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L’ALBA DELL’OLIVETTI

4 agosto 1932. Adriano Olivetti trasforma la "Ing. C. Olivetti & C." di Ivrea, nella società Olivetti, ma soprattutto promuove una nuova visione d’impresa, dove profitto, democrazia e giustizia sociale convivono in equilibrio. I suoi operai percepivano salari superiori alla media, beneficiavano di convenzioni per case e asili accanto alla fabbrica, avevano una biblioteca in azienda per poter leggere durante le pause. In fabbrica si tenevano continuamente concerti, mostre, dibattiti. Presso l’Olivetti lavoravano intellettuali, scrittori, artisti, alcuni con ruoli di vertice. La cultura in quell’azienda aveva un valore.

Tra il 1930 e il 1960 anche Ivrea cambia aspetto. Si sviluppa un modello moderno di città industriale, con uffici, abitazioni, mense e asili progettati da grandi architetti. Un complesso urbano che nel 2018 è stato riconosciuto patrimonio dell’umanità dall’Unesco: «Per la moderna visione della relazione tra industria e architettura».

Dell’Olivetti vanno anche ricordati anche i prodotti. Noi ne segnaliamo uno: la lettera 22, un’eccellenza. Quella macchina per scrivere è entrata nelle collezioni permanenti del MoMA - Museum of Modern Art di New York e premiata con il Compasso d'Oro nel 1954. E’ stata inoltre scelta (1959) dall'Illinois Technology Institute come il miglior prodotto in termini di design degli ultimi 100 anni.

Adriano Olivetti, l’uomo e l’imprenditore

Adriano Olivetti nasce a Ivrea l'11 aprile del 1901. Dopo essersi laureato in chimica industriale al Politecnico di Torino, nel 1924 inizia l'apprendistato nell'azienda paterna come operaio, per lui un momento formativo importante A proposito avrebbe detto: «Non si può fare il mestiere di manager, non si può dirigere se non si sa che cosa fanno gli altri».

L'anno seguente, Olivetti compie un viaggio negli Stati Uniti, dove visita decine di fabbriche fra le più avanzate. Tornato in Italia, inizia a modernizzare l’Olivetti. Fra le novità introdotte si trova un'attenta gestione dei dipendenti, guardati dal punto di vista squisitamente umano prima che come risorse produttive.

Alla fine del 1932 è nominato Direttore Generale dell'azienda, di cui diventerà Presidente nel 1938, subentrando al padre Camillo. A Ivrea avvia la progettazione e costruzione di nuovi edifici industriali, uffici, case per dipendenti, mense, asili, dando origine ad un articolato sistema di servizi sociali. In particolare, nel 1937 dà l'avvio alla costruzione di un quartiere residenziale per i dipendenti. Riduce anche l'orario di lavoro da 48 a 45 ore settimanali, a parità di salario.

Molti sono i riconoscimenti che gli vengono attribuiti: nel 1955, il Compasso d'Oro per l’estetica industriale e, nel 1956, il Gran Premio di architettura per "i pregi architettonici, l'originalità del disegno industriale, le finalità sociali e umane, presenti in ogni realizzazione Olivetti".

Tra la fine degli anni '40 e la fine degli '50 la Olivetti porta sul mercato veri oggetti di culto per la bellezza del design e l'eccellenza funzionale: tra questi la macchina per scrivere Lexikon 80 (1948), la macchina per scrivere portatile Lettera 22 (1950), la calcolatrice Divisumma 24 (1956).

Alla fine della seconda guerra mondiale s’intensifica l'attività di Adriano Olivetti come editore, scrittore e uomo di cultura. Aveva già fondato una nuova casa editrice, la NEI (Nuove Edizioni Ivrea), di fatto trasformata nel 1946 nelle Edizioni di Comunità. Con un intenso programma editoriale, sono pubblicate importanti opere in vari campi della cultura, dal pensiero politico alla sociologia, dalla filosofia all'organizzazione del lavoro, facendo conoscere autori d'avanguardia, ma ancora sconosciuti in Italia.

Nel 1955 Adriano Olivetti fonda l'IRUR - Istituto per il Rinnovamento Urbano e Rurale del Canavese - con l'obiettivo di combattere la disoccupazione nell'area canavesana. L'anno seguente Adriano Olivetti viene eletto sindaco di Ivrea.

Il 27 febbraio 1960, nel pieno di una vita ancora creativa, muore improvvisamente durante un viaggio in treno da Milano a Losanna. Lascia un'azienda presente su tutti i maggiori mercati internazionali, con circa 36.000 dipendenti, di cui oltre la metà all'estero.

La scelta fotografica

Molti autori si sono cimentati nel fotografare l’Olivetti, da vari punti di vista. Oggi preferiamo mostrare le immagini di un “non luogo” (termine in voga), dove ancora si respira l’emozione e l’atmosfera di quando si lavorava nell’azienda di Ivrea. Ringraziamo a proposito Stefania Ricci e Gianni Oliva per averci fornito le immagini.

