[GEORGE, IL “BEATLE TRANQUILLO”]
George Harrison è nato a Liverpool il 25 febbraio 1943. La sua famiglia era cattolica romana e lui è andato a scuola vicino a Penny Lane, la strada diventata una canzone dei Beatles ( a firma Lennon - McCartney). A scuola, divenne amico di Paul McCartney. Fu lui a presentare George Harrison a John Lennon e George fu gradualmente invitato a suonare con The Quarryman, la band pre - Beatles.
Il padre elettricista e la madre al servizio di un negozio di drogheria, intuirono ben presto l'amore che George nutriva per la musica, così non lo ostacolarono nella sua passione; anzi, fecero in modo di acquistargli la prima "vera" chitarra elettrica, rigorosamente usata, una Gretsch modello "Duo Jet", che fa bella mostra sulla copertina dell'album "Cloud Nine". Si esercitava molto, George, e in poco tempo divenne un fenomeno di abilità.
George Harrison era il più giovane dei Beatles, aveva solo sedici anni quando incontrò John Lennon. Tuttavia, nel 1960, colse l'occasione di viaggiare con i Beatles per lavorare in Germania. Al loro ritorno nel Regno Unito nel 1963, i Beatles raggiunsero la fama internazionale, guidando una rivoluzione nella musica pop. Ovunque andassero i Beatles, avevano un enorme seguito di pubblico: il termine Beatlemania è stato introdotto per spiegare il fenomeno in chiave culturale e musicale. Sebbene leggermente meno famoso di Lennon e McCartney (a volte veniva chiamato il "tranquillo Beatle"), George Harrison era comunque riconosciuto, soprattutto tra le ragazze.
La maggior parte della musica registrata dai Beatles è stata scritta da McCartney o Lennon. Tuttavia, verso la fine degli anni '60, George divenne sempre più interessato alla scrittura di canzoni e Lennon e McCartney iniziarono ad accettare alcune canzoni di George negli album dei Beatles, come Help (La canzone di George era “I need you”) e Abbey Road. Le sue canzoni più famose includono “Here Comes the Sun” e “Something” (entrambe in Abbey Road). Tuttavia, molte delle sue composizioni non furono utilizzate dai Beatles, il che l’incoraggiò a perseguire una carriera indipendente e forse fu uno dei fattori che causarono lo scioglimento dei Beatles nel 1970.
George Harrison aveva un grande interesse per la musica e la spiritualità indiana. Ha presentato gli altri membri della band al movimento Hari Krishna e al Maharishi Mahesh Yogi. L'interesse di George per la musica indiana e il folk-rock è penetrato negli ultimi album dei Beatles, contribuendo ad ampliare la gamma musicale del gruppo. Dopo il loro scioglimento, ha mantenuto un vivo interesse per la spiritualità indiana ed è stato collegato al movimento Hare Krishna fino alla sua morte nel 2001.
Dopo lo scioglimento dei Beatles, George Harrison (che aveva allora solo ventisette anni) ha intrapreso una carriera da solista di successo. Nel 1970 pubblicò l'album che scalò le vette delle classifiche di vendita, “All Things Must Pass”; questo includeva il brano “My Sweet Lord”.
George Harrison ha anche mantenuto una varietà di altri interessi come il giardinaggio e il lavoro con altri artisti, come il gruppo comico dei Monty Python. Nel 1988 ha co-fondato i Traveling Wilburys, un super gruppo che includeva Roy Orbison e Bob Dylan.
Nel 1971 ha contribuito a organizzare la raccolta fondi di beneficenza nel Concerto per il Bangladesh, con Ravi Shankar.
George Harrison è morto di cancro ai polmoni nel 2001, nella casa di Ringo Star, a Beverly Hills (LA); e le sue ceneri sono state sparse sul Gange secondo la tradizione indù. Aveva rischiato la vita anche qualche anno prima (1999), quando un folle era entrato nella sua villa di Oxford, accoltellandolo dieci volte. Fu la moglie Olivia a salvarlo, rompendo un paralume in testa al malavitoso.
[Le fotografie]
George Harrison con Guido Harari, 1988
George Harrison con Ravi Shankar ritratti da Guido Harari, 1997.
[Guido Harari, la passione e oltre]
Molte volte, in fotografia, sentiamo parlare di passione, ma spesso questa scalda, motiva, induce, esalta; non andando oltre. Per molti resta uno spazio invalicabile tra l’esistere e il percepire, come se il sentimento rappresentasse unicamente uno strumento da utilizzare alla bisogna. Per Guido non è così: lui della passione si nutre, vive, opera. Non a caso, le sue idee vanno oltre, anche al di là dello spazio temporale della sua vita. Ci dice che vorrebbe essere nato prima, per trovarsi “in fase” con gli anni ’60. No, non si tratta di un rimpianto, bensì di un riflesso verso uno sguardo allargato: sempre propenso all’oltre, alla scintilla che illumina l’anima.
Per finire, ecco il ritratto: che lui ama sin dal contatto, dall’incontro. Spesso lo chiude con l’inquadratura, perché gli piace esserci, per sentirsi percepito. E allora la forza è tutta lì: tra piccolo e grande, tra dentro e fuori, tra interiore ed esteriore. Lui, Guido, cerca sempre; nutrendosi di passione. Sta a noi cercarlo, magari in un ritratto chiuso: per giunta in B/N. C’è un moto perpetuo nel suo creare, un movimento continuo. Saltiamoci sopra: è meglio.
[Guido Harari, note biografiche]
Guido Harari nasce al Cairo (Egitto) nel 1952. Nei primi anni Settanta avvia la duplice professione di fotografo e di critico musicale, contribuendo a porre le basi di un lavoro specialistico, sino ad allora senza precedenti in Italia. Dagli anni Novanta il suo raggio d'azione contempla anche l'immagine pubblicitaria, il ritratto istituzionale, il reportage a sfondo sociale. Dal 1994 sono membro dell'Agenzia Contrasto. Ha firmato copertine di dischi per Claudio Baglioni, Angelo Branduardi, Kate Bush, Vinicio Capossela, Paolo Conte, David Crosby, Pino Daniele, Bob Dylan, Ivano Fossati, BB King, Ute Lemper, Ligabue, Gianna Nannini, Michael Nyman, Luciano Pavarotti, PFM, Lou Reed, Vasco Rossi, Simple Minds e Frank Zappa, fotografato in chiave semiseria per una storica copertina de «L’Uomo Vogue». È stato per vent’anni uno dei fotografi personali di Fabrizio De André. Ha al suo attivo numerose mostre e libri illustrati tra cui Fabrizio De André. E poi, il futuro (Mondadori, 2001), Strange Angels (2003), The Beat Goes On (con Fernanda Pivano, Mondadori, 2004), Vasco! (Edel, 2006), Wall Of Sound (2007), Fabrizio De André. Una goccia di splendore (Rizzoli, 2007).
Di lui ha detto Lou Reed: "Sono sempre felice di farmi fotografare da Guido”. “So che le sue saranno immagini musicali, piene di poesia e di sentimento”. “Le cose che Guido cattura nei suoi ritratti vengono generalmente ignorate dagli altri fotografi”. “Considero Guido un amico, non un semplice fotografo".
*