FOTOGRAFIA DA LEGGERE …
Consueto appuntamento del lunedì con “Fotografia da Leggere”. Oggi incontriamo “Cento anni di fotografia 1839-1939”, di Lucia Moholy (Editore: Alinari 24 Ore, 1 gennaio 2008).
Abbiamo riscoperto il libro nelle “seconde file”, mettendo ordine nella biblioteca; ed è stato un piacere ritrovarselo tra le mani, anche perché lo abbiamo ricevuto in regalo da una persona cara, durante un evento. I libri spesso permettono le meraviglie dei ricordi, un po’ come le fotografie; ma quello di oggi ci offre ulteriori opportunità: rileggere la fotografia a cento anni dalla sua nascita, osservata dagli occhi di una donna coraggiosa e di talento. L’occasione è propizia, visto che proprio oggi, nel 1840, nasceva Marie Chambefort, una delle prime donne dedite al dagherrotipo, un’altra che con determinazione ha ricercato l’emancipazione in un lavoro difficile e troppo maschile: una collega di Lucia, quindi. Ci sarebbe piaciuto scrivere di lei, ma le notizie trovate erano veramente poche: sui libri e in rete.
Tornando alla pubblicazione di oggi, diciamo subito che è arricchita da una presentazione di Italo Zannier (Una storia delle fotografie “che sono dentro le nostre vite”) e da un’introduzione di Angelo Maggi, curatore dell’edizione italiana (Lucia Maholy: una donna del XX° secolo tra fotografia e conoscenza storica).
Il libro è ordinato, già nell’indice; al femminile, potremmo dire. Si parte dalle origini della fotografia (il primo capitolo), per arrivare alla sua diffusione (la conclusione). In mezzo tanti titoli espliciti, conosciuti, ma che fanno scaturire la curiosità per via del ritmo che i testi riescono a restituire una pagina dopo l’altra. Alla fine, non potevano mancare le fonti e soprattutto l’indice dei nomi, a noi molto caro per via che agevola la consultazione.
Nella postfazione si legge: «Lo scopo di questo libro è stato delineare la connessione tra fotografia e vita […]. Non si può più immaginare una vita senza fotografie: scorrono davanti ai nostri occhi e ne risvegliano l’interesse; attraversano l’atmosfera, invisibili e silenziose, per migliaia di miglia. Le fotografie sono dentro le nostre vite, come le nostre vite sono nelle fotografie».
Sinossi del libro
Nel 1939 la fotografia compie cento anni, Lucia Moholy scrive un prezioso saggio sull'argomento. A sessant'anni dalla prima edizione in inglese viene proposta la traduzione italiana di questo unico documento della Storia della Fotografia sulla Storia della Fotografia. Cresciuta fra uomini di talento e carattere, Lucia Moholy (1894-1989) avrebbe potuto timidamente riservarsi un ruolo di secondo piano o esclusivamente familiare. Anziché vivere all'ombra della gloria altrui si era assunta il compito di cogliere gli aspetti problematici del proprio tempo. Rivendicando la sua originalità poetica ha aggiunto alle molte virtù femminili la straordinaria passione per la fotografia. Dimenticata dagli studiosi più attenti e impegnati, Cento anni di fotografia 1839-1939, una delle prime storie della fotografia vergate da una donna, sintetizza l'intera esperienza critica dell'autrice nel campo della teoria dell'immagine in una visione allargata che include la grande crescita otto-novecentesca dei mezzi di comunicazione, dall'invenzione di Daguerre all'impetuoso irrompere nella modernità della fotografia per la pagina stampata.
Lucia Moholy, orgoglio di donna
“Tra moglie e marito non mettere il dito”, così recita un antico proverbio; ma le cose peggiorano quando di mezzo c’è la professione, perché anni di dominio maschile hanno sempre messo nell’ombra la coniuge, se pure eccellente. La fotografia, dicevamo giorni addietro, è stata una via vera di emancipazione per molte donne, perché non richieste al lavoro dalle esigenze industriali ed economiche del momento. Il prezzo da pagare è stato alto, però, per molte professioniste, che hanno visto morire anche i legami di coppia. E’ il caso di Lucia Moholy, che ha lottato tutta la vita per “fare da sola”, nonostante tutto. Cerchiamo di conoscerne la storia.
Non è facile essere “la moglie di” qualcuno, soprattutto se famoso, e anche in fotografia. È stato così per Lucia Moholy, una fotografa nota ai più solo per essere stata la moglie del celebre pittore e fotografo ungherese László Moholy-Nagy, uno dei massimi esponenti del Bauhaus. Molti dei suoi lavori, infatti, erano spesso attribuiti a suo marito, oppure a Walter Gropius, l’architetto tedesco fondatore della Scuola del Bauhaus. Eppure, Lucia Moholy è riuscita, a fatica, a ritagliarsi uno spazio nel mondo della fotografia, lottando per vedersi riconosciute le foto che realizzava e che costituiscono una delle più importanti testimonianze della scuola di arte e disegno che si affermò in Germania negli anni che precedettero l’avvento del Nazismo.
Da un certo momento in poi, Lucia ha deciso di operare da sola. Con l’avvento del nazismo, e la fuga di molti dalla Germania, il suo ex marito la invitò a trasferirsi negli Stati Uniti, offrendole una cattedra all’università. Lucia rifiutò. Forse non aveva più voglia di dover dipendere da un uomo, di dover essere riconoscente a colui che l’aveva sempre tenuta nell’ombra.
