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LA LIBERAZIONE DI PARIGI

La liberazione di Parigi avvenne il 25 agosto 1944. Stiamo parlando della seconda guerra mondiale. Tutto era iniziato il 19 agosto, quando i francesi insorti arrivarono in città assieme alle truppe alleate. Robert Capa, il fotografo che incontreremo, era presente e raccontò l’evento alla stregua di un crescendo di felicità: «La strada per Parigi era aperta e tutti i parigini erano fuori per le strade, a toccare il primo carro armato, a baciare il primo soldato, a cantare e piangere». Robert Capa aveva già documentato gran parte del conflitto: dallo sbarco in Sicilia a quello di Anzio. Era stato anche l’autore delle undici fotografie relative al D-Day, il 6 giugno del 1944, su una spiaggia della Normandia. Il 25 agosto 1944, all’alba, si trovava assieme ai francesi sulla strada per Parigi. Già nei sobborghi della città l’entusiasmo era delirante: un benvenuto indimenticabile.

Un altro fotografo che incontreremo è Henri Cartier Bresson. Il suo arrivo a Parigi era stato travagliato. Caporale dell’esercito francese dal 1939, venne catturato dai tedeschi. Trascorse quasi tre anni in un campo di prigionia, ma riuscì a fuggire, dopo due tentativi fallimentari. Nel 1943 era già in Francia, dove documento l’occupazione nazista e la liberazione di Parigi.

Il coro della liberazione arrivava anche via radio. La BBC trasmetteva su tutta la Francia che Parigi stava per essere liberata. De Gaulle, il 25 agosto, ringraziò la capitale francese, rendendogli omaggio. Dall’Hotel de Ville (quello del bacio di Doisneau) pronunciò il famoso discorso, reperibile su varie fonti, diventato iconico: «Parigi! Parigi oltraggiata! Parigi spezzata, Paris martirizzata, ma Parigi libera! Libera da sola, liberata dal suo popolo con la collaborazione degli eserciti di Francia e il supporto e la cooperazione dell'intera Nazione - di una Francia che combatte, dell'unica Francia, della vera Francia, dalla Francia eterna».

La liberazione di Parigi, al di là dell’importanza strategica e militare, oltre che politica, divenne il simbolo della disfatta tedesca che sarebbe sopraggiunta mesi dopo.

Henri Cartier-Bresson, note biografiche

Henri Cartier Bresson nasce a Chanteloup-en-Brie il 22 agosto 1908. E’ uno dei fotografi più importanti del ‘900, avendone intuito lo spirito. Per questo motivo è passato alla storia come “L’Occhio del Secolo”.
Con i suoi scatti è riuscito a cogliere la vera essenza della vita, mentre la sua esistenza è stata tutta dedicata a trasformare la fotografia in un mezzo di comunicazione moderno, influenzando intere generazioni di fotografi.
Ha documentato la Guerra Civile Spagnola, quella Cinese, l’Occupazione Nazista in Francia, la costruzione del muro di Berlino, i funerali di Gandhi. Fu l’unico fotografo occidentale al quale venne permesso di fotografare in Unione Sovietica ai tempi della Guerra Fredda. Durante la II^ Guerra Mondiale, si arruolò nell’Esercito Francese. Fu fatto prigioniero per trentacinque mesi, riuscendo poi a fuggire al terzo tentativo. Si aggrega poi nelle file della Resistenza francese, documentando la liberazione di Parigi nel 1944.

Le fotografie di Henri Cartier Bresson e la sua vita sono strettamente legate. Non si possono osservare le sue opere, perché di capolavori si tratta, se non si conoscono alcuni eventi fondamentali della sua esistenza.
I due momenti più importanti accadono nel 1946, quando Henri Cartier Bresson viene a sapere che il MoMA di New York, credendolo morto in guerra, intende dedicargli una mostra “postuma” e quando si mette in contatto con i curatori, per chiarire la situazione, nasce una collaborazione che lo impegnerà per oltre un anno alla preparazione dell’esposizione, inaugurata nel 1947. Cartier-Bresson sceglie le fotografie che vorrebbe esporre. Seleziona e stampa circa 300 immagini, molte delle quali mai pubblicate prima e nel 1946 parte per New York con le stampe in una valigia. Al suo arrivo compra un grosso album, uno Scrap Book, appunto, dove incolla tutte le stampe prima di presentarle al MoMA. La mostra viene inaugurata il 4 febbraio 1947. Nello stesso anno, inoltre, nella caffetteria del MoMA, fonda la famosa agenzia Magnum Photos, insieme a Robert Capa, George Rodger, David (Chim) Seymour e William Vandivert.

