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CINEMA E FOTOGRAFIA

Sabato 6 e domenica 7 dicembre rappresentano due date importanti per chi è appassionato d’immagine, fissa o in movimento che sia; anche se distanti negli anni tra loro. Questa volta le trattiamo assieme, anche per accarezzarne le parentele. Che la settima arte sia differente dalla fotografia è indiscutibile, certo è che cinema e fotografia si sono aiutati vicendevolmente: senza la pellicola a rullo non sarebbe esistito il film, ma senza quest’ultimo non avrebbe visto la luce il 24X36 delle fotocamere.

Il 6 gennaio 1896 fu proiettato per la prima volta il cortometraggio di Auguste e Louis Lumière “L'Arrivée d'un train à La Ciotat”. Il film non faceva parte dei dieci in programma al primo spettacolo pubblico, a pagamento, di cinematografo del 28 dicembre 1895 al Salon indien du Grand Café di Boulevard des Capucines a Parigi. Secondo la leggenda, gli spettatori fuggirono via dal cinema pensando di essere investiti dal treno.
Il filmato dura molto poco, appena cinquanta secondi; e mostra l'arrivo di una locomotiva a vapore ripresa dal marciapiede di una stazione. Attorno al convoglio c’è molta concitazione: alcune persone salgono, altre paiono aspettare chi deve scendere. Quest’ultime sono i membri della famiglia Lumière: Suzanne e Rose, la sposa e la figlia di Luis; Marguerite, la moglie di Auguste, Joséphine, seconda moglie del padre Antoine, e i nipoti Madeleine e Marcel. La presenza dei familiari potrebbe meravigliare, ma non si tratta di protagonismo, né è ipotizzabile un atteggiamento da “amatore” dei due Lumière. Si è cercato piuttosto la “realtà filmica”, quel “falso” che diventa “vero” tipico del cinema che conta.

Il 7 gennaio 1839, ai membri dell'Académie des Sciences francese furono mostrati, dallo scienziato François Jean Dominique Arago, i prodotti di un'invenzione che avrebbe cambiato per sempre la natura della rappresentazione visiva: la fotografia. Le immagini sorprendentemente precise che hanno visto erano opera di Louis-Jacques-Mandé Daguerre (1787–1851), pittore e incisore romantico fino ad allora famoso come proprietario del Diorama, un popolare spettacolo parigino con pittura teatrale ed effetti di luce. Ogni dagherrotipo (come Daguerre soprannominò la sua invenzione) era un'immagine unica su un foglio di rame placcato argento altamente lucido. Da quel gennaio 1839, il pennello non sarebbe più stato il solo a rappresentare la realtà. La «scrittura con la luce» (questo il significato del termine fotografia, declinato per la prima volta da sir John Frederick William Herschel in una lettera a Fox Talbot il 27 febbraio 1839) avrebbe trasportato il mondo in un’altra dimensione, quella dell’aderenza con la realtà.

La fotografia, da quel 1839, è cambiata nel tempo: quasi da subito, se consideriamo che il dagherrotipo è vissuto solo vent’anni. I punti di non ritorno sono stati tanti, fino al digitale di oggi. Di mezzo ci sono stati ritratti, paesaggi, reportage, moda, per una realtà interpretata e dedicata a chi volesse osservarla. Del resto Edward Steichen ebbe ragione nel dire: «Missione della fotografia è raccontare l’uomo all’uomo e ogni uomo a se stesso».

Due Parole su Louis Daguerre

Tempo addietro, prendendo spunto dal libro di Ferdinando Scianna, scrivevamo: «La fotografia avrebbe cambiato tutto, ma tante cose si erano modificate prima, con la Rivoluzione Francese e il “positivismo”, corrente filosofica, quest’ultima, fatta di scienze e misurazioni, di vero e reale. Come dire: la fotografia è arrivata al momento giusto; serviva in quel periodo storico e gli uomini la inventarono (Alberto Savinio)». Forse Louis Daguerre aveva capito e guardava avanti, con l’occhio dell’artista. Del resto deve essere stato convincente, avendo sedotto la politica e anche Joseph Nicéphore Niépce, col quale condivise gli esperimenti, stringendo persino un rapporto contrattuale. Se poi c’è una data con la quale viene sugellata la nascita della fotografia, lo si deve proprio a Daguerre e a alla Francia del tempo.

Louis Daguerre nasce il 18 novembre 1787 a Cormeilles-en-Parisis, Val-d'Oise, in Francia. Ha coltivato le sue conoscenze attraverso vari tirocini; e l’ha fatto in architettura, progettazione teatrale e pittura panoramica. Ispirato dalla camera oscura, ha cercato di trovare un modo per preservare l'immagine che crea.

