuristi Carlo Carrà, Umberto Boccioni, Aldo Palazzeschi, Giovanni Papini e Tommaso Marinetti nel 1913. Fu un mondo, il suo, in cui la cronaca entrò piuttosto di rado, come nella serie di scatti che fissarono il trasporto degli imputati al processo per l’omicidio del direttore del Telegrafo e della Gazzetta di Livorno (1895). Effettuò anche riprese della sua tenuta di campagna, con le sagre, i contadini, le riunioni di famiglia e gli intrattenimenti con amici.
Dagli ultimi anni dell’Ottocento e fino al momento della morte, il successo delle sue opere fu tale che farsi ritrarre da Nunes Vais divenne una moda, e davanti al suo obiettivo sfilò una teoria di personaggi di rilievo del mondo della politica e della cultura.
Immortalò, tra gli altri, Benedetto Croce, Salvatore di Giacomo, Sibilla Aleramo, Amelia Rosselli, Matilde Serao, Annie Vivanti, Edmondo de Amicis, Trilussa (Carlo Alberto Salustri), Ugo Ojetti, Marino Moretti, Luigi Pirandello, Thomas Mann, Guglielmo Marconi, Arrigo Boito, Ruggero Leoncavallo, Sergej Rachmaninov e Pietro Mascagni (in studio e durante un concerto a Boboli del 1906). La maggior parte dei ritratti fu eseguita in studio, ma riservò il privilegio di riprenderli nella loro dimora a personaggi come Gabriele D’Annunzio (nella sua villa La Capponcina e durante varie occasioni pubbliche), Giacomo Puccini (a Torre del Lago), Giovanni Giolitti e famiglia (fotografati a Roma nel 1909) e la casa reale (ritratta a Roma nel 1918). Pittori e scultori (Pietro Canonica, Augusto Rivalta, Vincenzo Gemito, Aristide Sartorio, Ettore Ximenes) vennero ritratti per lo più nei loro studi nell’atto di creare opere d’arte.
Nel frattempo maturò la sua inclinazione più profonda verso il ritratto e la rappresentazione del mondo del teatro e del bel canto, fotografando quasi tutte le stelle del tempo individualmente (in studio) e sulla scena (insieme con i membri delle compagnie).
Quali soggetti figurarono tra gli altri Toti Dal Monte, Titta Ruffo, Beniamino Gigli, Leopoldo Fregoli, Edoardo Scarpetta, Ettore Petrolini, le sorelle Anna, Emma e Irma Gramatica, Ruggero Ruggeri, Alda e Lyda Borelli, Maria Melato, Pina Menichelli ed Ermete Zacconi (quest’ultimo in una nutrita serie di scatti sia in costumi di scena, sia in borghese). Varie furono anche le sedute con Eleonora Duse, molte in abbigliamento di scena; e alcune delle foto scattate all’attrice in una seduta del 1906 furono riprodotte su cartolina per raccogliere fondi in favore della Casa di ricovero vecchi artisti drammatici di Firenze. Nel 1911 immortalò anche l’esecuzione dell’Edipo re di Sofocle nel teatro romano di Fiesole, quando la compagnia di Tommaso Salvini ebbe modo, per la prima volta in Italia, di sfruttare le rovine di un teatro antico per uno spettacolo.
La ritrattistica di Nunes Vais, che comprende una quantità enorme di riprese di persone non famose, è più convenzionale nelle fotografie di scena e di gruppo mentre risulta più riuscita nei ritratti individuali. Infatti, se per indole e per la sua visione del mondo non arrivò mai a uno scavo psicologico profondo, raggiunse tuttavia un equilibrio perfetto fra la sua impressione della persona di cui eseguiva il ritratto e il modo in cui il soggetto intendeva proporsi. Tale risultato, con espressioni e pose mai enfatizzate (come invece avveniva in tanta ritrattistica coeva), grazie alla sobrietà dell’ambientazione decretò il successo delle sue opere.
Non fece mai commercio delle fotografie, limitandosi a formare una propria collezione e a impiegare l’arte come mezzo per consolidare le relazioni mondane.
Mario Nunes Vais è deceduto a Firenze il 27 gennaio 1932.
(Fonte: Treccani)
Le fotografie
D’Annunzio in una fotografia di Giovanni Cividini.
D’Annunzio legge. Fotografia di Mario Nunes Vais.