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GINO PAOLI, LA MUSICA CON L’AMORE

Parlando di Gino Paoli viene subito in mente “Sapore di Sale”, la canzone delle spiagge per eccellenza, datata 1963. Pare sia stata composta a Capo d’Orlando, in Sicilia, ispirata dall’amore del cantante per Stefania Sandrelli. Sapore di Sale è una canzone molto semplice, costruita su un giro di accordi che si ripete più volte, con un intermezzo a cambiarne direzione; gli arrangiamenti, che arricchiscono il tutto, sono a cura di Ennio Morricone. Riconoscibile (e indimenticabile) è l’introduzione col basso elettrico “pennato”. Il ritornello poi, quando non cantato, viene ripreso dal sax di Gato Barbieri, il noto jazzista argentino. Tanta roba.

“La musica con l’amore”, dicevamo nel titolo; ma in effetti non è difficile leggere (e ascoltare) nelle canzoni di Gino Paoli una sorta di diario personale tra le donne della sua vita. Ne escono amori non convenzionali, dove la fine riporta all’inizio, per un’emotività che non termina, esaltandosi nel tempo. «Che cosa c’è, c’è che mi sono innamorato di te» forse è una frase che lui ha pronunciato di fronte a lei prima ancora di cantarla. Del resto, Gino Paoli questo ci ha insegnato: « Senza fine, tu sei un attimo senza fine. Non hai ieri e non hai domani. Tutto è ormai nelle tue mani, mani grandi, mani senza fine».

Gino Paoli negli anni ’60 ha rappresentato la colonna sonora di un’Italia nuova, diversa, appena nata: meno contadina e più industriale, produttiva, vacanziera, migratoria e con le case nuove. Da subito, però, ci ha fatto conoscere il rimpianto, perché: «Ho una casa bellissima, bellissima come vuoi tu; ma io ripenso a una gatta, che aveva una macchia nera sul muso, a una vecchia soffitta vicino al mare, con una stellina che ora non vedo più». Quella gatta, forse, rappresenta l’amore di Paoli, quello che non si dimentica. Lui l’ha respirato a lungo e messo tra le note: la musica con l’amore, appunto.

Gino Paoli, note biografiche

Gino Paoli è nato a Monfalcone, nella regione nord-orientale del Friuli Venezia-Giulia, il 23 settembre 1934. Suo padre, Aldo, era un ingegnere navale di Campiglia Marittima (vicino a Livorno), mentre sua madre, Rina, era da una famiglia benestante della Venezia-Giulia. Era una pianista e trasmise il suo amore per la musica al giovane Gino. Il ramo familiare di Rina fu coinvolto nella migrazione forzata dalle zone della Venezia-Giulia e della Dalmazia durante la seconda guerra mondiale.

Pochi mesi dopo la fine della guerra, i Paoli si trasferirono nel quartiere residenziale genovese di Pegli. La città ligure diventerà la vera città natale di Gino.

Nel 1952 il diciottenne Gino Paoli si trasferì in un piccolo attico nel vicino villaggio marinaro di Boccadasse con il suo gatto Ciacola ("chiacchiere" in dialetto veneto), che sarebbe diventato il protagonista del successo del 1960 “La gatta, ” una canzone i cui testi furono scritti da Giulio Rapetti, divenuto presto famoso per aver scritto i testi delle canzoni di Lucio Battisti sotto lo pseudonimo di “Mogol”. A Genova stringe amicizia con importanti musicisti e cantautori: Luigi Tenco, Bruno Lauzi, Fabrizio De André, Umberto Bindi, Joe Sentieri, Giorgio Calabrese, Gian Piero Reverberi e Gianfranco Reverberi. Con Tenco, Lauzi e altri Paoli fondò un gruppo rock chiamato "I Diavoli del Rock", e nel 1959 sposò Anna Fabbri, che aveva conosciuto in una gara di ballo rock'n roll.
Dopo questo inizio rock, Paoli divenne solista e tornò a uno stile più melodico, vicino a quello degli chansonnier francesi. Ha ascoltato e collaborato con cantautori francofoni come George Brassens, Boris Vian, Jacques Brel, Marcel Mouloudji e Charles Aznavour. Tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio degli anni Sessanta le canzoni di Paoli diventano la colonna sonora della nuova società italiana: negli anni della crescita economica che trasformò un povero paese agricolo in una potenza economica industriale, Gino Paoli incise diversi successi per l'etichetta musicale Ricordi: “Il cielo in una stanza” (1959), “La gatta” (1960, con testi di Mogol), “Senza fine” (1961), “Sapore di sale” (1963), “Che cosa c'è” (1963). Scrisse anche per altri cantanti: le artiste italiane più famose come Ornella Vanoni e Mina permearono le melodie e i testi di Paoli con la qualità vocale che consacrò Gino come padre fondatore della tradizione cantautorale italiana. Il 1962 segnò l'inizio di una serie di eventi che gli cambiarono la vita: si innamorò della giovane attrice Stefania Sandrelli e nel 1964 ebbe un figlio da lei mentre divorziava da Anna Fabbri. Nel 1962, mentre era alla guida della sua Giulietta Spider, Paoli rimase coinvolto in un grave incidente stradale nel quale morì l'amico e chitarrista Victor Van der Faber. Paoli era sconvolto e cadde in una depressione durata molti anni, arrivando a tentare il suicidio nel 1963.