Lucia Moholy, di origini ebree, nasce Lucia Schulz il 18 gennaio 1894, a Praga. E’ stata una fotografa, insegnante e scrittrice, nota per il suo documentario fotografico del Bauhaus, la nota scuola tedesca di design, architettura e arti applicate.
Moholy ha frequentato l'Università di Praga all'inizio degli anni '10, ma nel 1915 ha rivolto la propria attenzione all'editoria, lavorando come redattrice per numerose case editrici in Germania. Intorno al 1919 pubblicò alcuni scritti sotto lo pseudonimo di Ulrich Steffen. Nel 1920 incontrò László Moholy-Nagy, presso la casa editrice Ernst Rowohlt di Berlino; e lo sposò nel 1921. Quando Moholy-Nagy divenne insegnante nel 1923 alla Weimar Bauhaus, la scuola di design dell'architetto Walter Gropius (fondata nel 1919), Lucia lo raggiunse a Weimar e divenne apprendista nello studio fotografico Bauhaus di Otto Eckner. Dal 1925 al 1926 studiò anche all'Accademia di arti grafiche e librarie di Lipsia, diventando esperta in fotografia e processi di camera oscura. A quel tempo non era ancora stato istituito un corso formale di fotografia al Bauhaus. Allestì la sua prima camera oscura nel 1926, nella casa che condivideva con Moholy-Nagy al Bauhaus.
Moholy ha trascorso i suoi cinque anni al Bauhaus documentando gli spazi interni ed esterni delle sue strutture e le attività della comunità, nonché la produzione creativa dei suoi insegnanti e studenti. Allo stesso tempo, ha collaborato con Moholy-Nagy in camera oscura, sperimentando processi per la creazione d’immagini. Nelle pubblicazioni che hanno documentato la loro sperimentazione, tutto il merito è stato attribuito a Moholy-Nagy. Quella mancanza di riconoscimento divenne motivo per la lotta che Lucia Maholy condusse per tutta la vita.
Nel 1928 Lucia e László lasciarono entrambi il Bauhaus per Berlino, e nel 1929 la coppia si separò (i due avrebbero divorziato nel 1934). Dal 1929 al 1933 Lucia Maholy insegnò fotografia a Berlino, in una scuola d'arte privata diretta dall'artista svizzero ed ex insegnante del Bauhaus Johannes Itten. In seguito, si stabilì a Londra (1934), dove aprì uno studio di ritrattistica commerciale.
Per Lucia, gli anni di pratica circa la fotografia le erano stati preziosi, avendole insegnato i metodi della riproduzione fotomeccanica, che, durante la seconda guerra mondiale, ha utilizzato nella sua posizione presso l'Associazione delle biblioteche speciali e degli uffici d’informazione per ottenere dei microfilm (la copia fotografica di documenti su scala ridotta) presso la London Science Museum Library. Ha anche partecipato (c. 1946–57) a progetti archivistici con l'UNESCO, dove ha impiegato diversi metodi avanzati di reprografia.
Alla fine degli anni '30 scrisse una storia della fotografia, “A Hundred Years of Photography” (1939), la prima del suo genere in inglese. I suoi contributi nel campo della fotografia furono riconosciuti ufficialmente nel 1948, quando fu nominata membro della Royal Photographic Society britannica. Nel 1959 andò in pensione e si trasferì in Svizzera, dove trascorse il resto della sua vita scrivendo critiche d'arte per The Burlington Magazine e un libro sul suo lavoro al Bauhaus.
Le fotografie di Moholy del Bauhaus degli anni '20 hanno svolto una funzione fondamentale nella costruzione dell'identità della scuola e nello stabilirne la reputazione. Le immagini sono state utilizzate nei libri su Bauhaus e nei materiali di marketing della scuola. Quando lasciò la Germania nel 1933, Lucia aveva affidato i propri negativi su vetro a Walter Gropius (fondatore e direttore della Bauhaus) perché li custodisse, che invece ha proceduto a utilizzarli senza accreditarla, come, ad esempio, in una mostra del 1938 sul Bauhaus organizzata dal Museum of Modern Art di New York City. Gropius aveva fornito quasi 50 fotografie di Lucia al museo, che le ha utilizzate nella mostra stessa e nel catalogo di accompagnamento, completamente senza crediti. Sebbene la fotografa abbia tentato ripetutamente di recuperare i suoi materiali originali, non è riuscita a mettere le mani su nessuno di essi fino agli anni '60, e anche allora ne ricevette solo un numero limitato. A quel punto, ha tentato retroattivamente, con un certo successo, di rivendicare le immagini che erano state stampate e utilizzate senza il suo permesso. Quella circostanza è stata un grande impulso per la pubblicazione da parte sua di Moholy-Nagy Marginal Notes (1972), in cui ha cercato di mettere le cose in chiaro sulla sua collaborazione alla rivoluzionaria sperimentazione fotografica al Bauhaus, che fino a quel momento era stata attribuita solo a Moholy-Nagy.
Come molte delle donne coinvolte nella comunità Bauhaus, dominata dagli uomini, Lucia Moholy è stata in gran parte esclusa dalle storie della scuola, sebbene molte di queste siano state illustrate nelle sue fotografie. Da allora il suo nome è stato resuscitato come centrale nel dare vita all'immagine del Bauhaus.
Lucia Maholy muore il 17 maggio 1989 a Zurigo, in Svizzera
Le fotografie
Autoritratto, Lucia Moholy 1930. Archivio Bauhaus di Berlino.
Copertina del libro “Cento anni di fotografia 1839-1939”, di Lucia Moholy (Editore: Alinari 24 Ore, 1 gennaio 2008).