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THE JOSHUA TREE

9 marzo 1987, gli U2 incidono "The Joshua Tree". L’album ha vinto il premio Grammy Award del 1988 e occupa il 26° posto nella classifica dei 500 migliori album redatta dalla rivista musicale Rolling Stone.

15 luglio 2017. Lo Stadio Olimpico di Roma si stava riempiendo lentamente. Sul palco, come spalla, aveva iniziato a cantare Liam Gallagher. Chi scrive fortunatamente non provava alcun imbarazzo, perché tra gli spettatori non c’erano solo ragazzini, ma persone di tutte le età. Sulle note di “Wonderwall”, l’atmosfera iniziava a scaldarsi. Aspettavamo loro: gli U2, quelli di Bono e The Edge, una voce e una chitarra.
Il caldo estivo non era opprimente, come spesso capita a Roma, dove il ponentino rinfresca le serate. Del resto, la capitale restituisce sempre una sua magia, olimpica potremmo dire, con quel tramonto rossastro che dipinge le nubi.
Eccoli i quattro irlandesi. La gente canta con loro, all’unisono. I cellulari sono tutti accesi, non più gli accendini come accadeva un tempo. Con “Where the Streets Have No Name” il palco si accende ulteriormente e un filmato scorre sullo schermo: una lunga strada senza nessuno. Poi arriva il brano dell’amore: With Or Without You. Ogni spettatore solleva una tessera e lo stadio si trasforma in un immenso mosaico raffigurante l'albero di Joshua, quello del disco. Oggi l’emozione diventa ricordo, e anche nostalgia; perché difficilmente chi scrive potrà vedere un altro concerto con la figlia, ormai adulta. Il tempo passa.

The Joshua Tree è sicuramente il disco che ha aperto agli U2 le porte del mondo. L’album all'interno contiene alcune delle canzoni più belle mai scritte dalla band irlandese; tra queste With Or Without You, un brano d'amore, speranza e consolazione. Nel testo si racconta di una relazione tormentata dalla quale è difficile scappare. Un uomo è combattuto nella scelta tra il suo amore per una donna che promette di vivere sempre al suo fianco e l’attrazione per un'altra che di continuo esaspera i suoi pensieri.

Quando chi scrive era a Roma per il concerto, The Joshua Tree, forse il disco più importante degli anni ottanta, compiva trent’anni; e suonava ancora bene. Il merito va ascritto alla band irlandese, che ha fatto della ricerca musicale la propria peculiarità. Prima di loro ci sono stati i Beatles e i Pink Floyd, in due decenni successivi. Circa le sonorità, però, gli U2 si sono presentati come degli innovatori rivoluzionari, particolarmente per quanto attiene alla chitarra di The Edge: l’anima musicale dei quattro.

Spendiamo due parole su With Or Without You, scritta da Bono a fine 1985. La prima versione non venne accolta con entusiasmo dagli altri membri del gruppo. The Edge la considerava "orribile". La band cercò in ogni modo di mettere mano alla canzone, nonostante Bono fosse contrario; e tra i quattro stava emergendo l’idea di non inserirla nell’incisione che stavano producendo.
La svolta arrivò grazie a The Edge e a una particolare chitarra, l’Infinite Guitar, che consentiva di riprodurre una certa nota "all'infinito" pur continuando a suonare un riff. Fu l'utilizzo di questa particolare chitarra che cambiò per sempre il destino del brano. Bono quando sentì l'effetto creato da The Edge disse: «Gesù, è meglio di quanto pensassi». La band ha sempre considerato la registrazione di With Or Without You come uno dei momenti di svolta, poiché venne incisa in un momento nel quale serpeggiava la paura di aver esaurito le idee.

Guido Harari, fotografia e musica

Guido Harari nel 2011 ha fondato ad Alba, dove risiede, la Wall Of Sound Gallery, la prima galleria fotografica in Italia interamente dedicata alla musica. Noi non ci siamo stati, ma da essa prendiamo spunto per parlare qui del suo essere fotografo, convinti come siamo che solo lui poteva organizzare un’esposizione di immagini a carattere musicale.

Una domanda sorge comunque spontanea: esiste un dualismo tra musica e fotografia? Se sì, quali sono i punti di contatto? Sta di fatto che la realtà, quella di Guido, non è bivalente. Musica e fotografia vivono nello stesso spazio, mescolandosi. La galleria di Alba ne è una testimonianza diretta.
C’è dell’altro, comunque; e su più ambiti. Molte volte sentiamo parlare di passione, ma spesso questa scalda, motiva, induce, esalta; non andando oltre. Per molti resta uno spazio invalicabile tra l’esistere e il percepire, come se quel sentimento rappresentasse unicamente uno strumento da utilizzare alla bisogna. Per Guido non è così: lui della passione si nutre, vive, opera. Non a caso, le sue idee vanno oltre, anche al di là dello spazio temporale della sua vita. Ci dice che vorrebbe essere nato prima, per trovarsi “in fase” con gli anni ’60. No, non si tratta di un rimpianto, bensì di un riflesso nato da uno sguardo allargato: sempre propenso all’oltre, alla scintilla che illumina l’anima.
Per finire, ecco il ritratto: che lui ama sin dal contatto col soggetto, dall’incontro con lui. Spesso lo chiude con l’inquadratura, perché gli piace esserci, per sentirsi percepito. E allora la forza è tutta lì: tra piccolo e grande, tra dentro e fuori, tra interiore ed esteriore. Lui, Guido, cerca sempre; nutrendosi di passione. Sta a noi cercarla, magari in un ritratto chiuso: per giunta in B/N. C’è un moto perpetuo nel creare del nostro, un movimento continuo. Saltiamoci sopra, anche solo per capire.

Guido Harari, note biografiche

Guido Harari nasce al Cairo (Egitto) nel 1952. Nei primi anni Settanta avvia la duplice professione di fotografo e di critico musicale, contribuendo a porre le basi di un lavoro specialistico, sino ad allora senza precedenti in Italia. Dagli anni Novanta il suo raggio d'azione contempla anche l'immagine pubblicitaria, il ritratto istituzionale, il reportage a sfondo sociale. Dal 1994 sono membro dell'Agenzia Contrasto. Ha firmato copertine di dischi per Claudio Baglioni, Angelo Branduardi, Kate Bush, Vinicio Capossela, Paolo Conte, David Crosby, Pino Daniele, Bob Dylan, Ivano Fossati, BB King, Ute Lemper, Ligabue, Gianna Nannini, Michael Nyman, Luciano Pavarotti, PFM, Lou Reed, Vasco Rossi, Simple Minds e Frank Zappa, fotografato in chiave semiseria per una storica copertina de «L’Uomo Vogue». È stato per vent’anni uno dei fotografi personali di Fabrizio De André. Ha al suo attivo numerose mostre e libri illustrati tra cui Fabrizio De André. E poi, il futuro (Mondadori, 2001), Strange Angels (2003), The Beat Goes On (con Fernanda Pivano, Mondadori, 2004), Vasco! (Edel, 2006), Wall Of Sound (2007), Fabrizio De André. Una goccia di splendore (Rizzoli, 2007).
Di lui ha detto Lou Reed: "Sono sempre felice di farmi fotografare da Guido”. “So che le sue saranno immagini musicali, piene di poesia e di sentimento”. “Le cose che Guido cattura nei suoi ritratti vengono generalmente ignorate dagli altri fotografi”. “Considero Guido un amico, non un semplice fotografo"

Le fotografie

Copertina del disco The Joshua Tree
U2, Torino 2010. Fotografia di Guido Harari

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