YURI GAGARIN E SPACE ODDITY
12 aprile 1961. Yuri Gagarin, cosmonauta sovietico, alle ore 9.07 di Mosca parte per il suo volo spaziale all’interno della navicella Vostok 1 (Oriente 1). È il primo uomo a viaggiare nello spazio. Da lassù, guardando la terra, disse: «Vedo un meraviglioso pianeta blu».
La fantasia, e anche un po’ di desiderio, ci porta a ricordare una canzone di David Bowie: Space Oddity, quella del titolo. Nel brano, la vista della terra dallo spazio (blu anche questa volta) è affidata a uno dei primi personaggi di Bowie, Major Tom, un astronauta che racconta il suo fluttuare nella navicella mentre la torre di controllo cerca di stabilire un contatto. «Ground Control to Major Tom. Take your protein pills and put your helmet on. Ground Control to Major Tom. Commencing countdown, engines on. Check ignition and may God’s love be with you. (Base Terra a Maggiore Tom. Prendi le tue pillole di proteine e indossa il casco. Base Terra a Maggiore Tom. Inizia il conto alla rovescia, motori accesi, controlla l’accensione, e che Dio t’assista)».
Una volta che il Maggiore Tom si trova nello spazio ed esce dalla capsula, stacca il contatto con la Terra e, come il computer HAL 9000 di “2001: Odissea nello spazio”, anche lui diserta la sua missione scegliendo di rimanere lassù, da solo; e con lo sguardo fisso verso il nostro pianeta “blue”. Il Major Tom dirà: «Here am I floating round my tin can, far above the Moon. Planet Earth is blue and there’s nothing I can do. (Sono qui che galleggio attorno al mio barattolo di latta, lontano sopra la Luna. Il pianeta Terra è blu e non c’è niente che io possa fare)».
La storia della canzone finisce nell’infinito cosmico: «Nonostante sia lontano più di centomila miglia, mi sento molto calmo. E penso che la mia astronave sappia quale direzione seguire. Dite a mia moglie che l’amo tanto, lei lo sa» Il pianeta Terra chiama, ma Tom è altrove, al di là della stessa fantasia: «Base Terra a Maggiore Tom, il tuo circuito si è spento, c’è qualcosa che non va. Mi senti, Maggiore Tom?».
Yuri Gagarin, note biografiche
Yuri Gagarin nasce il 9 marzo 1934, vicino a Gzhatsk, in Russia (ora Gagarin). E’ stato un cosmonauta sovietico che nel 1961 divenne il primo uomo a viaggiare nello spazio.
Figlio di un falegname, Gagarin si diplomò in una scuola professionale vicino a Mosca nel 1951. Proseguì gli studi presso la scuola industriale di Saratov e contemporaneamente seguì un corso di volo. Dopo averlo completato, entrò nella scuola per cadetti dell'aeronautica sovietica a Orenburg, dalla quale si diplomò nel 1957.
12 aprile 1961 Yuri alle ore 9.07 di Mosca parte per il suo volo spaziale all’interno della navicella Vostok 1 (Oriente 1). Compie un’intera orbita ellittica attorno alla Terra, raggiungendo un’altitudine massima di 302 km e viaggiando ad una velocità di 27.400 km/ ora. Dopo 108 minuti di volo intorno al nostro pianeta, la capsula frena la sua corsa e inizia il rientro nell’atmosfera terrestre.
Gagarin viene espulso dall’abitacolo e paracadutato a terra in un campo. È il primo uomo a viaggiare nello spazio. La sua impresa ha una grande eco in tutto il mondo. L’exploit di Gagarin è un trionfo per l’Unione Sovietica. Il volo nello spazio è stato segnato indelebilmente dalla guerra fredda. Subito dopo il successo sovietico, il presidente Kennedy il 25 maggio, in un discorso storico, annuncia il traguardo degli Stati Uniti: far sbarcare un uomo sulla Luna prima dell’Unione Sovietica.
Gagarin non andò mai più nello spazio ma partecipò attivamente all'addestramento di altri cosmonauti. Fece diversi viaggi in altre nazioni dopo il suo storico volo e dal 1962 prestò servizio come deputato al Soviet Supremo. Il 27 marzo 1968, Gagarin rimase ucciso insieme a un altro pilota nello schianto di un aereo a due posti durante quello che fu descritto come un volo di addestramento di routine. Tra le cause dell’incidente si pensò persino a una crisi di panico del cosmonauta. La cabina non era adeguatamente pressurizzata. Yuri, spaventato, si fa prendere dal panico o forse, per salvare la vita, decide di scendere in picchiata. Perderà così conoscenza, schiantandosi al suolo.
