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ALBERT EINSTEIN IN USA

17 ottobre 1977, Albert Einstein, arriva negli Stati uniti. Aveva lasciato la Germania per fuggire alle persecuzioni naziste. All’epoca era già stato insignito del Premio Nobel per la fisica, dopo aver pubblicato una memoria nella quale espone i princìpi della teoria della relatività. Albert rimarrà negli USA fino alla fine dei suoi giorni. Morirà a Princeton nel 1955.

Parlando di fotografia, il fisico ci permette di ricordare due ritrattisti che l’hanno interpretato. Philippe Halsman è colui che detiene il record di copertine della rivista LIFE (102, se ricordiamo bene). Y. Karsh, canadese ma di origine armena, è giunto alla grande notorietà fotografando Winston Churchill. Lui ritrasse lo statista inglese con la faccia corrucciata e senza sigaro. Glielo tolse dalla bocca pochi istanti prima di scattare.

E’ facile imbattersi nelle fotografie di Yousuf Karsh, fotografo ritrattista. Le sue immagini le possiamo riconoscere ovunque: sulle copertine dei libri, su banconote e francobolli, e, naturalmente, esposte nelle gallerie. Nel corso della sua lunga carriera (più di 65 anni), Karsh ha fotografato alcuni tra i più importanti leader del 20° secolo, con una tecnica di illuminazione della quale lui stesso è stato pioniere. Divenne particolarmente richiesto, al punto che il giornalista Perry pubblicò sul London Sunday una frase particolarmente esaustiva: “Quando i famosi cominciano a pensare all’immortalità, chiamano Karsh”.

Yousuf Karsh incontra Albert Einstein

L'11 febbraio 1948, Yousuf Karsh, forse il più abile fotografo ritrattista della sua generazione, visitò l'Institute for Advanced Study di Princeton per realizzare un suo sogno: fotografare Albert Einstein. Ecco cosa disse a proposito.

Tra i compiti che la vita di fotografo mi aveva assegnato, un ritratto di Albert Einstein mi era sempre sembrato un 'must', non solo perché questo più grande rifugiato del nostro secolo è stato considerato da tutto il mondo come lo scienziato più importante dopo Newton, ma perché il suo volto, in tutta la sua ruvida grandezza, invitava e sfidava la fotocamera.
All'Institute for Advanced Study di Princeton, ho trovato un Einstein semplice, gentile, quasi infantile, troppo grande per qualsiasi aggettivo. Non era necessario comprendere la sua scienza per percepire il potere della sua mente o la forza della sua personalità. Ammirato davanti a questo intelletto unico, mi sono azzardato a chiedergli le sue opinioni circa l’immortalità umana. Alfred rifletté per un momento e poi rispose: “Cosa credo dell'immortalità?”. “Ve ne sono sono due tipi. Il primo vive nell'immaginazione delle persone ed è quindi un'illusione. C'è poi un'immortalità relativa, che può conservare la memoria di un individuo per alcune generazioni. Ma c'è solo una vera immortalità, su scala cosmica, ed è l'immortalità del cosmo stesso. Non c'è altro”.
Parlava di questi ultimi misteri con un'aria di tale tranquilla sicurezza, che trovai la sua risposta profondamente inquietante per uno che sosteneva altri punti di vista. Sapendo che era un violinista affermato, ho ribaltato la conversazione e gli ho chiesto se c'era qualche connessione tra musica e matematica. “Nell'arte”, diceva, “E negli ordini superiori della scienza, c'è un sentimento di armonia che sta alla base di ogni sforzo. Non c'è vera grandezza nell'arte o nella scienza senza quel senso di armonia. Chi ne è privo non potrà mai essere altro che un grande tecnico in entrambi i campi”.

Era ottimista sulla futura armonia dell'umanità stessa? Sembrò riflettere profondamente e osservò con toni più gravi: "Ottimista? No. Ma se l'umanità non riesce a trovare una soluzione armoniosa, ci sarà un disastro in una dimensione al di là dell'immaginazione di chiunque”. A quale fonte dovremmo cercare la speranza del futuro del mondo? "A noi stessi", disse Einstein. Parlava con tristezza ma con serenità, come uno che aveva guardato nell'universo ben oltre i piccoli affari dell'umanità. In questo umorismo la mia macchina fotografica è riuscito a catturarlo: il ritratto di un uomo che aveva viaggiato al di là della speranza o della disperazione".
Quando gli ho chiesto come sarebbe finito il mondo se fosse stata sganciata un'altra bomba atomica, ha risposto stancamente: "Ahimè, non saremo più in grado di ascoltare la musica di Mozart".

