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NASCE LA CATENA DI MONTAGGIO

7 ottobre 1913, Henry Ford introduce la catena di montaggio per la produzione di un nuovo modello di automobile, la Ford Modello T. Questa vettura, prodotta solamente nel colore nero, era robusta e spaziosa. L’industriale aveva l’obiettivo di creare un veicolo accessibile a tutti, anche alle classi meno abbienti della società. Era però necessario diminuire i costi e i tempi di produzione. Per questo decise di introdurre la catena di montaggio nel suo ciclo produttivo, che avrebbe permesso di abbattere i costi di fabbrica. Henry Ford riuscì anche ad aumentare lo stipendio dei suoi operai e a diminuire le loro ore lavorative. Il fordismo divenne sinonimo di produzione in serie e pose le basi per la nascita della società dei consumi.

La catena di montaggio ha cambiato il modello industriale, con dei riflessi sociali, politici e culturali. Presupponeva comunque manodopera, il che ha richiamato, almeno qui da noi, famiglie dalle campagne, favorendo anche la migrazione sud-nord. Nascevano i quartieri dormitorio, ma anche interi agglomerati urbani, se non addirittura piccole città. E’ il caso dell’Olivetti e dell’attigua Ivrea, patrimonio dell’Unesco, cresciuta con la fabbrica, per volere del suo imprenditore.

Queste premesse introducono quanto verrà dopo: la vita di Henry Ford, ma anche il film “Tempi moderni”, dove le gag richiamano appunto alla catena di montaggio. La parentesi fotografica è dedicata all’Olivetti, un vanto nell’imprenditoria italiana, raccontata da Gianni Berengo Gardin.

Henry Ford, la storia di una vita (Fonte: sito ufficiale Ford)

La storia inizia a Springwells Township, Wayne County, Michigan, il 30 luglio 1863, quando Henry nacque da William e Mary Ford, primogenito di sei figli. Cresciuto in una prospera fattoria a conduzione familiare, venne educato in una piccola scuola con una sola aula, mostrando fin dall’inizio un precoce interesse per la meccanica. Interesse che gli permise di guadagnarsi, nel tempo, il titolo di "uno dei più grandi industriali al mondo".

Henry Ford iniziò ad appassionarsi ai motori da giovanissimo. All'età di 12 anni, infatti, trascorreva la maggior parte del suo tempo libero in un piccolo laboratorio allestito da lui stesso. Fu qui che costruì il suo primo motore a vapore: era il 1878 e aveva solo 15 anni. L'anno successivo lasciò la sua casa diretto alla vicina Detroit, per lavorare come apprendista macchinista.

Il suo apprendistato durò tre anni, quindi Henry tornò a casa a Dearborn. Nel corso degli anni successivi, si occupò della riparazione di motori a vapore, lavorò occasionalmente presso una fabbrica di Detroit e curò la revisione delle attrezzature della fattoria del padre. Il 1888 segnò un profondo cambiamento nella sua vita, poiché sposò Clara Bryant e iniziò a mantenere la sua nuova famiglia lavorando presso una segheria. Di lì a poco tutto cambiò nuovamente. Nel 1891, infatti, iniziò a lavorare come tecnico presso la Edison Illuminating Company di Detroit. Due anni dopo, in seguito alla sua promozione a Chief Engineer, Henry ebbe tempo e denaro a sufficienza per dedicare maggiore attenzione ai suoi esperimenti personali sui motori a combustione interna.

Henry Ford realizzò il suo sogno di produrre un'automobile dal prezzo ragionevole, affidabile ed efficiente con l'introduzione della Model T nel 1908. Questo veicolo segnò una nuova era nell'ambito del trasporto personale: era facile da guidare, riparare e manovrare su strade dissestate. Non a caso, riscosse un successo immediato.

Henry Ford morì nella sua casa di Fairlane, a Dearborn, il 7 aprile 1947. Aveva 83 anni.

Tempi Moderni, il film di Charlie Chaplin 1936

Charlot lavora in una fabbrica i cui ritmi disumani lo conducono al ricovero in manicomio. Quando esce si trova coinvolto in una manifestazione sindacale e viene arrestato. Dopo aver sventato un'evasione ritorna in libertà e salva una ragazza di strada dall'arresto, innamorandosi di lei. La loro vita non sarà facile ma la speranza in un futuro migliore non verrà a mancare.

La catena di montaggio, gli scioperi, la povertà che colpiva chi era finito ai margini del sistema produttivo, tutto questo entrava a far parte di uno dei capolavori della storia del cinema. La narrazione, però, non veniva edulcorata da polemiche di parte. Anzi, le gag che si susseguono nella prima parte, dedicata alla catena di montaggio, sono perfette (prima tra tutte la scena del pasto 'meccanizzato').