Bresson incontra la fotografia nel 1931, quando sfogliando una rivista vide una foto di Martin Munkacsi e ne rimase affascinato. L’anno dopo acquista la sua prima macchina fotografica Leica e inizia a viaggiare per l’Europa scattando fotografie.
Le sue immagini iniziano a comparire sulle riviste e vengono anche esposte, ma la sua creatività incontra anche il mondo del cinema e nel 1936 lavora come assistente alla regia di Jean Renoir (assieme a Luchino Visconti) per i film “La scampagnata” e ” La vita è nostra”. Inoltre, diventa lui stesso regista per due documentari sugli ospedali nella Spagna repubblicana e sulla vita dei soldati americani durante la guerra civile spagnola.
Quando inizia a scattare, quindi, Henri Cartier-Bresson ha appena 24 anni ed è ancora alla ricerca del suo futuro professionale. È incerto e tentato da molte strade: dalla pittura, dal cinema. ”Per quanto riguarda la fotografia, non ci capisco nulla” affermava.
Non capire nulla di fotografia significa, tra l’altro, non sviluppare personalmente i propri scatti: è un lavoro che lascia agli specialisti del settore. Non vuole apportare alcun miglioramento al negativo, non vuole rivedere le inquadrature, perché lo scatto deve essere giudicato secondo quanto fatto nel “qui” e “ora”, nella risposta immediata del soggetto.

Cogliere il momento perfetto è tutto nelle foto di Bresson, che ha descritto lo stile dell’immediatezza nel suo libro Images à la Sauvette, pubblicato nel 1952.
Henri Cartier Bresson non metteva in posa i protagonisti dei suoi ritratti ma li fotografava nei momenti più inaspettati per cogliere la loro naturalezza.
Images à la Sauvette si traduce approssimativamente come "immagini in fuga" o "immagini rubate". Il titolo inglese del libro, The Decisive Moment, fu scelto dall'editore. Nella sua prefazione al libro di 126 fotografie di tutto il mondo, Cartier-Bresson cita il Cardinale de Retz del XVII secolo che disse: «Non c'è niente in questo mondo che non abbia un momento decisivo».

Robert Capa, una mostra

In occasione dei 110 anni dalla nascita di Robert Capa (22 ottobre 1913) il Mudec di Milano ha reso omaggio al grande fotografo ungherese con una mostra personale che ripercorreva i principali reportage di guerra e di viaggio che Capa realizzò durante vent’anni di carriera, quelli che coincisero con i momenti cruciali della storia del Novecento. La mostra ha avuto luogo fino al marzo di quest’anno e veniva esposta l’immagine che proponiamo.

Realizzata grazie alla collaborazione con l’agenzia Magnum Photos, la mostra riuniva un eccezionale corpus di fotografie: oltre 80 stampe fotografiche, alcune delle quali mai esposte prima in una mostra italiana, accompagnate da alcuni documenti d’epoca provenienti dalla collezione di Magnum.
Attraverso i suoi ritratti in bianco e nero e i suoi reportage di guerra e di viaggio, l’obiettivo di Robert Capa fece conoscere al mondo non solo gli orrori e le miserie dei tanti conflitti armati che caratterizzarono il secolo scorso e i volti degli uomini e delle donne che fecero la Storia, ma anche la vita quotidiana fatta di piccoli momenti di gioia e voglia di riscatto, di presente e futuro, di realtà e di sogni delle persone comuni, indifferentemente da una parte all’altra del globo.
Attraverso sette sezioni venivano raccontati i più importanti reportage in bianco e nero realizzati da Robert Capa, dagli esordi a Berlino e Parigi (1932-1936) alla guerra civile spagnola (1936-1939); dall’invasione giapponese in Cina (1938) alla seconda guerra mondiale (1941-1945); dal reportage di viaggio in Unione Sovietica (1947) a quello sulla nascita di Israele (1948-1950), fino all’ultimo incarico come fotografo di guerra in Indocina (1954), dove ha trovato la morte.

