Fabrizio Ferri
La voce inconfondibile è quella dell’amico che ricompare, dopo un lungo viaggio. Fabrizio Ferri è anche questo: una vita da raccontare (e ammirare) al primo incontro possibile. Dalla sua Pantelleria ci parla di musica, del San Carlo di Napoli, dell’emozione nell’aver aperto, con la sua opera Anima, l’ultima stagione sinfonica del Teatro partenopeo. “Mi sentivo uno che lavorava con loro”, ci dice riferendosi ai musicisti, “Difficilmente mi attribuisco la paternità di qualcosa, forse solo per timidezza”. “Del resto”, ha continuato, “non ero emozionato per il fatto in sé, ma per via del progetto. Tengo ad allontanare sempre l’emotività, questo per produrre un buon lavoro”. Quando gli chiediamo lumi circa la fuga dalla “firma d’autore”, lui ci spiega: “L’ispirazione viene sempre da altrove. Io non conosco una nota, ma scrivo armonie per cento orchestrali. Guardo le mie mani sul pianoforte e compongo di getto. Scrivo il pezzo con l’aiuto di sistemi di scrittura, poi risuono e riascolto, iniziando a orchestrare”.