Charlot sta dalla parte degli ultimi sempre, anche quando fa la guardia notturna, e ciò gli procurò accuse di comunismo che ebbero le loro conseguenze anni dopo quando, ai tempi del maccartismo, fu costretto a lasciare gli Stati Uniti. Questo è anche l'ultimo film in cui compare il personaggio di Charlot. Il suo allontanarsi di spalle verso il futuro a fianco della monella è un addio destinato a rimanere per sempre nella nostra memoria.

Il caso Olivetti, imprenditoria e cultura

Adriano Olivetti promuove una nuova visione d’impresa, dove profitto, democrazia e giustizia sociale convivono in equilibrio. I suoi operai percepivano salari superiori alla media, beneficiavano di convenzioni per case e asili accanto alla fabbrica, avevano una biblioteca in azienda per poter leggere durante le pause. In fabbrica si tenevano continuamente concerti, mostre, dibattiti. Presso l’Olivetti lavoravano intellettuali, scrittori, artisti, alcuni con ruoli di vertice. La cultura in quell’azienda aveva un valore.

Tra il 1930 e il 1960 anche Ivrea cambia aspetto. Si sviluppa un modello moderno di città industriale, con uffici, abitazioni, mense e asili progettati da grandi architetti. Un complesso urbano che nel 2018 è stato riconosciuto patrimonio dell’umanità dall’Unesco: «Per la moderna visione della relazione tra industria e architettura».

Dell’Olivetti vanno anche ricordati anche i prodotti. Noi ne ricordiamo uno solo: la lettera 22, un’eccellenza. Quella macchina per scrivere è entrata nelle collezioni permanenti del MoMA - Museum of Modern Art di New York e premiata con il Compasso d'Oro nel 1954. E’ stata inoltre scelta (1959) dall'Illinois Technology Institute come il miglior prodotto in termini di design degli ultimi 100 anni.

Gianni Berengo Gardin e l’Olivetti, Silvana Editoriale

Il volume racconta e approfondisce il legame fra Gianni Berengo Gardin (Santa Margherita Ligure, 1930), uno dei più importanti e celebri fotografi italiani, e la storica azienda Olivetti di Ivrea, frutto concreto del pensiero visionario e progressista del suo fondatore, il grande imprenditore Adriano Olivetti.

Nel percorso di ricerca condotto dal fotografo, dedicato all’evoluzione del paesaggio e della società italiana dal dopoguerra a oggi, il caso di Ivrea e della Olivetti occupano uno spazio rilevante, essendo stato uno tra gli autori che ha collaborato più a lungo con l’impresa piemontese.

Dalla selezione inedita qui proposta, con oltre settanta fotografie d’epoca in bianco e nero, pubblicazioni e altri documenti d’archivio, emerge il valore attribuito da Adriano Olivetti sia al progetto d’architettura (industriale, residenziale, sociale) sia al sistema di relazioni che legava le persone dentro e fuori la fabbrica, grazie a un’avanzata organizzazione di servizi sociali e culturali che coinvolgeva l’intero territorio.

Nelle immagini di Berengo Gardin prende forma il messaggio e l’insegnamento del fondatore dell’azienda e si offre al contempo la testimonianza di un’epoca, quasi un affresco della società e delle sue trasformazioni nella seconda metà del Novecento.

(Fonte: Silvana Editoriale)

Il fotografo, Gianni Berengo Gardin

pGianni Berengo Gardin inizia a occuparsi di fotografia nel 1954. Nel 1965 lavora per Il Mondo di Mario Pannunzio. Negli anni a venire collabora con le maggiori testate nazionali e internazionali come Domus, Epoca, Le Figaro, L’Espresso, Time, Stern. Procter & Gamble e Olivetti più volte hanno usato le sue foto per promuovere la loro immagine. Berengo Gardin ha esposto le sue foto in centinaia di mostre in diverse parti del mondo: il Museum of Modern Art di New York, la George Eastman House di Rochester, la Biblioteca Nazionale di Parigi, gli Incontri Internazionali di Arles, il Mois de la Photo di Parigi. Nel 1991 una sua importante retrospettiva è stata ospitata dal Museo dell’Elysée a Losanna e nel 1994 le sue foto sono state incluse nella mostra dedicata all’Arte Italiana al Guggenheim Museum di New York. Ad Arles, durante gli Incontri Internazionali di Fotografia, ha ricevuto l’Oskar Barnack - Camera Group Award. Nel 2008 Gianni Berengo Gardin è stato premiato con un Lucie Award alla carriera. Lunedì 11 Maggio 2009 l’Università degli Studi di Milano gli ha conferito la Laurea Honoris Causa in Storia e Critica dell’Arte. Erano cinquant’anni che la Statale non conferiva un tale riconoscimento. L’ultimo era stato Eugenio Montale.

Ha pubblicato oltre 250 libri fotografici.

Le fotografie

Una scena del film “Tempi Moderni”, 1936

Olivetti. Fotografia di Gianni Berengo Gardin

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