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DIMENTICANZA D’AGOSTO

La concitazione spesso ci fa compiere degli errori, sempre alla ricerca, come siamo, della notizia, di una fotografia famosa che la racconti e del suo autore. Questa volta rimediamo.

Il 6 agosto 1928, nasce a Pittsburgh, uno degli artisti americani più importanti del Novecento: Andy Warhol, pittore, scultore, regista statunitense, tra i fondatori della cosiddetta Pop Art. Al secolo Andrew Warhola, nasce da una famiglia d’immigrati slovacchi, agli inizi degli anni Cinquanta lavora come grafico pubblicitario per riviste quali "Vogue", "Harper's Bazar", "Glamour". Nel 1952 tiene la prima personale alla Hugo Gallery di New York.

E’ intorno al 1960 che comincia a realizzare i primi dipinti che si rifanno a fumetti e immagini pubblicitarie, che lo renderanno famoso. Dick Tracy, Popeye, Superman e le prime bottiglie di Coca Cola "icone-simbolo" del suo tempo, sono i soggetti scelti e riprodotti con uno stile volutamente “neutro” e piatto, anche quando dipinge sedie elettriche o incidenti d’auto. Si delinea così la filosofia dell’artista che più ha saputo interpretare la società del benessere, dei consumi, dell’immagine e del desiderio di apparire, degli anni ’60. Proponendosi come imprenditore dell'avanguardia creativa di massa, fonda la "Factory", una sorta di officina di lavoro collettivo. Nel 1969 lancia la rivista "Interview", che, da strumento di riflessione sul cinema, amplia le sue tematiche a moda, arte, cultura e vita mondana.

“Porto con me la macchina fotografica ovunque vada”. “Avere un nuovo rullino da sviluppare mi dà una buona ragione per svegliarmi la mattina”. Questo diceva l’artista, il che sottolinea la sua passione per la fotografia. Negli anni ’70 e ’80, personaggi della portata di Marilyn Monroe, Liza Minnelli e Giorgio Armani erano ospiti fissi nella sua Factory dove, dopo vari festeggiamenti, venivano truccati e immortalati dalla sua Polaroid. Molti di quegli scatti sono vere e proprie opere d’arte che mettono in risalto la sua capacità di tramutare in arte anche le situazioni di vita più banali.

Andy Warhol muore a New York il 21 febbraio 1987 durante un banale intervento chirurgico.

L’immagine di Andy Warhol nella Factory ci consente di conoscere maggiormente un fotografo rimasto sempre vicino all’arte e ai suoi interpreti: Aurelio Amendola. Nel corso della sua lunga carriera si dedica soprattutto all’arte contemporanea, immortalando i protagonisti dell’arte del Novecento.
Negli anni è arrivato a raccogliere una vera e propria galleria di ritratti, comprendente i più rinomati maestri del XX secolo come De Chirico, Lichtenstein, Pomodoro, Schifano, Warhol, per ricordarne solo alcuni.
All’opera di Amendola si devono infatti numerose monografie dedicate ai maggiori scultori e pittori contemporanei, tra cui quelle su Marino Marini, Burri, Manzù, Fabbri, Ceroli, Vangi, Kounellis.

Amendola è poi noto per le fotografie delle sculture del Rinascimento italiano: ha documentato l’opera di Jacopo Della Quercia, Michelangelo e Donatello, e illustrato singoli capolavori e monumenti quali il pulpito pistoiese di Giovanni Pisano, il fregio robbiano dell’Ospedale del Ceppo, sempre a Pistoia, Santa Maria della Spina e il Battistero a Pisa, San Pietro in Vaticano.
Quest’ultimo lavoro, primo di una serie dedicata ai grandi temi dell’arte italiana visitati secondo l’ottica personale del fotografo, presenta una campagna iconografica completamente nuova, calibrata sul “taglio” e sulle esigenze specifiche del progetto: approfittando della rara occasione di un contatto senza vincoli con i monumenti berniniani e, più in generale, con i vari elementi architettonici e scultorei caratterizzanti San Pietro, simbolo di tutta la cristianità, Amendola riesce a riprenderne gli scorci e i particolari più inaspettati.

