
Addio Maurizio protagonista della fotografia italiana
L’Italia della fotografia piange la scomparsa drammatica di Maurizio Rebuzzini, celebre fotografo, editore e storico della fotografia.
Aveva 74 anni. Docente universitario, direttore della rivista FOTOgraphia, curatore e critico, Rebuzzini è stato, per decenni, una voce autorevole del panorama fotografico italiano, capace di unire rigore storico e sensibilità contemporanea.
La figura di Rebuzzini spiccava per la capacità di attraversare più dimensioni del fare fotografico: non solo come autore, ma come divulgatore, curatore e studioso.
Era docente di Storia della fotografia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore (sede di Brescia), dove guidava le nuove generazioni nell’analisi della fotografia non solo come arte, ma come documento, come linguaggio carico di molteplici significati sociali. Editore e direttore di FOTOgraphia, mensile di riflessione fotografica, Rebuzzini ha contribuito a dare spazio al dibattito sul linguaggio, sull’etica dell’immagine, su come la tecnica, apparecchi, stampa, possibilità digitali e l’estetica si intrecciano. Rebuzzini ha collaborato a lungo con Gian Paolo Barbieri, curando importanti mostre e pubblicazioni dedicate al grande maestro della fotografia di moda. Tra i progetti più significativi spiccano il volume Gian Paolo Barbieri. Dark Memories (Skira, 2013), realizzato insieme a Nikolaos Velissiotis, e l’omonima mostra milanese che ha presentato al pubblico una selezione di nudi artistici del fotografo. Rebuzzini ha inoltre curato eventi come Tahiti Tattoos (Matera, 2019) e ha moderato incontri e lectio magistralis in prestigiosi contesti museali, come il MAXXI di Roma. La sua attività con Barbieri unisce rigore critico e sensibilità curatoriale, contribuendo a valorizzare il linguaggio fotografico e a far conoscere a nuove generazioni l’opera di uno dei più importanti protagonisti della fotografia internazionale. Tra i suoi progetti spicca Coscienza dell’Uomo, iniziativa che ha promosso una fotografia “etica”, attenta alla dimensione umana più che allo spettacolo: non mera forma, ma impegno, testimonianza, riflessione. Nella Matera del 2019, Rebuzzini, insieme a Francesco Mazza e altri, ha curato mostre e incontri che indagavano il rapporto tra immagini, società, memoria. Rebuzzini lascia un segno che supera le fotografie stampate: la sua voce rimane come monito a trattare ogni immagine con rispetto e profondità. In un’epoca di saturazione visiva, il suo lavoro ci ricorda che dietro ogni scatto c’è una storia, un’anima, una responsabilità. La fotografia italiana perde un vigile, un insegnante, un compagno di viaggio: l’appello che ci lascia è che ogni scatto possa essere gesto attento, che ogni immagine possa rinviare non al mero visivo, ma al pensiero, all’umanità. Per chi ha avuto la fortuna di conoscerlo o di imparare dalle sue parole, Maurizio non era soltanto un maestro della fotografia, ma anche un amico generoso, capace di ascoltare e consigliare senza mai imporre. Personalmente, conserverò sempre il ricordo di una sua frase: “Ogni fotografia è un atto d’amore, e l’amore non è mai superficiale.” È questo insegnamento, più di qualsiasi tecnica, che continuerà ad accompagnarmi ogni volta che solleverò una macchina fotografica.