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THE PENCIL OF NATURE

29 Giugno 1844. Viene pubblicato il fascicolo “1” del primo “libro fotografico”, The Pencil of Nature, di William Henry Fox Talbot (l’ultimo sarà datato 1846).
Non lo nascondiamo: abbiamo sempre provato una grande simpatia per “il Talbot”. Da autentico padre della fotografia, può essere considerato colui che ha portato il contributo più forte, restituendoci la possibilità di uno scatto, seguito da tutte le stampe possibili.
Ma Fox Talbot era anche uno studioso e già aveva pubblicato molto sulla fotografia (ancora non si chiamava così). La madre glielo ricordava sempre, e anche questo è un dettaglio che lo rende più vicino, umano.

Ricordiamo che Fox Talbot soggiornò sul lago di Como, questo durante un suo viaggio in Italia compiuto nel 1833. Lui ritrasse molti paesaggi con la sua camera oscura, il che gli suscitò l'emozionalità "dell'immutabile bellezza della natura"; sembra sia stato questo ad indurlo alla sperimentazione di quelli che definì poi "disegni fotogenici": riuscire a fissare le affascinanti immagini della camera oscura.

William Henry Fox Talbot nasce l’11 febbraio 1800. Con lui la fotografia riceve un impulso di modernità. Siamo nel 1839. Mentre la febbre della fotografia sta dilagando in Europa, William Henry Fox Talbot continua nei suoi esperimenti tesi ad affinare il procedimento della carta salata. Grazie ad Herschel (lui inventò il termine fotografia) è venuto a conoscenza delle proprietà fissative del tiosolfato e quindi possiede il metodo per arrestare il processo di annerimento dei sali d’argento e rendere definitive e stabili le immagini prodotte sulla carta sensibilizzata. Il risultato è talmente incoraggiante che Talbot, negli appunti che descrivono minuziosamente i suoi tentativi, dà a questo tipo di carta sensibile il nome di Waterloo Paper, anche se non renderà mai pubblica questa denominazione.
Il significato è molto chiaro se si pensa che il suo “avversario” è francese ed è a Waterloo che dall’inglese Wellington fu sconfitto definitivamente Napoleone e la Francia di Daguerre. Gli esperimenti comunque continuano e fanno comprendere a Talbot come con l’acido gallico si accelera in maniera decisiva l’apparizione dell’immagine prodotta dalla camera oscura. L’acido si comporta da agente rivelatore, quello che comunemente è chiamato uno sviluppo.
Nel 1842, in virtù della scoperta, riceve la Rumford Medal dalla Royal Society inglese. Era nato il negativo e la possibilità, con uno scatto, di ottenere tante stampe.

La fotografia “The open door”

Tra le composizioni più ammirate di Talbot, The Open Door è un consapevole tentativo di creare un'immagine fotografica in accordo con il rinnovato gusto britannico per la pittura olandese del XVII secolo. Nel suo commento a The Pencil of Nature, dove questa immagine appariva come tavola 6, Talbot scrisse: «Abbiamo autorità sufficiente nella scuola d'arte olandese, per prendere come soggetti di rappresentazione scene di avvenimenti quotidiani e familiari. L'occhio di un pittore spesso si arresta dove la gente comune non vede nulla di straordinario». Con questo concetto in mente, Talbot si è allontanato dagli edifici storici dell'abbazia di Lacock per concentrarsi sul vecchio telaio della porta in pietra e su quella di legno della stalla; senza dimenticare la scopa, l’imbracatura e la lanterna come veicoli, in un gioco di luce e ombra, interno ed esterno, forma e consistenza.

(Fonte Metropolitan Museum of Art)

Un incontro impossibile

Ci piacerebbe dire qualcosa in più circa Fox Talbot, così prendendo spunto dal film Midnight in Paris, di Woody Allen, e dalle “Interviste impossibili” di Roberto Mutti, con la macchina del tempo abbiamo provato a trasferirci nella sua epoca, per incontrarlo di persona.
Siamo arrivati a Lacock, nel Wiltshire in Inghilterra, con la carrozza; e già pensavamo di incontrare la moglie Constance ad accoglierci col suo italiano stentoreo ma deciso. Lei ci avrebbe parlato del marito, disordinato (forse) per via delle tante fotocamere sparse per casa; poi, eccolo Henry, col viso da timidone. Forse i discorsi sarebbero finiti sulle vacanze da lui trascorse a Bellagio, sul Lago di Como. Per disegnare, in quel lontano 1833, usava la camera chiara, ma i risultati non furono soddisfacenti. Fu lì, probabilmente, che nacque l’idea della fotografia (ancora non si chiamava così): far nascere un processo che con la chimica potesse trasferire quanto visto su un supporto rigido.
Fox Talbot inventò la calotipia, ma nel calendario si era appena strappato il foglio del 1839. C’era chi aveva già fatto qualcosa, forse più di lui; perché il Dagherrotipo restituiva ottimi dettagli. Cosa provava in quei momenti? Invidia? Paura? Competizione? Volevamo chiederlo, dandogli la soddisfazione di aver vinto nel secondo tempo, per via del negativo e della pubblicazione di The Pencil of Nature, il primo libro fotografico. Con Fox Talbot lo scatto restituiva tante immagini, il che voleva dire una spinta verso la modernità.

Siamo stati sfortunati, di fronte a quella bella casa inglese non ci ha aperto nessuno; ma forse è meglio così. Non si può volare indietro nel tempo con la mentalità di oggi. I padri della fotografia non erano così celebri e lo scoop ancora non esisteva: sarebbe dovuta cambiare ulteriormente la società, con l’uomo maggiormente convinto della propria identità. Loro, gli ideatori della fotografia, hanno fatto molto, aprendo uno sguardo sul mondo e sulla storia. Lasciamoli dove sono, magari stanno parlando tra di loro, confrontando risultati magici e inaspettati.

Le fotografie

The Open Door, William Henry Fox Talbot maggio 1844.
The Pencil of Nature

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