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IL PRIMO OTTOVOLANTE

16 giugno 1884. A Coney Island (New York) entra in funzione il primo ottovolante, non per i brividi, ma con uno scopo panoramico. Gli avventori salgono su una carrozza che percorre circa 200 metri per arrivare da una torre all'altra, lentamente, con la sola forza di gravità.

Coney Island ci riporta alla memoria un film diretto da Woody Allen: La ruota delle meraviglie (Wonder Wheel), girato nel 2017 e ambientato negli anni ’50. La trama della pellicola è semplice. Ginny (Kate Winslet) lavora a Coney Island come cameriera. Dopo un matrimonio fallito e un figlio da crescere, si consola con Humpty (Jim Belushi), un uomo al quale deve nascondere le bottiglie di alcool perché non diventi violento.
L’equilibrio matrimoniale, già precario, subisce due scossoni: arriva Caroline (Juno Temple), la figlia di Humpty in fuga dopo il suo matrimonio finito con un gangster che le dà la caccia perché sa e ha visto troppe cose; Ginny invece vive un amore estivo con un bagnino più giovane di lei, Mickey (Justin Timberlake), che sogna di fare il drammaturgo e le ricorda i suoi anni migliori, quando faceva l’attrice. Caroline e Mickey s’incontreranno, il che complicherà le cose.

Coney Island è la location del film di Woody Allen. Appare come un set creato appositamente, mentre invece esiste davvero così come la vediamo nella pellicola. Le piccole storie di donne e uomini s’inseriscono perfettamente nella scenografia: da un lato ci sono sogni e speranze nella vita e nell’amore, dall’altra emerge la consapevolezza di inseguire qualcosa di artefatto, dove l’attesa è troppo grande per essere vera. Il cromatismo accompagna i sentimenti nel loro divenire, il che trasforma il film in un capolavoro. Il merito va attribuito anche a Vittorio Storaro (direttore della fotografia), alla sua seconda collaborazione con Allen.

Abbiamo cercato a lungo delle fotografie che potessero avvicinarci al primo ottovolante. Il fotografo Giulio Andreini ci ha inviato le montagne russe Cyclone di Coney Island, quelle sorte all’interno di uno dei più famosi Luna Park degli Stati Uniti, nato nel 1903. L’atmosfera è quella che volevamo.

Il fotografo Giulio Andreini e la piazza dell’uomo

Abbiamo conosciuto Giulio Andreini un po’ per caso, tramite amicizie comuni; poi ci siamo frequentati con una certa assiduità, come spesso capita tra coetanei che condividono la medesima passione. Ne abbiamo apprezzato la precisione, l’attenzione per il dettaglio, ma soprattutto il rispetto nei confronti della fotografia. E’ vero, per lui si tratta di una professione; ma crediamo che altro vada ad alimentare la serietà profonda che nutre nei confronti dello scatto. Di mezzo c’è la cultura, lo studio, la preparazione, il tempo. Già, la vita stessa di Giulio è permeata da tante lentezze, che altro non rappresentano se non momenti formativi. Lui, l’aspetto tecnico l’ha affrontato da solo, anche quando era assistente presso un rinomato studio fotografico fiorentino; ma non era lì la chiave di volta. C’era dell’altro da comprendere e fare proprio, anche studiando Lettere Moderne; ed era l’uomo, quello comune, l’individuo che abitava luoghi lontani, differenti, dissimili per quotidianità.
Una volta gli abbiamo chiesto se avesse raggiunto la piazza del mondo. Lui ha risposto che trovarla risulta impossibile, perché l’umanità è disomogenea, splendidamente differente nelle varie latitudini del globo. Un po’ siamo rimasti delusi dalle sue parole, anche perché volevamo comprendere cosa spingesse uno come lui a partire, a gettare lo sguardo oltre l’orizzonte della propria prossimità. Poi ci siamo consolati, con una spiegazione semplice, anche troppo: il mondo è la piazza di Giulio, il luogo d’incontri e di storie, di avvenimenti e tradizioni. La fotografia diventa quasi un pretesto: non perché poco importante, ma per il fatto di rappresentare unicamente lo strumento terminale. Il resto è studio e preparazione, perché dopo il mondo è lì, vicino come non mai, a schiudere la visione sulla sua piazza più bella: quella dell’uomo.

