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L’INVENZIONE DEL NYLON

Il 28 febbraio 1935 viene inventato il nylon ad opera di Wallace Hume Carothers, un chimico statunitense. La resina sintetica dal dopoguerra in poi ha avuto enorme diffusione, in particolare sotto forma di fibra tessile.

Il riferimento alle calze da donna sorge spontaneo, per le molte icone che ci hanno regalato fotografi del calibro di Jeanloup Sief, Helmut Newton e molti altri.

Anche il cinema ha esaltato il tema delle calze, con molte immagini diventate famose. E’ il caso, ad esempio, di Riso Amaro, diretto da Giuseppe De Santis (1949). Nel film, di fianco a Vittorio Gassman, recita una giovanissima Silvana Mangano nei panni di una mondina. In una scena l’attrice veste delle calze nere tenute a metà coscia.
Tornando al cinema, possiamo affermare come le calze siano state il capo di abbigliamento intimo più vestito e svestito sullo schermo. Le trame le proponevano come una forma di rito: la gestualità del vestire la calza e di toglierla, spesso suscitando scandalo.
Guardando a ritroso, la scena che è rimasta impressa nell’immaginario collettivo è quella di Sophia Loren che fa lo spogliarello davanti a Marcello Mastroianni in Ieri, oggi, domani (1963), per la regia di Vittorio de Sica, sequenza poi replicata nel film di Robert Altman Prêt-à-porter, trent’anni più tardi (1994).
Ovviamente non possiamo dimenticare la scena de Il Laureato, dove Anne Bancroft indossa le calze facendole scivolare lungo la gamba, incantando il giovane Dustin Hoffman: un’immagine cult che ritroviamo nella stessa locandina del film.
E poi ci sono le gambe in autoreggenti di Laura Antonelli, in Malizia di Salvatore Samperi (1967), dove l’attrice è la domestica procace che turba i sogni dell’adolescente Alessandro. Sempre di quegli anni è il film Bella di giorno per la regia di Luis Buñuel con Catherine Deneuve, Jean Sorel e Michel Piccoli.
E non finisce qui, perché vanno ricordate le calze a rete di Marilyn Monroe in Fermata d’autobus (film del 1956) e quelle con la riga di Marlen Dietrich in L’angelo azzurro. Del resto lo stesso Mel Gibson non resiste al fascino dei collant in “What the Women Want”.

Insomma il cinema ci ha regalato momenti in cui poter sognare e fantasticare, di fronte a bellezze di ogni tipo, sensuali e femminili, il più delle volte non volgari. Le calze hanno avuto il loro ruolo fondamentale, capaci di far diventare le donne portatrici di fascino. Ss ne accorse anche Woody Allen, che ebbe modo di dire: «Ho sognato di essere il collant di Ursula Andress».

Wallace Hume Carothers, note di vita

Wallace Hume Carothers nacque il 27 aprile 1896 a Burlington, nell’Iowa (USA).
Frequentò il Capital City Commercial College di Des Moines, Iowa, studiando contabilità e amministrazione di segreteria. Ha poi frequentato il Tarkio College nel Missouri per conseguire una laurea in chimica. Dopo un anno d’insegnamento presso l'Università del South Dakota, si trasferì all'Università dell'Illinois, dove conseguì il dottorato nel 1924.

Da giovane docente all’Università di Harvard, Carothers stava già portando avanti la ricerca sui polimeri quando Charles Stine della DuPont lo reclutò per il programma di ricerca fondamentale che lui stava organizzando. Elmer K. Bolton, il capo immediato di Carothers, gli chiese a di indagare sulla chimica di un polimero di acetilene che avrebbe potuto portare a una gomma sintetica.

Nell’aprile 1930 uno degli assistenti di Carothers, Arnold M. Collins, isolò un nuovo composto liquido, il cloroprene, che polimerizzò spontaneamente per produrre un solido gommoso. Il nuovo polimero era chimicamente simile alla gomma naturale, il che incoraggiò Bolton a sfruttarlo. Il neoprene, come veniva chiamato il prodotto, divenne la prima gomma speciale di successo commerciale, anche se mai economica.

Subito dopo questa scoperta un altro socio di Carothers, Julian W. Hill, creò una fibra sintetica forte ed elastica mentre cercava di produrre super-polimeri ad alto peso molecolare facendo reagire glicoli e acidi dibasici con acidi forti a pressione ridotta in un distillatore molecolare.
I primi poliesteri risultanti non erano però commercialmente validi. Bolton incoraggiò Carothers a non rinunciare. Quando riprese il lavoro, all'inizio del 1934, lui e il suo team usarono ammine anziché glicoli per produrre poliammidi anziché poliesteri. Le poliammidi sono proteine sintetiche e sono più stabili dei poliesteri, che sono strutturalmente simili ai grassi e agli oli naturali. Il gruppo di Carothers scoprì presto un’eccezionale fibra poliammidica, in seguito denominata nylon.

Negli anni che seguirono, la creatività scientifica di Carothers fu paralizzata da un peggioramento degli attacchi di depressione che alla fine lo portarono al suicidio nell’aprile del 1937, proprio quando la vera portata della scoperta del nylon stava diventando evidente. Bolton aveva deciso di commercializzarlo, puntando innanzitutto a conquistare il redditizio mercato delle calze di seta con prodotti alternativi realizzati con la fibra sintetica. Altre applicazioni sarebbero arrivate più tardi.

