LA GIORNATA MONDIALE DELLA FOTOGRAFIA
Si celebra il 19 agosto 2023 la tredicesima Giornata Mondiale della Fotografia. E’ stata istituita dal fotografo australiano Korske Ara, che ha scelto lo stesso giorno in cui, nel 1839, François Jean Dominique Arago presentava l’invenzione di Louis Jacques Mandé Daguerre all’Accademia delle Scienze e delle Arti Visive a Parigi: il dagherrotipo.
Nasce la fotografia, per desiderio della Francia; che così segna una data sul calendario del mondo, prendendosene i meriti, ma anche le responsabilità.
A quei tempi l’Europa era diversa, un continente che non aveva ancora conosciuto gli orrori di due guerre mondiali. Anche l’Italia appariva differente, divisa, con qualche vagito di modernità: la ferrovia Napoli-Portici sarebbe stata inaugurata in ottobre.
Il 1839 però è anche l’anno della fotografia. Il 7 Gennaio di quell’anno sempre Arago annunciava l’invenzione di L. Daguerre, quella che sarebbe stata presentata il 19 Agosto.
L’annuncio scatenò molta confusione, soprattutto tra i tanti padri della fotografia. Henry Fox Talbot, scrisse in Francia per informare delle sue scoperte. Lui, che aveva sognato la fotografia durante i soggiorni sul Lago di Como, si vedeva defraudato delle proprie ricerche. Ebbene, il 25 Gennaio 1839 Michael Faraday (quello della gabbia) mostrava ai membri della Royal Institution, di Londra, i disegni fotogenici di William Henry Fox Talbot.
Sappiamo come andò a finire. A Daguerre arrivò il merito circa l’invenzione della fotografia, in Agosto; e alla Francia quello di averla comprata e regalata al mondo intero. Già, perché in quel 1839 s’insinuano sospetti di corruzione. Daguerre riceverà un vitalizio per l’esito delle sue ricerche e anche il figlio di Joseph Nicéphore Niépce (Isidoro), altro padre della fotografia. Ne sa qualcosa Hippolyte Bayard, che nel 1840 espose una sua fotografia nella quale si fingeva annegato e suicida, perché nonostante il suo lavoro nessuno si occupava di lui.
Che dire? I padri della fotografia sono tanti. Oltre ai già citati, sarebbe da ricordare John Frederick William Herschel. A lui si deve la scoperta del fissaggio (l’iposolfito di sodio) ed anche l’introduzione del sostantivo “fotografia”. Lo scrisse in una lettera indirizzata a Fox Talbot il 28 febbraio 1839.
Una cena con amici
Niépce, Daguerre, Bayard, Fox Talbot, Hershel, sono tutti attorno a un tavolo. Come in un film d’autore, li immaginiamo insieme, travolti da un invito inaspettato e impossibile. Mentre parliamo, si stanno guardando l’un l’altro, incuriositi. Ci piace pensarli consapevoli e orgogliosi, perché ognuno di loro ha offerto qualcosa all’arte dello scatto: Niépce (padre) ha scattato la prima fotografia, Daguerre ha inventato una metodica scientifica e riconosciuta (ben pagata anche), Fox Talbot la replicabilità (col negativo di carta), Hershel il nome della disciplina. Forse Bayard ha qualcosa da dire, oggi ancor di più: lui si è ritratto in quello che rimane il primo selfie della storia. Batte i pugni sul tavolo, scatenando il putiferio: tutti hanno qualcosa da obiettare, cercando conforto nelle parole del vicino di sedia. Ma forse ha ragione lui, il nostro Hippolyte: nel tempo in cui viviamo, la fotografia pone l’accento sul tempo che si vive, tralasciando ricordi e memoria. E’ veramente così? «Forse», suggerisce Talbot, «Ma c’è dell’altro». Lui e la moglie Constance, nella loro casa a Lacock, nel Wiltshire in Inghilterra, avevano lavorato tanto per la fotografia, senza interessarsi del momento, ma per sviluppare un metodo a venire, con successo peraltro.
Daguerre è diventato taciturno. Si sente osservato da Niépce, che a un certo punto borbotta: «Io avevo visto tutto, e l’ho anche fotografato». L’altro, sentendosi chiamato in causa, risponde: «Sì, ma anche tuo figlio ha avuto i suoi riconoscimenti». «No», ribadisce Niépce, «Non mi riferivo alla gloria. Ho regalato la mia fotografia a un collezionista tedesco, e nessuno per molto tempo me ne ha attribuito la paternità».
La frase è risuonata tra i commensali in un raro momento di silenzio. Forse è proprio Niépce l’eroe senza applausi, colui che nel 1839 non ha potuto dire la sua.
