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[UN MAGNIFICO FALLIMENTO]

“Un aspetto essenziale della creatività è non avere paura di fallire”. [Edwin H. Land]

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11 ottobre 2001. La Polaroid, glorioso marchio americano della fotografia istantanea, fondato nel 1932 con il nome di “Land Wheelwright Labiratories”, richiede la tutela fallimentare. Usiamo questa data solo come spunto, perché, dopo numerose vicissitudini, il marchio torna con vigore sul mercato. Lo fa attraverso “The Impossible Project” che, con l’acquisto del marchio da parte del suo maggiore azionista, cambia nome, trasformandosi in “Polaroid Originals”.

Una fotocamera per pensare

La fotocamera a sviluppo immediato è dedicata a chi preferisce ancora aspettare e scoprire la foto che si sviluppa pian piano, amando anche il contatto con la stampa fisica, rinunciando quindi alle immagini destinate a vivere a malapena su un display.
Chi deciderà di usare Polaroid dovrà abituarsi a pochi scatti, il che vuol dire prestare particolare attenzione prima di premere l’otturatore. Il risultato sarà una fotografia reale e unica. Ogni scatto verrà stampato. È la bellezza delle Polaroid.
Uno sguardo al passato? Probabile. Preferiamo pensare che si tratti del desiderio di mantenere viva un’eredità importante.

Un po’ di storia e alcune riflessioni

La fotografia a sviluppo immediato sembrava una storia finita, invece ci rallegriamo per un gradito ritorno. Qualcosa rimane ed è giusto che sia così. Tante sono le cose che il tempo ha portato via (troppe) e, con esse, i gesti, gli atteggiamenti, i comportamenti. Chi si ricorda come si carica una fotocamera con il rullino? O come si fa partire un LP? O come si cerca la sintonia su una radio con la manopola? Fatti di ieri, ma anche di oggi: perché la gestualità è maturata attraverso le manualità che si trasformavano, mantenendo alle volte il processo mentale di quanto avveniva prima. Il termine SLR esiste (ancora oggi) perché vi erano le reflex con due obiettivi e il “lato B” (sì, quello delle veline!) nasce dal “side B” dei 45 giri: l'altro lato, appunto. Si potrebbe andare avanti col “fine tuning”, quello che intendiamo per perfezionare un progetto; una volta lo eseguivamo per sintonizzare meglio la radio ed eliminare i fischi. Non si deve dimenticare, perché non si può. Il nuovo, quello che vogliamo, poggia su dati solidi e già avvenuti tra le cose perdute. E' la nostra mente a volerlo. Se ciò non fosse, Photoshop (quello delle modelle più belle) non avrebbe “maschera” e “brucia”, termini e operazioni da camera oscura. Insomma, Polaroid rimane: nei gesti e nei fatti oggettivi; non si perde nulla. Tutto è conservato come un tempo: lo scatto unico e anche l’idea che l’accompagna. Un pezzo di fotografia rimane attaccato alla storia di sempre, e questo non può che farci piacere.

I suggerimenti di una figlia

Torniamo alla sera del 21 Febbraio 1947. Presso Hotel Pennsylvania, a New York, venne presentato lo sviluppo immediato. Aveva un nome, Polaroid, e un inventore, Edwin H. Land. Le cronache parlano di una giornata nevosa. Dopo lo scatto, bastava aspettare per 50 secondi e l'immagine era pronta. Chissà se i giornalisti presenti ebbero modo di valutare appieno ciò che stava accadendo? Non era solo l'immediatezza a nascere, ma anche uno dei tanti linguaggi che popolano la fotografia. Chi avesse scattato con Polaroid avrebbe comunque compiuto un atto singolare: per risultato ed emotività. Forse allora i fotografi non erano ancora pronti a vivere l'emozione al momento (come invece facciamo oggi), maggiormente impegnati a dare un senso al tempo proprio, delegando poi al futuro i sentimenti; ma la fotografia immediata (pur sempre scheggia di eternità) era differente: più materica, scolpita, reale, solida. Molte sono le leggende che si accompagnano all'ispirazione che animò l'inventore. Si disse che la figlia Jennifer, dopo uno scatto del padre, ebbe modo di chiedere: “Perché non posso vederla subito?”. Era il Natale del 1943.

Edwin H. Land, un genio

Leggende a parte, Edwin H. Land era veramente un genio, con anche un grosso fiuto per gli affari. Per brevetti depositati è secondo solo a Edison. Steve Jobs era un grande ammiratore dell'inventore; del resto, entrambi (Steve e Edwin) avevano la capacità di scoprire ciò che già esisteva, ma che nessuno aveva visto; un po' come faceva Michelangelo, quando diceva: “Ogni blocco di pietra ha una statua al suo interno, scoprirla è il compito dello scultore”.

Accadde nel 1947, in fotografia e non solo

Parlando di Polaroid, ci sembra giusto allargare lo sguardo su quel 1947, per restituire la dimensione adeguata alla stessa invenzione. In Italia si sognava la Freccia d'Oro dell'Alfa Romeo (2500 cc), mentre nell’estetica al femminile era il tempo delle “maggiorate”. Sempre a casa nostra, c'è qualche novità anche in fotografia, con Ferrania che lancia Tanit, una “mezzo medio formato”. Nel calcio nostrano è il Torino a farla da padrone. Coca Cola, negli USA, continua il suo mito puntando sulla qualità; ma, sempre nel 1947, la storia lascerà i suoi segni importanti: quelli destinati a durare. In un’Italia che inizia a volare (Maggio, primo volo Alitalia), viene promulgata la Costituzione della Repubblica Italiana (Dicembre). Negli USA (sempre in Dicembre) viene inventato il transistor, padre sui generis della moderna elettronica. A noi piace comunque pensare a quell'hotel newyorkese, dove la fotografia, quella che piace a noi, mostrò un altro lato di sé. Personalmente, chi scrive non ha mai posseduto una fotocamera a sviluppo immediato; ma una “Pola” l'ha “spellicolata”, esposta con un banco ottico 10X12. L'emozione è esplosa tra le dita, con in mano una singolarità indelebile: ancora viva nel tempo, e pure nel gesto.

Patti Smith e le Polaroid

Il nome di Patti Smith ci riporta alla mente la voce graffiante di Because the Night o People Have the Power. La poetessa del rock, però, si è dedicata anche all’arte fotografica. Lo scatto fotografico, per Patti, è diventato strumento d’immediatezza dal 1995, con la morte dell’amato marito Fred Sonic Smith. Per i suoi lavori la Smith si è avvalsa di due modelli Polaroid, le cui stampe in bianco e nero si rivelano reliquie della sua vita privata. Troviamo, nel lavoro di Patti, uno scatto di una forchetta e un cucchiaio appartenuti ad Arthur Rimbaud, uno dei poeti che più hanno ispirato l’artista; e poi una tazza, ricordo di suo padre, vicino alle pantofole dell’amico e fotografo Robert Mapplethorpe. I lavori fotografici di Patti Smith sono stati protagonisti di alcune importanti mostre alla Fondazione Cartier di Parigi nel 2008 e alla Galleria Poggiali e Forconi di Firenze nel 2009.

Le fotografie

Patti Smith, la tazza di mio padre.

Patti Smith, le pantofole di Robert Mapplethorpe.

Robert Mapplethorpe, Patti Smith, Polaroid, 21 Febbraio 1947, Edwin H. Land

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