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[SUSAN, LA BELLA ANTI-DIVA]

E’ bella, Susan Sarandon, ma non sai perché. Lineamenti e forme non bastano a giustificare un’attrattiva che invece nasce dal fascino innato, con un modo di porsi che invita lo sguardo a osservare e percepire. Per questo la chiamiamo anti-diva, ma anche per il fatto di aver costruito una carriera sulle difficoltà: lei sceglie ruoli complicati, in film difficili. La sua recitazione è istintiva, all’impronta; ma mostra sempre una sensualità forte. E’ donna, Susan; impetuosa e indipendente.

Nasce a New York, il 4 ottobre 1946. Si laurea presso un'Università Cattolica a Washington, poi sposa, a vent’anni, l'aspirante attore Chris Sarandon (del quale manterrà il nome, anche dopo il divorzio nel 1979). Con lui si reca a New York per l'audizione di un film, ma sarà scritturata proprio lei, che aveva partecipato al provino quasi per scherzo.

L’inizio è fortunoso, ma le doti ci sono; e la bella Susan impiegherà poco a diventare una star. Pochi anni dopo il provino, viene scritturata, come protagonista, per il film The Rocky Horror Picture Show (1975), che le aprirà le porte del successo.

L’attrice esprime il proprio carattere impetuoso anche al di fuori delle scene: è impegnata politicamente, si batte per i più deboli e le minoranze, finendo anche agli arresti dopo aver preso parte a una manifestazione contro la guerra del Vietnam. Il cinema però è sempre lì, alimentato con passione e impegno, per fronteggiare ruoli difficili in film assolutamente impegnativi. Negli anni ’80 l’abbiamo vista in “Atlantic City” (di Louis Malle), nei panni Sally, una ragazza “ai bordi”, invischiata in questioni di droga. Della pellicola, è famosa la scena nella quale l’attrice si cosparge il seno con del limone, mentre ascolta un’opera lirica. Arriveranno poi "Le streghe di Eastwick" (1987) di George Miller e il film on the road "Thelma & Louise" (1991) di Ridley Scott, con Geena Davis.

A sugellare la carriera di Susan giunge anche l’Oscar (finalmente), nel 1995, come migliore attrice protagonista in Dead Man Walking, 1995, diretto da Tim Robbins, suo compagno dal 1988. Nella pellicola, a interpretare il condannato a morte c’è Sean Penn.

Susan Sarandon, come madre, mette al mondo tre figli: due bambini con Tim Robbins (il regista di Dead Man Walking) e una figlia, Eva, nata nel 1985 dalla relazione col regista italiano Franco Amurri. Eva segue le orme della madre. Insieme hanno recitato nel film "Due amiche esplosive", datato 2002.

Abbiamo scelto due fotografi per riconoscere Susan Sarandon: Gary Heery (una novità per noi), con un ritratto dell’attrice giovane e Annie Leibovitz.

Il fotografo, Gary Heery

Nato a Sydney, in Australia, Gary Heery ha studiato sociologia e psicologia all'Università del New South Wales. Nel 1974 si è trasferito negli Stati Uniti dove ha co-fondato India America, una rivista che racconta la società e la cultura dei nativi americani a Tulsa, in Oklahoma. Due anni dopo si trasferisce a Los Angeles, dove fotografa le copertine degli album di Roy Orbison, Frank Zappa, Ray Charles, B.B. King e Joe Cocker. Ha anche scattato ritratti di star del cinema e della musica per riviste tra cui Life, Esquire, Rolling Stone e Interview. Nel 1981, Heery si trasferisce a New York. Lì apre uno studio a Soho, dove fotografa le copertine degli album di Madonna e Paul Simon (Graceland), nonché le campagne pubblicitarie per Swatch, Karl Lagerfeld e Sony. Da quando è tornato a Sydney nel 1987, Heery ha lavorato nel campo della pubblicità e della moda con clienti come American Express, Pepsi, Westpac, Telstra, Toyota, Lane Crawford, Qantas e Coca-Cola. Ha realizzato campagne pluripremiate per l'Australian Wool Board, Trent Nathan, Dove e Sony. È stato ambasciatore Sony per l'uscita della fotocamera Alpha (D-SLR) 900 ed è un oratore molto ricercato nei seminari fotografici.

(Fonte: sito del fotografo).

La fotografa, Annie Leibovitz

Annie Leibovitz nasce il 2 ottobre 1949 a Waterbury, nel Connecticut. Era uno dei sei figli di Sam, un tenente dell’aviazione, e Marilyn Leibovitz, un’istruttrice di danza moderna. Ha viaggiato gli USA in lungo e in largo e forse, al finestrino della Station Vagon paterna ha sviluppato quella sensibilità fotografica che oggi conosciamo. Grande appassionata di Avedon, nel 1967 si iscrive al San Francisco Art Institute, dove ha sviluppato l’amore per la fotografia .

Nel 1970 si presenta alla rivista Rolling Stone. Impressionato dal suo portfolio, l’editore non esita ad assumerla. Nel giro di due anni, Annie ne ha 23, è capo fotografo. Nel 1975 la rivista le ha offerto l'opportunità di accompagnare la band dei Rolling Stones nel loro tour internazionale. Nel 1983 la Leibovitz lascia Rolling Stone per la rivista Vanity Fair, dove diventerà autrice di molte copertine di personaggi celebri; ricordiamo, tra questi, Demi Moore in dolce attesa e Whoopi Goldberg semisommersa in una vasca da bagno piena di latte.

Annie è considerata una delle migliori fotografe americane, particolarmente per quanto attiene al ritratto. Nel 1999 ha pubblicato il libro Women, che è stata accompagnato da un saggio dell’amica Susan Sontag. Nella pubblicazione Leibovitz ha presentato una serie d’immagini femminili: dai Giudici della Corte Suprema, fino alle showgirl dello spettacolo.

Di Annie ricordiamo una volta di più la fotografia dove John Lennon (completamente nudo) è avvinghiato a sua moglie Yoko Ono. Si tratta dell'ultimo ritratto dedicato all’ex Beatles. E’ L'8 dicembre 1981. Poche ore dopo la posa per questa fotografia, Lennon fece due passi fuori dalla sua residenza a New York. Lì è stato colpito a morte da Stalker Mark David Chapman.

Nel 2009 Lavazza ha affidato un lavoro importante alla fotografa statunitense, la campagna pubblicitaria che il brand italiano del caffè ha lanciato in 15 paesi. Si trattava di fotografare cinque top model italiane per il calendario The Italian Espresso Experience 2009. Eva Riccobono, Elettra Rossellini Wiedemann, Alessia Piovan, Gilda Sansone e Kate Ballo, sono diventate le protagoniste del viaggio paradossale che la fotografa americana ha intrapreso sfruttando i “luoghi comuni” dell’italianità: quelli che hanno reso famoso il Made in Italy in tutto il mondo. Annie ha mescolato, con ironia e classe, i luoghi famosi, la moda, i set cinematografici, le belle donne, gli spaghetti e le immancabili tazzine di caffè. La Leibovitz ha messo in scena la nostra Italia, ben consapevole che gli stessi italiani amano la teatralità, il divertimento e la bella vita.

Susan Sarandon, 4 ottobre 1946

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