Nel 1961 e nel 1964 partecipa al Festival di Sanremo, e ancora nel 1966, ma ormai la sua stella d'oro sembra essere al tramonto. Dopo aver riportato lievi ferite in un incidente stradale nel 1965, nel 1968 si trasferisce a Levanto, sulla costa ligure, dove apre un music bar e ospita gli spettacoli di diversi amici musicisti. Paoli non s’identificava nelle canzoni politiche che permeavano l'Italia in questi anni. Ha continuato a scrivere sull'amore. Dopo alcuni anni di silenzio, nel 1971 registrò una trilogia di album musicali e divenne politicamente attivo. Paoli diventerà deputato al Parlamento italiano fino al 1992.
Una nuova ondata di successo arriverà negli anni Ottanta grazie alle donne della sua vita: nel 1984 scrive la colonna sonora di Una donna allo specchio di Paolo Quaregna, con Stefania Sandrelli, e nel 1985 va in tournée con Ornella Vanoni. Nel 1991 “Quattro amici al bar” dominava la hit parade, e con la figlia Amanda Sandrelli registrava “La bella e la bestia”, la colonna sonora in lingua italiana del film Disney La Bella e la Bestia.

(Fonte: The Italian Song)

Guido Harari, fotografia e musica

Guido Harari nel 2011 ha fondato ad Alba, dove risiede, la Wall Of Sound Gallery, la prima galleria fotografica in Italia interamente dedicata alla musica. Noi non ci siamo stati, ma da essa prendiamo spunto per parlare qui del suo essere fotografo, convinti come siamo che solo lui poteva organizzare un’esposizione di immagini a carattere musicale.

Una domanda sorge comunque spontanea: esiste un dualismo tra musica e fotografia? Se sì, quali sono i punti di contatto? Sta di fatto che la realtà, quella di Guido, non è bivalente. Musica e fotografia vivono nello stesso spazio, mescolandosi. La galleria di Alba ne è una testimonianza diretta.
C’è dell’altro, comunque; e su più ambiti. Molte volte sentiamo parlare di passione, ma spesso questa scalda, motiva, induce, esalta; non andando oltre. Per molti resta uno spazio invalicabile tra l’esistere e il percepire, come se quel sentimento rappresentasse unicamente uno strumento da utilizzare alla bisogna. Per Guido non è così: lui della passione si nutre, vive, opera. Non a caso, le sue idee vanno oltre, anche al di là dello spazio temporale della sua vita. Ci dice che vorrebbe essere nato prima, per trovarsi “in fase” con gli anni ’60. No, non si tratta di un rimpianto, bensì di un riflesso nato da uno sguardo allargato: sempre propenso all’oltre, alla scintilla che illumina l’anima.
Per finire, ecco il ritratto: che lui ama sin dal contatto col soggetto, dall’incontro con lui. Spesso lo chiude con l’inquadratura, perché gli piace esserci, per sentirsi percepito. E allora la forza è tutta lì: tra piccolo e grande, tra dentro e fuori, tra interiore ed esteriore. Lui, Guido, cerca sempre; nutrendosi di passione. Sta a noi cercarla, magari in un ritratto chiuso: per giunta in B/N. C’è un moto perpetuo nel creare del nostro, un movimento continuo. Saltiamoci sopra, anche solo per capire.

Guido Harari, note biografiche

Guido Harari nasce al Cairo (Egitto) nel 1952. Ispirato dai grandi fotografi di rock e jazz degli anni Cinquanta e Sessanta, si è affermato nei primi Settanta come fotografo e giornalista musicale.

Nel tempo ha esplorato e approfondito anche il reportage, il ritratto istituzionale, la pubblicità, la moda e il design dei propri libri. Numerose le copertine di dischi firmate per artisti internazionali come Kate Bush, David Crosby, Bob Dylan, B.B. King, Ute Lemper, Paul McCartney, Michael Nyman, Lou Reed, Simple Minds e Frank Zappa, oltre ai lavori per Dire Straits, Duran Duran, Peter Gabriel, Pat Metheny, Santana e altri ancora. In Italia ha collaborato soprattutto con Claudio Baglioni, Andrea Bocelli, Angelo Branduardi, Vinicio Capossela, Paolo Conte, Pino Daniele, Fabrizio De André, Eugenio Finardi, Ligabue, Mia Martini, Gianna Nannini, PFM, Vasco Rossi, Zucchero e la Filarmonica della Scala diretta da Riccardo Muti.
Ha realizzato diverse mostre personali tra cui le recenti Wall Of Sound al Rockheim Museum, in Norvegia, e alla Galleria nazionale dell’Umbria, a Perugia.
È stato anche tra i curatori della grande mostra multimediale su Fabrizio De André, prodotta da Palazzo Ducale a Genova, e della mostra Art Kane. Visionary per la Galleria civica di Modena. Tra i suoi libri illustrati Fabrizio De André. E poi, il futuro (2001), The Beat Goes On (con Fernanda Pivano, 2004), Vasco! (2006), Fabrizio De André. Una goccia di splendore (2007), Fabrizio De André & PFM. Evaporati in una nuvola rock (con Franz Di Cioccio, 2008), Mia Martini. L’ultima occasione per vivere (con Menico Caroli, 2009), Gaber. L'illogica utopia(2010), Pier Paolo Pasolini. Bestemmia (2015), The Kate Inside (2016).

Nel 2011 ha aperto ad Alba, dove risiede da diversi anni, una galleria fotografica (Wall Of Sound Gallery) e una casa editrice di cataloghi e volumi in tiratura limitata (Wall Of Sound Editions), interamente dedicate all’immaginario della musica.

Le fotografie

Copertina del disco Canzoni eterne
Gino Paoli, Faenza 1991. Ph. Guido Harari

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