Le sue ceneri furono deposte in una nicchia nel muro del Cremlino. Dopo la sua morte, la città di Gzhatsk fu ribattezzata Gagarin.
David Bowie, note biografiche
Nato come David Jones, l’8 gennaio 1947, David Bowie si ribattezzò nel 1966 per evitare confusione con Davy Jones dei The Monkees. Era un cantante, cantautore, polistrumentista, produttore discografico, arrangiatore, pittore e attore, ma anche un musicista che reinventava continuamente il suo suono e la sua persona: dall'hippy degli anni '60 di Space Oddity, attraverso Ziggy Stardust (1972), Aladdin Sane (“ragazzo pazzo”, 1973), Pierrot, Thin White Duke, fino a diventare un anziano sentimentale del rock.
David Bowie è stato spesso al fianco di altri artisti, in maniera attiva. Negli anni '70 ha lavorato con Lou Reed, producendo il suo grande successo, Transformer. Ha poi collaborato con Iggy Pop in due album, lanciando così la sua carriera da solista. Successivamente ha collaborato con Bruce Springsteen e poi Luther Vandross con il quale ha co-scritto il grande successo Young Americans.
Lou Reed, Iggy Pop, Springsteen e Vandross hanno tutti tratto beneficio dalla collaborazione con Bowie, raggiungendo così il loro successo individuale. Alla fine degli anni '70, Bowie si è trasferito a Berlino lavorando con Brian Eno, ex Roxy Music. Negli anni che seguirono Bowie ha continuato a esplorare nuovi temi e stili, collaborando con Nile Rodgers, Mick Jagger, i Queen e persino Bing Crosby. Negli anni '70 Bowie ha sviluppato una carriera di attore, recitando in The Man Who Fell to Earth di Nicolas Roeg.
Negli anni '80 è diventato un attore teatrale interpretando il protagonista in The Elephant Man a Broadway. Nel 2006, è tornato a sorpresa al cinema, interpretando Nikola Tesla nel dramma illusionista di Christopher Nolan The Prestige. Il suo ultimo album, l'acclamato Blackstar è stato lanciato il giorno del suo 69° compleanno, pochi giorni prima della sua morte.
Bowie non faceva affidamento unicamente al proprio genio, cercava costantemente nuovi stimoli collaborando con persone diverse. La maggior parte delle collaborazioni hanno portato a innovazioni nello stile e nella direzione musicale. Avrebbe potuto riciclare i suoi primi successi come hanno fanno molte altre rock star. Invece ha continuato a cercare nuove idee, imponendo il cambiamento a se stesso. Del resto, diceva: «È molto più divertente progredire che guardarsi indietro».
Guido Harari, note biografiche
Guido Harari nasce al Cairo (Egitto) nel 1952. Nei primi anni Settanta avvia la duplice professione di fotografo e di critico musicale, contribuendo a porre le basi di un lavoro specialistico, sino ad allora senza precedenti in Italia. Dagli anni Novanta il suo raggio d'azione contempla anche l'immagine pubblicitaria, il ritratto istituzionale, il reportage a sfondo sociale.
Dal 1994 sono membro dell'Agenzia Contrasto. Ha firmato copertine di dischi per Claudio Baglioni, Angelo Branduardi, Kate Bush, Vinicio Capossela, Paolo Conte, David Crosby, Pino Daniele, Bob Dylan, Ivano Fossati, BB King, Ute Lemper, Ligabue, Gianna Nannini, Michael Nyman, Luciano Pavarotti, PFM, Lou Reed, Vasco Rossi, Simple Minds e Frank Zappa, fotografato in chiave semiseria per una storica copertina de «L’Uomo Vogue». È stato per vent’anni uno dei fotografi personali di Fabrizio De André. Ha al suo attivo numerose mostre e libri illustrati tra cui Fabrizio De André. E poi, il futuro (Mondadori, 2001), Strange Angels (2003), The Beat Goes On (con Fernanda Pivano, Mondadori, 2004), Vasco! (Edel, 2006), Wall Of Sound (2007), Fabrizio De André. Una goccia di splendore (Rizzoli, 2007).
Di lui ha detto Lou Reed: "Sono sempre felice di farmi fotografare da Guido”. “So che le sue saranno immagini musicali, piene di poesia e di sentimento”. “Le cose che Guido cattura nei suoi ritratti vengono generalmente ignorate dagli altri fotografi”. “Considero Guido un amico, non un semplice fotografo".
Le fotografie
Yuri Gagarin alla Scuola tecnica pedagogica industriale di Saratov.
David Bowie, Roma, 1987. Ph. Guido Harari.