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[RICORDIMO ITALO CALVINO]

19 Settembre 1985. Muore nella notte, a Siena, lo scrittore Italo Calvino. Partecipa alla guerra partigiana narrando tale esperienza ne ‘’Il sentiero dei nidi di ragno’’. Politicamente impegnato nel Partito Comunista Italiano, se ne dissocia dopo i fatti d'Ungheria. Tra i suoi capolavori la trilogia degli antenati, “Il visconte dimezzato”, “Il barone rampante” e “Il cavaliere inesistente”, poi “Le città invisibili’’, “La giornata di uno scrutatore”, “Lezioni americane”.

Come appassionati di fotografia, particolarmente utile per noi risulta essere la novella “Avventura di un fotografo”, raccolta ne “Gli amori difficili”; peraltro riportata integralmente in “Racconti della camera oscura” a cura di Walter Guadagnini (Ed. SKIRA). Lì si racconta di Antonio Paraggi, un non-fotografo che s’imbatte in un gruppo di amici, tutti armati di fotocamere e obiettivi, intenti a documentare il divenire presente. Lui non comprendeva negli altri le vanità e il senso d’orgoglio nel mostrare i risultati raggiuti, e anche i progressi ottenuti con questo o quell’accessorio. Ci doveva essere dell’altro: nella fotografia e anche nella sua riluttanza verso di essa.

Antonio riflette, si pone domande; così si accorge che gli altri (sempre loro) vivevano una vita fatta di relazioni: si conoscevano, poi venivano matrimonio e figli; tutte occasioni per fermare il presente. La sua condizione di scapolo non lo preoccupava molto, piuttosto tendeva a indagare sul tema fotografico, sul perché le cose siano “così belle da essere fotografate”. In realtà, nei suoi pensieri aleggiava l’idea per la quale “selezionare” gli scatti per estetica rappresentasse un modo per allontanare il presente: dimenticando drammi, tensioni, conflitti; ma anche istanti sublimi, unici, da indagare a fondo.

Un giorno Antonio s’imbatte in due bagnanti, Bice e una sua amica. Le due donne gli chiedono di scattare loro delle immagini mentre giocano a palla tra le onde del mare. La sua risposta è sempre quella: “L’istantanea voluta uccide la realtà”. “Se desideriamo immortalare quel momento, recitiamo per esso; delegando al futuro una falsità, un istante surrogato”. Antonio, però, accetta l’invito: scatta a suo modo. Le immagini sviluppate risultano belle, accattivanti. Le due donne ne chiedono ancora.

Il non-fotografo prende una decisione: contrapporre fotografia a fotografia; e per fare questo dice di voler ripartire dalle origini: quando i ritratti, e le foto di gruppo, obbedivano a elementi definiti, familiari, di costume. Si arma di una vecchia fotocamera a cassetta, chiamando le due donne a posare per lui.

Sarà Bice ad accettare l’invito, posando per Antonio a lungo, mettendosi anche a nudo. Tra i due nascerà una relazione amorosa e per il nostro scoppierà una passione fotografica diversa: ritrarre Bice in continuazione, di nascosto; cercandola, definendola. Gli amici arrivarono a contestarlo: “C’è solo Bice da fotografare?”, ma per lui la questione era diversa: “Non si tratta solo di lei, ma del metodo per ritrarla; quando si sceglie un soggetto, occorre esaurire tutte le immagini possibili”.

La relazione s’interrompe. Dopo la presenza di Bice, Antonio si mette a fotografare la sua assenza. Inizia un periodo difficile, fatto di caos e disordine. La stanza del nostro si riempie di fotografie, che lui inizia a sminuzzare. Avvolge i ritagli in un foglio di giornale, con l’idea di buttarli via. Poi decide di immortalarli, rendendosi conto che, per lui, fotografare fotografie era l’unica via percorribile.

Il “Caffè Letterario” si sente orgoglioso nell'aver preso ad esempio una novella di Calvino. Ovviamente chiediamo scusa se abbiamo dimenticato qualcosa o se, nella sintesi del racconto, l’interpretazione dello stesso non sia risultata fedele e coerente. Una riflessione, però, appare evidente; che poi è l’invito che ci viene proposto: occorre andare alla radice delle cose, anche nella fotografia in genere. Troppo spesso ci imbattiamo in un “bello” che esclude, fuorviando; questo per dire che ritrarre un volto non è un mero esercizio di tecnica, tantomeno una prova di abilità. Di mezzo c’è relazione e conoscenza.

19 Settembre 1985, Italo Calvino

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