Aurelio Amendola, note biografiche

Nato a Pistoia (19 gennaio 1938), nel corso della sua eccezionale carriera di fotografo d’arte, Aurelio Amendola si dedica intensamente ai temi del contemporaneo, arrivando a raccogliere una vera e propria Galleria di Ritratti dei più celebri maestri del Novecento, sorta di Galleria degli Uomini Illustri di alta epoca, rivisitata con i vessilli dell’attualità: De Chirico, Pomodoro, Schifano, Lichtenstein, Warhol. Grazie alla lunga frequentazione personale con molti di loro (Manzù, Fabbri, Ceroli, Vangi, Kounellis, Pistoletto, Parmiggiani, Paladino, Barni, Ruffi, Mainolfi) realizza innumerevoli monografie corredate dai suoi scatti. Prezioso il sodalizio con Marino Marini e Alberto Burri, indimenticabili compagni di strada e di vita. In parallelo, Amendola si distingue per celebri fotografie sulle sculture del Rinascimento italiano o, più in generale, per quelle dedicate alla tradizione classica, comprendendone intimamente volumetrie, tridimensionalità, contrasti, e offrendo ogni volta un punto di vista dichiaratamente scostato dall’approccio documentaristico: ispirato da una visione tattile, emotiva, sensoriale.
I suoi esordi sono contrassegnati dall’ormai celebre volume Il pulpito di Giovanni Pisano a Pistoia (1969); alla campagna fotografica primaria (1964) ne seguono molte altre, solcando il soggetto tra rigorosa fedeltà e mutevole interpretazione, specie per l’uso cangiante della luce. L’interesse per l’antico si radica poi in numerosi altri lavori fotografici: Donatello, Jacopo della Quercia, Luca della Robbia, Canova, Bernini, Michelangelo. Ai marmi di quest’ultimo –sorta di alter ego di costanti ispirazioni- consacra numerosi cataloghi, mostre, monografie. Nel 1994 con il volume Un occhio su Michelangelo (dedicato alle Cappelle Medicee in San Lorenzo, Firenze) Amendola vince il Premio Oscar Goldoni per il miglior libro fotografico dell’anno. A compendio, illustra i grandi temi dell’arte italiana, realizzando veri capolavori, come dimostrano i volumi sulla basilica di San Pietro, visitata secondo l’ottica personale: tra eleganti prospettive, particolari inaspettati, scorci inediti.

Nel corso degli anni, Amendola ha costantemente sperimentato azzardi, mescolanze, giustapposizioni, intrecci, accostamenti: calando l’antico nel contemporaneo o assegnando al contemporaneo un trattamento di matrice classica, giungendo ogni volta a comporre sequenze fotografiche senza tempo e senza età. Come immortali.
Accanto alla ritrattistica e alla statuaria antica, Amendola si è largamente cimentato anche nella poetica dei luoghi: il Duomo di Milano, Matera, San Galgano, il parco delle sculture della Collezione Gori – Fattoria Celle di Santomato, Il Vittoriale degli Italiani, il grande Cretto di Burri di Gibellina. Le sue opere fanno parte di prestigiose collezioni private e pubbliche; tra queste, Fondazione Maramotti di Reggio Emilia, GAM di Torino, Fondazione Arnaldo Pomodoro di Milano, del MAXXI di Roma, Fondazione Alberto Burri di Città di Castello, Uffizi, Palazzo Fabroni di Pistoia, Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia.

Le fotografie,

Polaroid photo di Dennis Hopper, scattata da Andy Warhol.
Andy Warhol. La Factory, New York 1977. Aurelio Anendola.

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