FOTOGRAFIA DA LEGGERE …
Consueto appuntamento del lunedì con fotografia da leggere. Questa volta ci rivolgiamo a un regista cinematografico, che ha unito immagini e parole, in un libro dal titolo “Una volta”. Questo è un lavoro del maestro del cinema Wim Wenders, pubblicato per la prima volta nel 1993. Presenta più di trecento fotografie dello stesso Wenders disposte per sequenze e accompagnate da sessanta piccole storie, scritte dal regista stesso, che iniziano tutte con il medesimo incipit: “Una volta”.
Il libro è introdotto da un nuovo testo di Leonetta Bentivoglio, seguito da un lungo dialogo fra la giornalista e Wim Wenders, in cui i due ragionano dei temi legati ai legami tra le immagini e le parole, al cinema, ai viaggi, all’amore e alla solitudine. Seguono sessanta storie, in cui si alternano testi e fotografie, che dialogano tra loro in un viaggio straordinario attraversando paesi differenti.
Le storie del volume sono brevi istantanee narrative, reliquie del presente o rovine del nostro tempo che non custodiscono memoria né portano tradizione. Wenders ci mostra il paesaggio della nostra epoca, luoghi e situazioni dove viviamo i nostri rapporti con gli altri e dove ambientiamo i nostri sentimenti.
“Una volta” di Wim Wenders. Edizioni Contrasto, 2015
Wim Wenders e la fotografia
Wim Wenders è conosciuto come regista, sceneggiatore e produttore cinematografico. Lui però si è sempre interessato alle immagini. Quest’ultime hanno assorbito profondamente le sue attenzioni, persino di più di quanto non abbia fatto l’attività cinematografica. Prova ne è l’album - saggio che abbiamo segnalato (“Una volta”) e la dichiarazione che lì ha rilasciato Wenders: «Perché ogni fotografia è più dello sguardo di un uomo ed è superiore alle capacità del suo fotografo».
Nella copertina del libro, il regista afferma: «Ogni foto è anche un aspetto della creazione al di fuori del tempo e il poter fotografare è un atto di presunzione e di ribellione: è troppo bello per essere vero, ma è anche altrettanto troppo vero per essere bello».
Wim Wenders, note biografiche
Wim Wenders nasce il 14 agosto 1945 a Düsseldorf, che allora si trovava nella zona di occupazione britannica di quella che divenne la Bundesrepublik Deutschland (Repubblica federale di Germania, conosciuta colloquialmente come Germania Ovest prima della riunificazione). All'università, Wenders ha inizialmente studiato per diventare medico, prima di passare alla filosofia. Termina i suoi studi nel 1965. Trasferitosi a Parigi, intendeva diventare un pittore.
Al suo ritorno nella Germania occidentale nel 1967, è stato assunto dalla United Artists presso la sua sede di Düsseldorf prima di essere accettato dalla scuola dell'Università di Televisione e Cinema di Monaco, dove è rimasto fino al 1970. Mentre frequentava la scuola di cinema, ha lavorato come critico cinematografico per vari giornali. Oltre ai cortometraggi, nell'ambito dei suoi studi realizza un lungometraggio, “Estate in città” (1971).
Wenders è stato riconosciuto come partecipante della New Wave tedesca degli anni '70. Altri registi ne facevano parte: Rainer Werner Fassbinder e Werner Herzog. Il suo secondo lungometraggio, un film tratto dal romanzo di Peter Handke, “Prima del calcio di rigore” (1972), gli ha portato molti consensi, così come “Alice nelle città” (1974) e “Nel corso del tempo (1976). Nel 1977 arriva la sua svolta internazionale col film “L'amico americano” ("The American Friend"). Sarà la volta poi di “Paris Texas”, osannato dalla critica e vincitore della Palma d’Oro a Cannes, e “Il cielo sopra Berlino” (1987) ("Wings of Desire") del 1987, realizzato in Germania. Quest’ultimo film gli è valso il premio per il miglior regista a Cannes.
Dalla metà degli anni '90, Wenders si è distinto come regista di saggistica, dirigendo numerosi documentari: in particolare Buena Vista Social Club (1999) e Pina (2011), che gli sono valsi la nomination all'Oscar.
Il mondo dei bambini
Wenders vive un rapporto stretto con il mondo dei bambini. Li ha accolti sempre nei suoi film, spesso con ruoli rilevanti; perché a lui interessa il punto di vista dell’infanzia, la curiosità di quegli anni, l’innocenza con cui da piccoli si guarda al mondo e alla vita. I bambini rappresentano poi una forte fonte d’ispirazione, anche perché vivono il momento in quanto tale, senza curarsi del passato o del futuro. Per i fotografi è la stessa cosa: “Devono avere la capacità di vivere per il momento e dentro il momento”.
Il fotografare viene definito da Wenders quasi come un’azione infantile, soprattutto perché priva di conseguenze. Il tutto avviene in un singolo istante, in una relazione stretta tra sguardo e fotocamera. Lo si intuisce anche dalle immagini del libro: tracce di incontri mai più ripetibili con varie porzioni di mondo. A loro conseguono storie, magari dai significati differenti: perché non è necessario che appartengano forzatamente a un’immagine.
La fotografia
Copertina del libro “una volta”, di Wim Wenders. Edizioni Contrasto