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LA MILANO DI MARIO DE BIASI

Siamo reduci dalla presentazione di una mostra, “Mario De Biasi e Milano” (Milano, museo diocesano Carlo Maria Martini, dal 14 novembre 2023 al 18 febbraio 2024). Ecco cosa dice Maria Vittoria Baravelli, curatrice dell’esposizione assieme alla figlia del fotografo: «Il Duomo, la città, la gente e la moda, senza ordine o punteggiatura. Milano diventa quinta e campo base, luogo di una danza infinita da cui De Biasi parte per tornare sempre, dedito a immortalare dalla Galleria ai Navigli, alla periferia, una città che negli anni cinquanta e sessanta si fa specchio di quell'Italia che diventa famosa in tutto il mondo». In effetti, di fronte a delle stampe d’epoca, ci simo visti a passeggio per la città, quella cantata da Gaber e Dalla, la stessa che “fa una domanda in tedesco e ti risponde in siciliano”. E noi, guardando, abbiamo camminato tra luoghi conosciuti e altri da scoprire, ma mossi da un desiderio contagioso: quello di comprendere un tempo e una cultura, le radici di un modo di vivere che avrebbe contaminato tutta l’Italia.

Non siamo qui soltanto a proporre una visita all’esposizione (che caldeggiamo), ma a sottolineare il linguaggio del fotografo di Sois (Belluno): un misto di curiosità e passione, che alla fine trabocca in un atto d’amore, quello dedicato a Milano appunto, la città che lo ha accolto e nella quale tornava volentieri alla fine dei suoi viaggi in giro per il mondo.
De Biasi non tradisce uno dei dettami della fotografia: guardare dentro se stessi, comprendere le proprie visioni, dipanare il racconto della prossimità.

Siamo soddisfatti della visita. Ne abbiamo colto uno sguardo lucido ed evocativo al tempo stesso, capace di narrare con immediatezza e originalità un momento controverso della storia d’Italia. Nelle trame ordinate dei suoi scatti abbiamo letto i cambiamenti storici e culturali del Paese, che negli anni ’50 e ’60 andava assestandosi su una rinnovata identità culturale.

Nella mostra non poteva mancare «Gli italiani si voltano», 1954, la serie fotografica, realizzata per il rotocalco Bolero Film. Partendo da un’intuizione di Zavattini, il fotografo bellunese seguì una giovane e sensuale Moira Orfei, attrice nonché erede della celebre dinastia circense, in giro per Milano, tra bar, negozi e fermate d’autobus e colse le reazioni dei passanti. L’immagine divenne ben presto un’icona dell’Italia Anni 50 e nel 1994 Germano Celant la scelse come copertina del catalogo della sua mostra al Guggenheim di New York sull’arte italiana del Dopoguerra.
Nella fotografia Moira Orfei cammina verso la Galleria Vittorio Emanuele, con l’Italia del tempo a farne da contorno. C’è ad esempio la Lambretta (del Cerutti Gino?), simbolo, insieme al bar Zucca, della Milano degli anni cinquanta. Sulla sinistra compare un’auto (presagio dei tempi che verranno) e tutta la gente si mostra per com’era (bella, a nostro giudizio). Molti sono in giacca, alcuni in doppio petto. Dalla tasca di uno degli astanti esce un quotidiano, come da abitudine dei nostri nonni.
A livello compositivo, Moira vive nel suo “teatro”; ed è la cornice a offrire valore alla fotografia tutta. Se vogliamo, l’attrice incarna l’Italia dei tempi; avanza spavalda, col suo PIL a due cifre. Stava rinascendo.
“Gli italiani si voltano” mette in mostra il grande talento del maestro di Sois, la sua capacità di raccontare l’Italia e gli italiani così come li vedeva, com’erano: reali, veri, semplici.

Rincasando, ci è venuto in mente un libro di De Biasi: Milano città imprevista. Nella memoria abbiamo riconosciuto, come nella mostra, la sensibilità del fotografo, il suo desiderio di documentare. Siamo a Milano, nel 1985. Nevica ininterrottamente dall’Epifania fino al giorno di San Modesto Martire. La città si copre di una coltre bianca mai vista, se non quarant’anni prima. Il rumore cede al silenzio, ma si continua a vivere, fino alla resa dovuta e voluta. Nulla si ferma, però occorre adattarsi, capire: guardare la città da un’ottica diversa. Mario comprende il fenomeno nella sua vastità. Esce con la sua attrezzatura, si fa accompagnare. Scala il Duomo, visita i parchi; frequenta il centro città, i Navigli. Non cerca la diversità, piuttosto sta dalla parte della neve: perché copre, invade, disegna, impedisce persino. Documenta anche il disgelo, Mario; quasi con malinconia. Si tratta di un libro dei libri, per come noi lo vorremmo oggi. Del resto, quella Milano era da bere: non dimentichiamolo.

Mario De Biasi, note biografiche

Mario De Biasi (Sois, Belluno 1923 – Milano 2013) si trasferisce a Milano a 15 anni dove diventa radiotecnico. Durante l’occupazione tedesca viene inviato a lavorare a Norimberga, dove trova per caso un manuale di fotografia e impara a fotografare da autodidatta. Tornato in Italia nel 1946 lavora presso la Magneti Marelli di Sesto San Giovanni e nel 1953 è assunto come fotoreporter dal periodico di Arnoldo Mondadori Epoca, con cui lavora fino al 1983. Durante questo trentennio realizza più di centotrenta copertine e indimenticabili reportage dall’Italia e da tutto il mondo: in Sud America, a Hong Kong, a Singapore, sull’Etna, in Africa. Rimangono celebri alcuni servizi come quello in Ungheria durante la rivolta del 1956 e quello della spedizione con Walter Bonatti in Siberia nel 1964. È molto apprezzato anche per i suoi ritratti “in maniche di camicia” ai protagonisti del tempo quali, solo per citarne alcuni, Aristotele Onassis, Ray Sugar Robinson, Andy Warhol, Marlene Dietrich, Brigitte Bardot, Alfred Hitchcock, Marc Chagall, Eugenio Montale, Claudia Cardinale.

Mario De Biasi pubblica oltre cento libri e riceve numerosi riconoscimenti internazionali. Nel 1982 riceve il premio Saint Vincent di giornalismo e nel 2003 è insignito dalla FIAF (Federazione Italiana Associazioni Fotografiche) del titolo di “Maestro della fotografia italiana”.

Il Comune di Milano riconosce la sua attività conferendogli l’Ambrogino d’oro nel 2006 e, dopo la sua scomparsa nel 2013, iscrivendone il nome nel Famedio del Cimitero Monumentale di Milano in una lapide dedicata ai “cittadini illustri, benemeriti, distinti nella storia patria”.

Le fotografie

Un vetturino in attesa di clienti in piazza Castello, Milano 1957; Archivio Mario De Biasi per Mondadori Portfolio
Passeggio sotto i portici di piazza del Duomo. Milano, 1955; Archivio Mario De Biasi per Mondadori Portfolio

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