Il fotografo Gianni Oliva, la vita e l’emozione

Parliamo a lungo con Gianni Oliva, fotografo di Torino. Domandiamo, ascoltiamo, scriviamo, quasi con insistenza. Siamo condizionati, ecco tutto; e nelle risposte vorremmo trovare un già sentito che possa rassicurarci: sulla fotografia, sul tempo che la riguarda, persino sull’acquisito. Gianni, però, ci porta lontano: oltre la tecnica (che pure gli appartiene), al di là addirittura del linguaggio. L’immagine scattata s’interseca, per lui, con l’esistenza stessa: sua e dei soggetti che vorrebbe ritrarre. Il fatto che spesso esponga laddove fotografa vuole stabilire un arco riflesso stretto tra fotografia e vita, collocate entrambe sullo stesso piano e, quindi, quasi nel medesimo intervallo temporale. Gianni coglie l’emozione e la restituisce dov’è nata, perché vuole così, perché per lui è così. Forse per tali ragioni non ama il reportage “duro”, preferendo altresì un racconto che accarezzi, sussurrando magari. Le sue immagini hanno molto da significare anche dopo lo scatto, per come verranno installate. Del resto, lui vorrebbe inseguire i soggetti ritratti, anche per anni. Ne vuole cogliere il significato finitimo, l’anima che muove, l’emozione finale; perché per lui (forse) ogni esistenza racchiude qualcosa che possa meravigliare, nel passato e tra i destini del futuro. Tra vita ed emozione, appunto.

Il fotografo Gianni Oliva, note biografiche

Gianni Oliva (Torino 1964) vive e lavora a Torino. Fotografo da sempre, ha iniziato con Beniamino Antonello, che negli anni ‘80 lavorava con l’agenzia Armando Testa. Così anche Oliva si avvicinava alle campagne pubblicitarie, per prestigiosi marchi di società italiane e internazionali, per aziende, gallerie e per importanti riviste italiane e straniere. Lavoro che continua con la collaborazione più che ventennale con l’Istituto Geografico DeAgostini, l’editrice Il Capitello, la SEI, l’Editrice Raffaello, Cairo editore e Garzanti e Mibact. Alcune sue opere sono esposte negli uffici di Tosetti Value, Assicurazioni Generali Torino e Trieste, Banca del Piemonte e Intesa San Paolo a Torino, Banca Morval e Fige fiduciaria a Milano, mentre altre sono state acquisite da alcuni importanti collezionisti. Dal febbraio 2017 è rappresentato dalla Galleria Art Live Gaudio a Monaco, Montecarlo. e dalla galleria Made4Art a Milano.

Nel tempo il fascino di altri paesi e situazioni ha preso il sopravvento e lo sguardo di Gianni Oliva si è sempre più rivolto alle persone, alle donne, agli uomini con culture e storie antiche. Un mestiere, quello del fotografo che lo spinge a ricercare e a viaggiare in tutto il mondo. Dai maestri come Dorothea Lange, Jean Loup Sieff, Steve Mc Curry e James Natchwey apprende l’arte del ritratto e nel ritratto si concentra.

Tante le immagini scattate in Lituania (2008), in India (2014/15), in Patagonia (2017), a Cuba (2015) che hanno generato mostre ed esposizioni in gallerie e musei. Ritratti che rappresentano “la verità del momento”. Gianni Oliva è da scoprire leggendo nel colore inebriante delle sue immagini così come nel bianco e nero metafisico, quasi surreale, di un mondo che fluttua nella ricerca perenne di una verità in continua mutazione.

La fotografa Stefania Ricci

Stefania Ricci, nata ad Ivrea (TO) nel 1974, si diploma con lode nel 1999 all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino ma già l’anno prima aveva esordito con “Still”, ritratti ed ambienti avviluppati da teli bianchi,esponendo su invito di Franz Paludetto al Castello di Rivara (TO) in una personale curata da Maria Teresa Roberto. Da allora partecipa a diverse collettive a Torino, Genova, New York (“Nursery Cryme” alWilliamsbourg Art & Hystorical Center), Milano, Modena cercando sempre nuove ispirazioni: dopo un workshop con il fotografo George Rousse, realizza un lavoro dedicato alle nature morte esposto nel 2002 da Art&Arts di Torino e nel 2003 da Angelo Falzone a Manheim. Nel 2003 Elabora le prime immagini a contatto con fili d'erba gettati sulla carta sensibile – esposte nella mostra Versus VIII – nel 2004 realizza un progetto installativo-fotografico, con i primi lavori della serie Insiemi naturali, in collaborazione con il comune di Ivrea per la antica Sinagoga della città. Consolida il lavoro sulla natura cercando una sintesi tra traccia, ombra, immagine figurativa ed astratta. Con il ciclo degli insiemi naturali che continua tutt’oggi, partecipa a varie mostre ed è finalista al “Premio Cairo Arte 2005” mentre negli anni successivi comincia cicli di lavoro dedicati ai Mirabilia. Un lavoro estrapolato dal ciclo “Collezione di farfalle” , una Hanukkah, viene accolto nella collezione dei lumi della sinagoga di Casale Monferrato e, nel 2010 viene esposto a Parigi al museo d'Art et Histoire du Judaisme. Su quest’ultima linea nascono ricerche sugli insetti, sui vasi cinesi, sui diorami, sui tappeti orientali, sugli ex voto, sui teatrini fino al recente “Mappe stellari” istallazione fotografica in cui le immagini si animano di micro movimenti grazie ad un intervento di video mapping, presentato al MIA Fair 2016 dalla galleria Rob Shazar,e a Palazzo Ducale di Genova lo stesso anno. Nel 2017 presenta il Lavoro Insiemi naturali in una nuova veste alla mostra personale al Broletto di Pavia. Nel 2019 espone due grandi istallazioni fotografiche dedicate una al ritratto velato, una ai vasi cinesi, a Vercelli nella sede del museo archeologico Leone in occasione della mostra”Extra”,lo stesso anno partecipa alla mostra “dal dagherrotipo al digitale” al Museo della Tecnica Elettrica a Pavia. Nel 2019 partecipa alla fiera internazionale Parigi fotofever, e nel 2020 in occasione del 15th photofestival, espone alla galleria Melesi di Lecco in occasione della mostra “Analogie Latenti”.

Le fotografie

La fabbrica Olivetti oggi, di Stefania Ricci e Gianni Oliva

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