Il nylon entrò in produzione nel 1939 e l'esposizione delle nuove calze fece scalpore alla Fiera Mondiale di New York di quell'anno. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale, il nylon venne requisito per scopi bellici, come ad esempio per realizzare le coperture dei paracadute. Una volta finita la guerra, le vendite ai consumatori civili salirono alle stelle.

Wallace Hume Carothers morì il 29 aprile 1937 a Filadelfia, in Pennsylvania (USA).

Il fotografo Matteo Chinellato, note biografiche

Matteo Chinellato nasce a Venezia il 24 luglio 1974. La sua passione per la fotografia prende vita attraverso il padre, restauratore d'arte, per il quale usa macchine fotografiche analogiche, documentando i restauri su dipinti e altri oggetti artistici che arrivano presso il laboratorio. A circa 10 anni riceve in regalo una Mupi M6, con la quale inizia a scattare le prime fotografie. Verso il 1985, con la visita di Papa Giovanni Paolo II a Venezia, usa per la prima volta una Pentax MX con zoom e produce i primi lavori di "cronaca". Da quel momento la passione per la fotografia sarà totale.
Dopo essersi diplomato come Maestro d'Arte d'Oreficeria presso l'Istituto d'Arte di Venezia, s’iscrive all'Università in Beni Culturali, ma dopo soli due anni abbandona gli studi a causa del servizio di leva. In questi due anni di Università incontrerà un personaggio chiave della fotografia, quel prof. Italo Zannier che gli farà conoscere la Storia della Fotografia. Con lui resta ancora una solida amicizia.
Verso il 1997 inizia ad aiutare i suoi genitori fotografando quelle opere che arrivano continuamente presso il laboratorio di restauro, come documentazione fotografica del proseguimento dei lavori. Sarà anche il fotografo ufficiale durante l'allestimento delle mostre presso la Fondazione Giorgio Cini di Venezia.
Nel 2009 passa dalla fotografia amatoriale a quella professionale, specializzandosi in micro-macro fotografia mineralogica-gemmologica, natura, aeronautica, cinema e cronaca.
Accreditato a diversi eventi importanti di Venezia (Mostre del Cinema, America's Cup, Visita Pontificia etc.) diventa collaboratore di Getty Images, CorbisImages e PhotoShot, oltre che di varie testate come il Corriere della Sera - Veneto.
Nel 2014, con la collaborazione del prof. Zannier, espone la prima personale dedicata a Venezia, con un ottimo successo di pubblico. Diverse sue fotografie si trovano nelle collezioni private di vari famosi fotografi italiani. Nel settembre 2014 ha esposto la sua seconda personale dedicata alla Mostra del Cinema di Venezia e nel novembre 2014 una terza dedicata alla Grande Guerra.

www.chinellatophoto.it

Il fotografo Davide Cerati

Per raggiungere il suo studio ci facciamo aiutare dal navigatore. Siamo in piena Brianza, a Mariano Comense: dove l’operosità la tocchi con mano e la comprendi con gli occhi. Davide Cerati ci aspetta sulla soglia, con cortesia innata. Spesso per capire delle persone basta poco, o forse ci illudiamo che sia così; di certo gli spazi dello studio sono abitati da una persona “complessa”, per la quale nulla è scontato: C’è una cinepresa sul treppiede, un pezzo di Vigorelli in libreria, poi tanti ritratti sulle pareti, tutti provenienti da una mostra costruita e curata su duecento immagini di altrettante persone. Davide ci spiega di sé e della sua vita, sempre orientata alla ricerca del nuovo. La sensazione è che lui condivida due esistenze, parallele tra loro: la prima dedicata alla professione (o alla comunicazione, come dice lui), la seconda indirizzata alla ricerca e al nuovo, all’espressività delle sue fotografie.

E’ una brava persona, “Il Cerati”; ci dice che, delle due assistenti in studio, una è con lui da tredici anni, l’altra da venti! Evidentemente nel suo modo di lavorare (e ricercare) vive anche tanto equilibrio: dove tutti i valori personali vengono messi in gioco, non soltanto quelli tecnici o estetici. Questo comportamento, forse, ha un corrispettivo anche nel ritratto: perché per posare occorre fiducia nella persona che si ha di fronte, prima ancora che nel fotografo.

Davide Cerati è un autore impegnato su più fronti e stili. Dopo il diploma in Comunicazione Visiva, inizia a lavorare nel cinema e in tv come operatore e assistente direttore della fotografia. Fotografo professionista dal 1985, lavora nel campo dell’immagine pubblicitaria su set di moda, design, food, ritrattistica. Le sue fotografie sono pubblicate sui più importanti magazine. Da sempre, parallelamente all’attività commerciale, Davide si dedica alla ricerca personale e artistica, per la quale ha ricevuto premi internazionali in Italia, Francia, Stati Uniti. Tiene seminari e workshop per fotografi professionisti in Italia e in Europa. La giuria della FEP (Federation of European Photographer), nel 2009, ha riconosciuto a Davide il MasterQEP.

Le fotografie

Matteo Chinellato, la riga della calza
Le calze di Davide Cerati

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