Daguerre lavorava per il teatro, essendosi specializzato nel dipingere scene per l’Opéra e per i teatri popolari. Si è impegnato molto sui diorami, avendoli inventati con Charles Marie Bouton. Erano strutture che illuminate di fronte mostravano una scena e con la luce proveniente da dietro ne mostravano un'altra. Ad esempio, i treni si muovevano e poi si schiantavano o veniva mostrato un paesaggio prima e dopo il terremoto. Il primo teatro dei diorami aprì l'11 luglio 1822 e mostrava due diorami: uno di Daguerre e l'altro di Bouton, che nel tempo divennero lo standard. Differente era lo scenario proposto, con un interno per un diorama e un paesaggio per il secondo. Questi diorami non erano giocattoli, ma grandi scene quasi teatrali. Alcune erano larghe 20 metri e alte 14; e sono state guardate da un pubblico di circa 350 persone. Bouton alla fine si ritirò e lasciò il teatro del diorama a Daguerre.

Per preparare gli spettacoli, Daguerre era costretto a dipingere dei grandi quadri e spesso ricorreva alla camera oscura, onde assicurarsi una prospettiva corretta. Fu proprio la dimestichezza con lo strumento che spinse Louis verso gli esperimenti fotografici.

Niépce, un altro padre della fotografia (quello della Veduta dalla finestra a Le Gras, 1826; forse la prima fotografia) ha incontrato Daguerre più volte Ecco cosa scrisse al figlio Isidore (2 aprile 1937): «Non ho visto nulla che mi abbia più colpito, che mi abbia dato più piacere del Diorama». Il 4 dicembre 1829 Niépce e Daguerre firmavano un accordo societario per la durata di dieci anni.

Niépce aveva inventato l'eliografia che utilizzava una lastra ricoperta di bitume di Giudea che si induriva se esposta alla luce. Le parti morbide erano facili da rimuovere ma la lastra doveva essere esposta per ore o giorni e l'intero processo non era troppo pratico.
Quando Niépce morì nel 1833, Daguerre continuò con gli esperimenti e spostò la sua attenzione dal bitume ai sali d'argento, anch'essi fotosensibili. Usò un sottile foglio di rame argentato e lo espose al vapore emesso dai cristalli di iodio che gli diedero uno strato di ioduro d'argento fotosensibile sulla superficie. Questo processo chiamò dagherrotipo e all'inizio richiedeva anche lunghi periodi di esposizione per mostrare un'immagine. Successivamente ha scoperto che un'immagine invisibilmente debole (chiamata "immagine latente") che è il risultato di un'esposizione molto più breve può essere sviluppata chimicamente in un'immagine visibile se viene esposta a vapori emessi dal mercurio riscaldato a 75°C. L'immagine viene quindi fissata lavando la lastra in una soluzione satura calda di sale comune. Con ulteriori esperimenti, Daguerre ha scoperto che una soluzione blanda di tiosolfato di sodio funziona meglio ed è molto meno velenosa. L'immagine risultante è speculare e le parti scure di un'immagine hanno una superficie riflettente e devono essere mantenute in modo da riflettere il colore scuro. Erano spesso rivestiti di vetro per evitare l'appannamento che appariva se un dagherrotipo veniva esposto all'aria per troppo tempo. All'inizio l'esposizione doveva essere di 10 minuti o più, ma in pochi anni Daguerre riuscì ad accorciarla a pochi secondi utilizzando diversi prodotti chimici e “lenti veloci”.

Ricordiamo Daguerre anche con un dettaglio, perché lui scattò (se si può dire) la prima immagine fotografica (?) con degli esseri umani. Questa fu realizzata da Place de la République, guardando verso sud in direzione di Boulevard du Temple. Siamo nel 1838 e “l’impressione” viene considerata da molti esperti come la prima fotografia di Parigi. Le strade appaiono vuote, circostanza strana per quel periodo storico. A causa della lunghissima esposizione necessaria, le persone e le carrozze che transitavano non rimasero impresse. Daguerre riuscì a immortalare due uomini nella lastra: un lustrascarpe e un suo cliente, che si trovavano all’angolo della strada. I loro nomi non sono conosciuti, ma diverse fonti riportano che il cliente fosse l’assistente di Daguerre, il quale volontariamente si fece lustrare le scarpe per un periodo lunghissimo, in modo da rimanere impresso nella lastra insieme al lustrascarpe.

Louis Daguerre muore il 10 luglio 1851 a Bry-sur-Marne per insufficienza cardiaca.

Fonti:
Met Museum
Photography historybR Storia della fotografia, Beaumont Newhall. Edizione Einaudi.

Le fotografie François Jean Dominique Arago
“L'Arrivée d'un train à La Ciotat”.

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