Prendiamo noi la parola: «La fotografia non ha cambiato il mondo, ma ci ha insegnato a leggerlo, influenzando le scelte. Teniamola da conto: è una pratica relazionale che ci avvicina all’uomo e alla nostra prossimità, una possibilità gigantesca che è bene sfruttare al meglio».
I commensali si guardano senza pronunciare una parola. Nei loro sguardi c’è un segno d’assenso, il che ci fa piacere.
Arriva il brindisi e la dedica va proprio a Niépce, che commosso esprime con un sorriso la sua soddisfazione. Nel 1839, l’anno della fotografia, lui era assente. Oggi, finalmente, si sente orgoglioso di farne parte lo stesso.
Joseph Nicéphore Niépce, note di vita
In questo 19 agosto desideriamo dedicare due parole a Niépce, perché non c’era, per via dei destini della vita. Crediamo di fare la cosa giusta.
Joseph Nicéphore Niépce nasce il 7 marzo 1765, a Chalon-sur-Saône, in Francia. A lui viene attribuito il primo scatto fotografico della storia: la “Veduta dalla finestra a Le Gras”. E’ stato Helmut Gernsheim, fotografo, storico e collezionista a scoprire la paternità di Niépce circa quell’immagine. Siamo nel 1952.
Tutte le volte che ci occupiamo dei primi vagiti della fotografia veniamo inghiottiti in un vortice di interrogativi, che peraltro vanno a comporre un mondo fantastico e misterioso. Spesso parliamo di scoperta, se non addirittura d’invenzione; ma poi ci accorgiamo come i padri siano tanti e grosso modo tutti addensati nello stesso periodo storico. Ci sono: Niépce, Daguerre, Bayard, Fox Talbot, Hershel. A quest’ultimo verrebbe dato il merito di aver coniato il termine fotografia, in una lettera datata 28 febbraio 1839. Vero? Per alcuni parrebbe di no, visto che esisterebbe un altro padre della fotografia: Antonie Hercule Romuald Florence (1804, Nizza, Francia - 27 marzo 1879, Campinas, Brasile), francese migrato in Brasile. A quest’ultimo andrebbe l’onore circa l’invenzione di un processo fotografico positivo/negativo, oltre che del termine fotografia.
I misteri s’infittiscono se consideriamo che c’è stata anche corruzione politica; il che vorrebbe dire che mancano amori e sangue per costruire un thriller d’eccezione.
Occupiamoci adesso del nostro Niépce. Lui proveniva da una ricca famiglia francese. È stato istruito per il sacerdozio cattolico e ha pure insegnato in seminario. Niépce si è arruolato nell'esercito francese nel 1791, prestando poi servizio in Italia fino a quando contrasse la febbre tifoide, nel 1794. Si è poi ritirato a Nizza, dove si sposa e diviene attivo nella politica locale.
Niépce e suo fratello, Claude, due anni più vecchio di lui, erano inventori di un certo livello. Nel 1807 ottennero dal governo napoleonico un brevetto circa un motore per grandi imbarcazioni, il Pyrealophare. Ha costruito la sua prima macchina fotografica nel 1816, creando un'immagine su carta bianca, senza riuscire a risolverla. Ha continuato a sperimentare con diverse fotocamere e combinazioni chimiche per il decennio successivo.
La famiglia Niépce dichiarò la data del 1822 come la nascita della fotografia; una targa nella sua casa reca questa data, ma sfortunatamente non ci sono prove fisiche che la sostengano.
Nell'anno 1827, Niépce ha prodotto la prima registrazione duratura del suo lavoro. Utilizzando una lastra rivestita di bitume ha registrato un'esposizione di otto ore dalla finestra della sua camera da letto. La piastra è stata quindi lavata con un solvente e posta sopra una scatola di iodio, producendo una piastra con qualità chiare e scure. Niépce ha chiamato l'immagine risultante eliografia. Oggi questa immagine risiede nella collezione Gernsheim, nel centro di ricerca dell'Università del Texas, ad Austin.
Lo stesso anno fu consigliato a Niépce di incontrare Louis Jacques Mande Daguerre, un pittore di scene teatrali, per discutere la sua invenzione. Niépce e Daguerre divennero soci con un contratto di dieci anni. Sfortunatamente, il primo morì quattro anni dopo.
A Chalon-sur-Saône c'è una statua e un museo dedicati alla memoria di Niépce.
Le fotografie
Fotocamere d’epoca, anonimo.
Ritratto di Louis-Jacques Daguerre. Gaspard Felix Tournachon Nadar