[ROBERT MAPPLETHORPE, L’ANGELO CONTROVERSO]
“Un bambino vecchissimo, […] che dormiva ammantato di luce”, così lo definì Patti Smith nell’ultimo incontro che ebbe con lui: quasi una divinità che aveva terminato il suo compito, o un peccatore di fronte all’ultima pena. Ai nostri occhi, nelle immagini di Robert si contrappongono bene e male, peccato e innocenza, giusto e sbagliato: come in un dubbio difficile da sciogliere. Di certo i suoi lavori risultano impeccabili, perfetti, indiscutibili: veri, potremmo dire; il che ci impone qualche riflessione. Di certo Robert ha attinto dalla classicità, ma non l’ha usata a pretesto. Le contrapposizioni fanno parte della vita, e l’angelo che era in lui ha voluto suggerircelo. Mancava una metà, allo sguardo dell’uomo; così ha voluto consegnarcela, coniugando quel dubbio col quale convivere, senza mai arrivarne a capo.
Robert Mapplethorpe nasce il 4 novembre 1946 a Long Island (New York). È il terzo di sei figli. La sua è una famiglia cattolica di origini irlandesi, appartenente alla media borghesia americana. Si racconta che a sedici anni sia stato sorpreso mentre tentava di rubare un giornalino pornografico. In realtà, a quell’età, comincia a manifestarsi la sua omosessualità, non ancora pienamente palese. Sempre a sedici anni s’iscrive al Pratt Institute di Brooklyn. Studia disegno, pittura e scultura. Influenzato dalla produzione di artisti del calibro di Marcel Duchamp, comincia a sperimentare usando vari materiali. Produce una serie di collage composti con immagini tratte da giornali, riviste e libri.
Si stanno chiudendo gli anni ‘60 e per gli Stati Uniti sono momenti di grande cambiamento. La guerra del Vietnam, i movimenti studenteschi, la lotta per i diritti civili, delle donne, degli afroamericani, la rivolta dei gay, sono tutti accadimenti che stanno modificando l’America e il mondo intero. A New York si vive un’atmosfera irripetibile. Robert Mapplethorpe prende vigore dalla cultura pop, rappresentata allora da Andy Warhol. Il fermento creativo è palpabile in quegli anni. Robert è un testimone del suo tempo, il che rappresenta un merito.
Patti Smith, poi la fotografia
Nel 1967 l’artista incontrò Patti Smith, allora solo una giovane ragazza spiantata, che non pensava neanche di diventare cantante. Era da poco arrivata a New York. Robert se ne innamorò. I due andarono a convivere dapprima a Brooklyn e poi presso il famosissimo Chelsea Hotel di Manhattan, un luogo di ritrovo per artisti, scrittori e musicisti nei primi anni Settanta. Dopo qualche anno vissuto come amanti, Patti e Robert rimasero semplicemente amici. Lei, fra il 1970 e il 1973, fu ritratta più volte dal compagno. La foto più celebre rimane quella della copertina dell’album Horses. Mapplethorpe all’inizio non pensava di diventare un fotografo. Fu solo per cercare immagini adatte ai suoi collage che si rivolse alla fotografia, inizialmente utilizzando una Polaroid SX-70. Due anni dopo il fotografo passò a una medio formato e cominciò a ritrarre le persone che lo circondavano: artisti, musicisti, celebrità, ma anche attori del cinema porno.
Mapplethorpe organizzò le sue prime mostre importanti nel 1977, a New York: una di fiori e un’altra su nudi maschili e immagini sadomaso. Le sue stampe restituivano una gradazione infinita di bianchi e neri, di luci e ombre. Al di là del soggetto, le sue immagini risultavano eleganti e provocatorie al tempo stesso. Un confine era stato rotto, quello che offriva alla visione un coraggio nuovo, mai provato. Si allargavano gli orizzonti verso ciò che non si poteva (né voleva) vedere.
Chi ha avuto la fortuna di visitare quelle mostre si sarà perso dietro una miriade di aggettivi, disobbedendo o approvando quell’anima bacchettona che permeava la cultura americana del tempo. Ancora oggi, però, possiamo dire che dietro le fotografie di Mapplethorpe c’è qualcosa che non ci saremmo aspettati. Ci ha tolto le bende dagli occhi e vediamo oltre il sogno offerto dalla cecità.
La tecnica e lo stile
Dal punto di vista della tecnica, il fotografo fondò il suo stile tra il classico e il moderno. I nudi, come i fiori, risultavano armonici, impeccabili, levigati, asettici per ambientazione, tanto da ricordare la scultura rinascimentale, in particolare quella di Michelangelo. Il paragone può sembrare esagerato, persino irriverente; a tal punto che siamo costretti a scorgere qualche differenza. L’artista fiorentino viveva il contrasto tra anima e corpo, cercando di trascendere da quest’ultimo in una concezione neo platonica della vita. Robert è attratto dalle contrazioni del muscolo, non le nasconde. Il corpo per lui diventa natura, verità, paesaggio sconfinato nel quale perdersi. Ne sono un esempio i suoi nudi, lussuriosi perché “così è”, scultorei in quanto pulsanti; come il corpo di Lisa Lyon, la prima campionessa di body building femminile.
Robert Mapplethorpe per noi
Mapplethorpe ha assorbito il proprio tempo, inserendovi il percorso artistico che l’ha reso celebre. Si è assunto dei rischi, tanti; ma l’ha fatto con coerenza. L’estetica con la quale affronta i nudi più crudi è la stessa con la quale ritrae i fiori. Non cambia la levigatezza, la tonalità, quel respiro che diviene tra il bianco e il nero. C’è la controtendenza, questo è certo; la chiamata contro una visione dell’arte (e della vita?) sostanzialmente conservatrice. D’altro canto, per entrare nei musei qualche nemico occorre farselo.
L’ultimo momento
Robert morì in seguito alle complicazioni causate dall’AIDS, il 9 marzo 1989, a Boston. Patti Smith ricorda quel momento, nel libro Just Kids (2010), con queste parole: “Ci salutammo e lasciai la stanza”. “Qualcosa mi spinse a tornare indietro”. “Era scivolato in un sonno leggero”. “Restai a guardarlo, così sereno, come un bambino vecchissimo”. “Aprì gli occhi e mi sorrise”. “Sei già tornata?” “Poi si riaddormentò”. “L’ultima immagine di lui fu come la prima: un giovane che dormiva ammantato di luce, che riapriva gli occhi col sorriso di chi aveva riconosciuto colei che mai gli era stata sconosciuta”.
Le fotografie
Robert Mapplethorpe, Phillip Prioleau, 1982
Robert Mapplethorpe, Calla Lily, 1987
Robert Mapplethorpe, 4 novembre 1946, Phillip Prioleau, Calla Lily