Skip to main content

IL PRIMO KING KONG

2 marzo 1933, il film King Kong viene presentato per la prima volta a New York. L’interprete è un gorilla alto dieci metri, sopravvissuto sull’isola del Teschio all’estinzione dei dinosauri. Si ritroverà tra i grattacieli di New York, dove, per amore di una donna, si compie il suo tragico destino.
Alla prima, il pubblico americano reagì con entusiasmo, meravigliato dagli effetti speciali e dalla trama romantico-avventurosa. I due aspetti collocano il film tra i capolavori assoluti della storia del cinema. La pellicola ispirò un remake nel 1976, prodotto da Dino De Laurentiis e premiato con l’Oscar per i “migliori effetti speciali” (curati dall’italiano Carlo Rambaldi).

La trama di King Kong è semplice, anche se spesso viene tralasciata. Carl Denham è un avventuroso produttore di documentari e ingaggia una giovane disoccupata di New York, Anna, come attrice. I due partano per l’isola del Teschio La donna verrà rapita dagli indigeni locali, per essere data in pasto alla loro divinità, King Kong appunto, il quale però, anziché uccidere la ragazza la porta con sé, innamorandosene. Il gorilla finirà per essere catturato e messo in mostra a New York, ma dopo essersi liberato scatenerà la paura fra gli spettatori.
L’affetto di King Kong per Anna lo rende umano. Ecco perché gli spettatori finiscono per amarlo, anche perché tutto quello che lui mette in atto prima di essere ucciso è frutto dell’amore per Anna, che ricerca disperatamente. Il destino del gorilla è figlio della sua condizione di mostro, ma soprattutto del sentimento che nutre per la donna, il che arricchisce la trama della pellicola.

Si contano almeno otto film a tema King Kong, che quindi diventa quasi un eroe del cinema. Peraltro le pellicole sono state girate in epoche differenti e distanti tra loro: si va da Il trionfo di King Kong, del 1962, fino a Kong Skull Island del 2017.

Nel 1976 arriva il primo vero remake prodotto da Dino De Laurentiis, che ripropone la storia originale con Jeff Bridges, Charles Grodin e Jessica Lange (l’attrice della quale parleremo) nei ruoli dei protagonisti. Viene ricordato per gli effetti speciali di Carlo Rambaldi, premiati anche con un Oscar.

Jessica Lange, attrice e fotografa per passione

(Da Image Mag Luglio - Agosto 2018)
Jessica Lange nasce il 20 aprile 1949. L’attrice è sempre stata appassionata di fotografia. Il suo amore per lo scatto parte da lontano. Già nel 1967 studiava arte e fotografia all’Università. La recitazione l’ha allontanata dalla dedizione antica, portandola in giro per il mondo: in Spagna e Parigi in primis.
“Il postino suona sempre due volte”, però: perché vuole essere sicuro che lo sentano. E la passione non poteva tardare a farsi percepire ancora, come nel destino del film con Jack Nicholson. Il complice del ritorno di fiamma è stato Sam Shepard, commediografo, attore e compagno di vita della bella Jessica; conosciuto nell’anno di Tootsie (1982).
Ecco quindi le fotografie dell’attrice, organizzate in varie mostre. Per lo più sono in bianco e nero, quello sgranato anni ’70 per intenderci. Possiamo dire che la Lange è riuscita a ribaltare all’esterno l’arte di “essere guardata”, cogliendo appieno il mistero della fotografia: quella intima, che parte da dentro. Si guarda la realtà, scrutandola; si coglie un soggetto, senza conoscere chi è e nemmeno colui che guarderà quell’immagine.
Tante storie s’inseguono, numerose emozioni: dallo scatto al guardante, passando per il soggetto. Quante domande potrebbero sorgere: tutte senza una risposta. La fotografia, in questo caso, fa rima con la vita: un mistero anch’essa. Un uomo entra per caso nell’esistenza di una coppia e succede il finimondo, come nel film del “postino”. Amore e morte s’inseguono, quando solo il destino sarà in grado di offrire una sentenza: quella di un secondo trillo, del richiamo all’ordine, forse della stessa parola “fine”.