La vita di Yousuf Karsh

Yousuf Karsh, uno dei più importanti fotografi armeno-canadesi, era famoso per i suoi ritratti. Nasce a Mardin, una città nella parte orientale dell'Impero ottomano (Turchia) il 23 dicembre 1908. È cresciuto nell'era del genocidio armeno e, quando aveva 16 anni, i suoi genitori lo spinsero a vivere insieme a suo zio Georg Nakash, anche lui fotografo, a Sherbrooke, nel Quebec, in Canada. Karsh ha frequentato la scuola per un breve periodo, mentre aiutava suo zio con il lavoro in studio. Nakash vide sul campo le capacità di suo nipote e nel 1928 organizzò per lui uno stage sotto un grande ritrattista che viveva a Boston, di nome John Garo.

Nel 1931, per farsi un nome, Yousuf Karsh tornò in Canada e iniziò a lavorare con John Powl, nel suo studio, che poi ha rilevato pochi anni dopo. Nel 1936, ha esposto la sua prima mostra nella Drawing Room dell'hotel Château Laurier. Tempo dopo, trasferì lì il suo studio, dove visse e lavorò fino al 1992.

Karsh è stato scoperto dal primo ministro canadese, Mackenzie King, che ha presentato Karsh ai notabili in visita per le sedute di ritratto. Il suo lavoro iniziò a raccogliere consensi, ma la svolta arrivò quando ritrasse Winston Churchill, nel 1941 mentre Churchill pronunciava un'orazione alla Camera dei Comuni canadese a Ottawa. Questo è rimasto il uno dei ritratti più riprodotti nella storia.

La grande opera di Yousuf Karsh è esposta in numerosi stimati istituti e gallerie come collezione permanente. Pochi esempi sono il Museum of Modern Art di New York, il Metropolitan Museum of Art, la Bibliotheque nationale de France, il George Eastman House International Museum, la National Gallery of Canada e altri. Diverse biblioteche e vari registri in Canada conservano l'intera collezione, insieme ai negativi e ai documenti. Gli strumenti fotografici di Karsh sono stati donati al Canada Technology and Science Museum di Ottawa.

Yousuf Karsh muore il 13 luglio 2002, a Boston.

Il fotografo Philippe Halsman

Philippe Halsman (Riga, 2 Maggio 1906 – New York, 25 Maggio 1979) ha avuto una vita tormentata. Nasce da una famiglia ebrea, composta da un dentista e da una preside di liceo. Nel settembre del 1928, durante una gita sulle Alpi Austriache, il padre Morduch muore in circostanze misteriose. Philippe venne accusato di omicidio e condannato per questo a quattro anni di reclusione. Tutta la propaganda anti ebraica era contro di lui e all'epoca il caso si diffuse sulla stampa di tutto il mondo. Molti si espressero a favore di Philippe, a sostegno della sua causa; tra questi ricordiamo A. Einstein e T. Mann. Venne rilasciato nel 1931, a condizione però che lasciasse il territorio austriaco.

Il caso di Philippe Halsman è stato ripreso da Martin Pollack quale elemento ispiratore per il romanzo “Assassinio del Padre”, il caso del fotografo Philipp Halsman (edizioni Bollati Beringhieri). Il libro è di assoluto interesse e molto preciso nella narrazione storica. Ne esce tutta l'Austria del momento ed anche il carattere del giovane Philipp.

Abbandonata l’Austria, inizia per Philippe un lungo peregrinare. Si trasferì a Parigi, dove, come fotografo, collaborò con alcune riviste di moda; ma l'invasione tedesca (1940) lo costrinse a fuggire ancora: prima a Marsiglia, poi negli USA; sempre con l'aiuto di A. Eistein. Philippe si era avvicinato alla fotografia, appassionandosi, all'età di tredici anni: essendo venuto per caso in possesso di una fotocamera. Ha studiato ingegneria.
Philipp era solito far saltare i suoi soggetti, per una ragione “logica”: “Ogni inibizione dovuta alla presenza dell’obiettivo viene annullata, perché l’attenzione è rivolta maggiormente al salto. Vengono così rivelati i veri tratti del viso”.
Ritrattista “di razza”, Philippe ha immortalato diversi personaggi illustri: oltre a Marilyn, Frank Sinatra, Dean Martin, Jerry Lewis, Muhammed Alì, Louis Armostrong.

Le fotografie.

Albert Einstein, 11 febbraio 1948. Ph. Yousuf Karsh.
Albert Eistein ritratto nella sua casa a Princeton, 1947. Ph. Philippe Halsman

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