Giulio Andreini, note biografiche

Giulio Andreini, nato nel 1959, è un fotografo e giornalista professionista con sede in Italia, a Siena.
 E’ specializzato in reportage geografici, etnologici, di argomenti artistico-culturali, e di news. Le sue foto e i suoi reportage sono stati pubblicati sulle più importanti riviste Europee ed Internazionali, come Focus, Geo, Smithsonian Magazin, National Geographic, Volta ao Mundo, Il Corriere della
Sera, L’Equipe, El Mundo, Rutas
del Mundo, El Pais, Abenteuer
und Reisen, Merian.

Ha
 studiato all’Università di
 Siena, dove si è laureato con
 uno studio fotografico sulla
 comunicazione gestuale. Dal
1987 al 1992 ha collaborato come 
fotoreporter per il dipartimento libri del
 Touring Club Italiano e per la rivista
geografica “Vie del Mondo”, pubblicata 
dal Touring Club Italiano con la 
partnership del “Traveler Magazin”
della National Geographic Society, per la
 quale ha prodotto numerosi reportage in
 Italia, Grecia, Jugoslavia, Germania, Filippine.
Ha viaggiato a lungo in Sud America.
Nel 1991 
ha realizzato su commissione il libro monografico “Argentina” per il Touring Club Italiano. Nel 1995
 ha lavorato in Brasile dove ha seguito diversi aspetti culturali del paese, compresa una storia sull’architettura barocca Brasiliana.
Nel 1997 ha seguito la ricostruzione della Basilica di San Francesco ad Assisi, distrutta dal terremoto e il complesso lavoro di recupero degli affreschi di Giotto al suo interno. Nel 1999 ha prodotto per il Corriere della Sera un reportage sull’Ordine dei Cavalieri di Malta, che celebravano allora i nove secoli dalla fondazione.
Nel 2001 ha lavorato in Dubai e in Jamaica in occasione del “Sum Fest” (il festival internazionale della musica reggae, voluto da Bob Marley). Nel 2002 ha lavorato a Hong Kong in occasione del Capodanno Cinese, sul tema delle tradizioni religiose Taoiste; nel 2003 nello stato Malese del Sarawak, durante la festa del “Gaway Dayak”; e in Ungheria nella regione del Tokaj. Nel 2008 Ha seguito la Pasqua Ortodossa nell’isola di Patmos, in Grecia.
Nel 2009, in occasione dei 20 anni della caduta del Muro di Berlino, ha realizzato un reportage sui luoghi segreti da cui la DDR e la Repubblica Federale Tedesca si spiavano reciprocamente per mantenere il delicato equilibrio della “Guerra Fredda”. Nel 2014 ha realizzato un lavoro sui grattacieli storici e moderni di New York. Nel 2018 si è occupato dei grandi templi Buddisti in Myanmar.

Il lavoro di tanti anni l’hanno portato ad organizzare e valorizzare il proprio archivio fotografico che spazia dai primi lavori di reportage sulla vita quotidiana e di strada, al restauro delle grandi opere d’arte fino, al paesaggio ed al racconto delle città e delle grandi architetture. Considera l’archivio come un importante mezzo per salvaguardare e tramandare la nostra storia e come motivo di crescita verso nuove idee ed iniziative. Giulio Andreini studia e realizza ogni anno nuovi progetti.

Le fotografie

Thunderbolt, Coney Island. Giulio Andreini.
Montagne russe Cyclone di Coney Island. Giulio Andreini.

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