Robert Capa, note biografiche

Robert Capa è stato un fotoreporter di origine ebraica. È ricordato per aver documentato la seconda guerra mondiale in Nord Africa, Inghilterra e Italia. Le sue immagini, come quelle scattate durante la guerra civile spagnola e l'assalto alla Normandia del 1944, ritraggono la violenza del conflitto con un impatto narrativo.

Robert Capa nasce il 22 ottobre 1913 a Budapest da genitori ebrei. Come la maggior parte dei suoi colleghi studenti, venne coinvolto nel tumulto politico dell'epoca. All'età di 18 anni fu arrestato a causa delle sue attività politiche. Una volta rilasciato, grazie all'intervento di suo padre, fu bandito dall'Ungheria. Si trasferì in Germania nel 1931 dove studiò scienze politiche alla Deutsche Hochschule für Politik.
Mentre era a Berlino, Capa ha lavorato come assistente di camera oscura presso Dephot, una delle principali aziende di fotogiornalisti in Germania, famosa per utilizzare fotocamere avanzate e pellicole veloci. Il fotografo poteva così concentrarsi sugli eventi umani,
documentandoli. Robert si è dimostrato in grado di padroneggiare con le fotocamere e l'agenzia gli ha assegnato piccoli incarichi, come quello di fotografare Leon Trotsky a Copenaghen.

Con l'ascesa di Hitler nel 1933, Robert si trasferì a Parigi, dove ha incontrato difficoltà nel trovare lavoro come giornalista freelance perché ungherese. Ha così adottato il nome "Robert Capa", che suonava americano, somigliando a quello di Frank Capra, il famoso regista.

Nel 1936, Capa si recò in Spagna con Gerda Taro per fotografare gli orrori della guerra civile. La sua immagine del miliziano ucciso lo rese famoso. Nel 1937, Taro fu uccisa da un carro armato in Spagna. Aveva solo 26 anni.

All'inizio della seconda guerra mondiale, Capa era a New York. Il conflitto l’ha portato al cospetto di diversi scenari europei per incarichi di fotografia. Prima ha lavorato per Collier's Weekly , per poi passare a Life nel 1943.

Il suo lavoro più famoso risale al 1944, quando, in Normandia, sbarcò a Omaha Beach con la prima ondata d’assalto. Ha scattato oltre 100 immagini nelle prime ore sulla spiaggia. Tuttavia, un membro dello staff di Life ha accidentalmente danneggiato l'emulsione nel film. Furono recuperati solo 11 fotogrammi, ma divennero immagini iconiche del D-Day e la serie di fotografie fu intitolata “I magnifici undici”.

Capa ha il fascino dell’attore, ama la bella vita, è simpatico, e trova il modo di frequentare il mondo del cinema. Nel 1945, a giugno, incontra Ingrid Bergman. Basta uno sguardo e tra i due esplode l’amore. Entrambi soggiornano la Ritz di Parigi e sembra che il fotografo abbia invitato l’attrice per un aperitivo con un biglietto fatto scivolare sotto la porta. Ricordiamo che lei era sposata. Tra l’altro aveva una figlia di sei anni.
Nel 1946, quando la Bergman recitava nel film Notorius, Robert si fa accreditare sul set come inviato di Life. Scatterà molte foto di scena. Il tutto si ripete con Arco di Trionfo, un’altra pellicola che vede coinvolta l’attrice svedese.
La storia d’amore però finisce e il fotografo fugge in Turchia per girare un documentario. Nel 1948 Capa, sempre per il cinema, arriverà anche in Italia, come fotografo sul set di “Riso Amaro”. Lì avrà una love story con Doris Dowling, un’attrice che recitava al fianco di Silvana Mangano.

Nel 1947, Robert si recò in Unione Sovietica con lo scrittore John Steinbeck. Ha scattato fotografie a Mosca, Tbilisi, Kiev e Batumi. Nello stesso anno, Robert, insieme a William Vandivert, Henri Cartier-Bresson, David Seymour e George Rodger, ha co-fondato Magnum Photos. Nel 1950, Robert fu richiamato da Life per sostituire un fotografo per un incarico in Indocina. Là muore dopo aver calpestato una mina antiuomo, mentre fotografava per la rivista. Era il 25 maggio 1954, e Capa aveva 40 anni.

Le fotografie

Soldati tedeschi prigionieri. Louvre, 22 – 25 agosto 1944. Ph. Henri Cartier Bresson.
La folla parigina festeggia la liberazione. Parigi, 25 agosto 1944. Ph. Robert Capa.

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