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UN GIORNO IN PIU’

L’anno bisesto non concede divagazioni, perché cade ogni quattro anni. Incontreremo ancora Gioacchino Rossini, ma fotografato da Étienne Carjat e non da Felix Nadar, come accadde anni addietro.

Nel mondo anglosassone l’anno bisestile viene definito proprio “Leap year”, anno del salto. Tra l’altro, il 29 febbraio le ragazze possono chiedere al fidanzato di sposarle. Se lui non accetta, è costretto a regalare 12 paia di guanti: servono per nascondere la mano della fidanzatina rimasta ancora senza anello.
L’anno bisestile non è mai stato visto di buon grado. “Anno bisesto, anno funesto”, dicono ancora i vecchi; e pare che tutto derivi dalla tradizione degli antichi Romani, che dedicavano il 29 febbraio ai defunti. Ci sono anche altri detti meno conosciuti, ma la sostanza non cambia: “anno bisesto tutte le cose van di traverso” e “anno bisestile chi piange e chi stride”.

Come dicevamo, l’anno bisesto ha sempre avuto un rapporto molto stretto con la superstizione e la sfortuna. Non tutte le culture però danno un’accezione negativa all’anno bisestile. Ad esempio, in Irlanda è considerato propizio il giorno del 29 febbraio, meglio conosciuto come Bachelor day, nel quale, come abbiamo visto, le ragazze chiedono ai loro partner di sposarle.
Si suppone che la tradizione abbia origine da un patto che Santa Brigida stipulò con San Patrizio. Si dice che Brigida sia andata da Patrizio per lamentarsi del fatto che le donne dovevano aspettare troppo tempo per sposarsi, perché gli uomini erano lenti a fare la proposta. Si dice che Patrick abbia offerto alle donne il permesso di fare la proposta di matrimonio un giorno ogni sette anni, ma Bridget lo convinse a farlo un giorno ogni quattro.

Le proposte di matrimonio a fine febbraio erano poi incoraggiate perché risultava indesiderabile non essere sposati durante la Quaresima, per via del divieto a congiungersi in matrimonio durante l'osservanza quaresimale. Le persone che erano single entro Pasqua venivano pubblicamente nominate nelle Skellig Lists, Il termine deriva dal nome delle Isole Skellig e in particolare della più grande, Skellig Michael, dove si credeva che la Quaresima iniziasse più tardi rispetto al resto dell'Irlanda, offrendo un'ultima opportunità per sposarsi rapidamente.

Gioacchino Rossini, note biografiche

Gioacchino Rossini nasce a Pesaro il 29 febbraio 1792, come figlio d’arte: suo padre suonava in orchestra, mentre la madre era cantante d'opera. Precoce come talento musicale, studia al Conservatorio di Bologna, dove approfondisce le opere di Cimarosa, Haydn e Mozart.

A vent'anni già scrive "opere buffe" e "opere serie", mostrando freschezza e vitalità. A quel tempo la distinzione tra i due generi era molto rigida: l'Opera seria esclude le scene allegre e divertenti, mentre l'Opera buffa assume i toni della "Commedia dell'arte". Ne sanno qualcosa i compositori Christoph Willibald Gluck (1714-1787) e Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791): il primo votato al genere serio, il secondo più vicino all’opera buffa, anche se con pagine di grande respiro musicale. Rossini sovvertirà questi luoghi comuni operistici, con forza e vitalità.

"Tancredi" e la “Italiana in Algeri" sanciscono il successo del musicista pesarese, che diventerà molto popolare. A vincere è la sua vivacità, la melodia e anche una teatralità tutta propria. Diviene popolarissimo grazie all'irresistibile vivacità dei suoi ritmi, alla bellezza delle melodie e all'irrefrenabile vena e vigore teatrale che circolano nelle sue composizioni.

Dal 1816 al 1822 Rossini è a Napoli, dove costruirà anche una solida fortuna finanziaria. Ha a disposizione quanto di meglio possa desiderare: un teatro tutto suo, una buona orchestra e grandi cantanti. In questo contesto nasce "Semiramide", l'ultima opera del suo periodo italiano, ricca di novità musicali. A Napoli Rossini incontra l’amore e sposa il soprano Isabella Colbran, spagnola. La vocalità di quest’ultima contribuirà al successo delle sue partiture.
Tra le opere del maestro pesarese ricordiamo anche: “La gazza ladra”, “La Cenerentola”, “Il barbiere di Siviglia”; quest’ultima parente stratta delle “Nozze di Figaro” mozartiane. Entrambe nascono dalla commedia del francese Pierre Beaumarchais (1775). A noi piace ricordare anche il “Gianni Schicchi”, geniale opera sull’astuzia, un gioiellino da gustare.

Dopo un soggiorno a Vienna e Londra, nel 1824 Rossini si reca a Parigi, dove rappresenta le sue opere migliori adattandole ai gusti della società parigina. Poi con il "William Tell" (Guglielmo Tell) affronta un nuovo soggetto romantico, in un’opera ricca di effetti scenici, balletti e masse corali. L’ouverture è straordinaria.
Al culmine del successo (anche economico) Rossini chiude l’attività operistica. Resta ancora a Parigi, ma nel 1836 fa ritorno a Bologna, stanco e provato, per spostarsi poi a Firenze. Rientrato a Parigi nel 1855 riprende, compone brevi pezzi da camera.

Rossini muore a Passy il 13 novembre 1868.

Il fotografo, Étienne Carjat

Come il suo amico Nadar, Étienne Carjat era tanto giornalista e caricaturista grafico quanto fotografo. Carjat iniziò a fotografare intorno al 1855. Sei anni dopo, aprì uno studio a Parigi, ricevendo diversi riconoscimenti per i suoi ritratti: una menzione d'onore in un salone di Londra (1862), premi a Parigi (1863-1864), Berlino (1867) e all'Esposizione Universale di Parigi (1867). Eppure non si dedicò mai con tutto il cuore alla fotografia; continuando invece a curare riviste e a disegnare caricature per la stampa popolare.

Pochi soggetti, oltre alla ritrattistica, attrassero Carjat. Fece centinaia di cartes-de-visite, ma le sue erano nettamente diverse da quelle di Disdéri e di altri fotografi, essendo più essenziali e scarne. Piuttosto che posare con pilastri e drappeggi, i soggetti di Carjat si facevano fotografare su fondali semplici, perché risultassero palesi il gesto e l'espressione. Nei ritratti di grande formato, come quelli di Charles Baudelaire e Gioacchino Rossini, solo la postura e l'espressione drammatica trasmettono l'interpretazione del ritrattista. In effetti, il talento di Carjat nel catturare lo spirito dei suoi soggetti celebri spesso eguagliava o superava quello del suo contemporaneo più noto, Nadar, che dipendeva molto dall'illuminazione laterale drammatica. I due uomini sono generalmente considerati i maestri della fotografia di ritratto in Europa nel terzo quarto del XIX secolo.

Étienne Carjat nasce a Fareins il 28 marzo 1828 e muore a Parigi il 19 marzo 1906.

Le fotografie

Étienne Carjat, autoritratto 1865 circa
Gioacchino Rossini, 1865. Ph. Étienne Carjat

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