Il fotografo Simon Chaput, note biografiche

Nato in Francia nel 1952, Simon Chaput ha una passione per la fotografia da quando suo padre gli ha regalato una macchina fotografica Kodak Brownie per il suo ottavo compleanno. Da giovane divorava pubblicazioni fotografiche e imparava da autodidatta a scattare e ad allestire la propria camera oscura in modo da poter stampare le sue fotografie. Avrebbe voluto studiare fotografia alla scuola secondaria, ma a causa vari di ostacoli, incluso il servizio militare francese, il suo desiderio di diventare fotografo venne contrastato fino alla tarda età. Fu solo a New York, dove si era trasferito nel 1983, che trovò di nuovo l'ispirazione per iniziare a scattare e concentrarsi sulla sua fotografia.

Durante il primo mese dal suo arrivo nel 1983, incontrò Jeanne Claude e Christo che divennero amici, mentori, famiglia, ispirazioni e collaboratori. Simon ha iniziato a lavorare sui loro progetti, ricoprendo diversi ruoli a seconda delle necessità; spaziando dal direttore dei loro uffici a Parigi per “Pont Neuf Wrapped”, allo scouting e al coordinamento per gli “Umbrellas” in Giappone e California, al “Wrapped Reichstag” a Berlino, al “Wrapped Trees” in Svizzera, “The Gates” a New York City e “The Floating Piers” in Italia. Durante questi progetti, ha trovato il tempo per fotografare i partecipanti e il processo di realizzazione di queste opere d'arte su larga scala mentre ne faceva parte.

Mentre lavorava ai progetti di Christo, ha iniziato a scattare per se stesso. Nel 1987, Simon si recò in Tibet, che si era appena aperto agli stranieri come roccaforte cinese, e iniziò un lungo periodo di lavoro documentaristico che lo avrebbe portato ad altri viaggi fotografici in tutto il mondo. L'entroterra australiano e il sud-ovest americano sarebbero stati i suoi due luoghi successivi in cui avrebbe continuato la sua personale ricerca sul paesaggio, concentrandosi sulla forma panoramica. Più tardi, nel 1995, partì per un viaggio attraverso l'India per seguire le orme del Buddha.
Il lavoro documentario che gli è stato commissionato include il “Rally dei Faraoni” in Egitto nel 1990, le cui foto sono apparse sullo Smithsonian Air and Space Museum Magazine (aprile 1991). Nel 1991, è stato invitato a un viaggio sponsorizzato dalle Nazioni Unite per documentare la situazione ecologica in Perù, in preparazione della Conferenza di Rio incentrata sull'ambiente.

Nel 1991 inizia il primo di numerosi rapporti di lavoro con registi di documentari, girando sul set di “Liberators” con Nina Rosenblum. Avrebbero continuato a lavorare insieme su altri due film "Women Photographers" e "In search of Pitt Street", tutti incentrati su argomenti di coscienza sociale. Nel 1993, Simon si è ritrovato a lavorare con il regista Gaetano Maida su due film sull'insegnante buddista Thich Nhat Hanh, che hanno portato Simon a diventare il fotografo principale dell'insegnante. Le foto di Simon sono state pubblicate in oltre 20 libri di Thich Nhat Hanh, incluso "The Joyful Path" (Parallax Press 1994).

Nel 1996, ha iniziato la sua prima serie personale “New York”, fotografando l'architettura della città. Questo lavoro è davvero ciò che ha dato inizio al suo stile distintivo di astrarre le immagini giocando con lo spazio negativo e prestando particolare attenzione alla composizione. Questa serie può anche essere considerata un lavoro documentario, a causa dei cambiamenti della città nel corso degli anni. Le sue straordinarie immagini del World Trade Center sono diventate iconiche e venerate, tanto quanto gli edifici stessi prima che venissero distrutti. Nel 2006, il Brooklyn Museum ha acquisito una delle sue foto di questo lavoro per la mostra collettiva “Looking Back from Ground Zero”.
(Fonte: sito ufficiale del fotografo).

Le fotografie

Una scena di King Kong, 1933
Jessica Lange fotografata da Simon Chaput

Like what you see?

Hit the buttons below to follow us, you won't regret it...