THE SOUND OF SILENCE
New York, 10 marzo 1964, Paul Simon e Art Garfunkel registrarono una delle loro canzoni più note, oltre che una delle più celebri del '900: "The Sound of Silence".
Parlare di Simon e Garfunkel è difficile, anche perché già l’idea della loro musica sopravanza sempre. I ricordi si tuffano nelle immagini degli anni ’70, in quella Alfa Romeo “duetto” che esce da una galleria sul ritornello di Mrs. Robinson. Brutta cosa la nostalgia.
Paul Simon e Art Garfunkel sono di origini ebraiche e crescono alla periferia di New York. I due frequentano la medesima scuola elementare, dove peraltro calcano il palco assieme nelle recite scolastiche. Passando all’High School, avranno modo di suonare anche assieme. Col tempo arriveranno anche a incidere dischi, con risultati altalenanti.
Paul e Art vedono dividersi le loro strade durante l’Università, quando il primo coglierà l’opportunità di suonare con Bob Dylan e Carole King. Nel 1964 si ritrovano per incidere il loro primo album, che peraltro contiene la versione acustica di “The Sound of Silence”. Il disco vende poco e la coppia si separa di nuovo. Paul Simon vola in Inghilterra per registrare un disco da solista, ma intanto, al di là dell’Oceano, “The Sound of Silence” viene ri-arrangiata. Le radio della costa est la trasmettono di continuo e il brano raggiunge la vetta delle classifiche di vendita. Paul torna negli USA, ricompone il duo, e dal qual momento prende vita la coppia che entrerà nella storia della musica internazionale.
Nel 1966 esce l’album "Sounds of Silence", l’anno successivo i due compongono la colonna sonora del film “Il Laureato”, di Mike Nichols. Nel 1968 esce il disco "Bookends", che include "Mrs. Robinson" e "America". La coppia però si separa di nuovo, per il fatto che Art inizia a dedicarsi al cinema. Il duo Simon & Garfunkel non si ricostituirà mai più ufficialmente, anche se non mancheranno le occasioni nelle quali i due cantanti trovino il modo di tornare sul palco insieme. Come visto, il 19 settembre 1981, Simon e Garfunkel si riuniscono per un concerto gratuito a New York, a Central Park. All'evento partecipano oltre 500.000 persone. Pochi mesi più tardi, il 16 febbraio 1982, viene pubblicato un album live dell'evento. Si tratta probabilmente di uno dei dischi live più noti del XX secolo: The Concert in Central Park.
The Sound of Silence inizia così: «Ciao oscurità, mio vecchia amica. Eccomi qui a parlare ancora con te», un’immagine poetica, affascinante. Paul Simon ha detto di aver pensato al “suono del silenzio” dopo l’assassinio di Kennedy nel 1963, mentre molti giovani percepiscono nel testo un riferimento alla guerra in Vietnam. C’è poi un riferimento a una storia d’amicizia, quella tra Art Garfunkel e il compagno d’Università Sandy Greenberg, diventato cieco a causa di un glaucoma. Greenberg è costretto a lasciare l’Università, abbandonando il sogno di diventare avvocato. Cade in depressione, ma Art Garfunkel lo accompagna in Università, lo aiuta a leggere, a scrivere e compilare i moduli e per non farlo sentire solo decide di usare un soprannome per sé, «darkness» cioè «oscurità».
Sono state date numerose altre interpretazioni al testo della canzone, ma forse la più fedele parrebbe essere quella legata a una riflessione sulle difficoltà del comunicare. Del resto, si dice che Paul Simon avesse l’abitudine di chiudersi in bagno, al buio, per scrivere i testi: ecco l’oscurità della prima strofa.
Il fotografo Richard Avedon
Di Richard Avedon sicuramente abbiamo già parlato, più volte. Ci stiamo comunque riferendo a uno dei fotografi più prolifici della seconda metà del XX secolo. Molti lo definiscono come il più importante interprete della moda di tutti i tempi, ma noi gli abbiamo riconosciuto altri meriti, particolarmente nel ritratto. Al di là del genere comunque (fashion o portrait che sia), guardando a ritroso il lavoro del maestro, ne riconosciamo forza e coerenza, che andavano al di là delle singole interpretazioni. Di lui ci è sempre piaciuto il “potere”, quello buono; lo stesso che gli permetteva di lavorare sul soggetto con assiduità, senza limiti.
Richard Avedon è nato a New York City il 15 maggio 1923, figlio d’immigrati ebrei russi che possedevano un grande magazzino a Manhattan. In gioventù ha messo in mostra un’attitudine letteraria forte. Determinanti per lui sono stati gli studi con Alexey Brodovitch, presso il Laboratorio di Progettazione della New School for Social Research. La New York del tempo offriva tutto ciò che un giovane ambizioso potesse desiderare: teatro, cinema, musica, danza.
A noi piace pensare che Richard abbia vissuto la fotografia con intensità e profonda dedizione, sin dagli esordi: assorbendo tutto quanto potesse dalle lezioni di chi l’ha preceduto. E’ per questo che lui ha esplorato la fotografia in molte delle sue possibilità, anche tecniche. Determinanti, a tale proposito, sono stati i continui passaggi da una medio formato al banco ottico.
Assiduità e dedizione vogliono anche dire consapevolezza, considerazione di sé; e lì forse nasce quel potere forte che gli riconosciamo, esercitato di continuo sui propri soggetti.
Molti sono stati gli elementi ispiratori per Avedon. Tra questi ricordiamo Martin Munkacsi, il pioniere della fotografia di moda in esterni. Il nostro però ha unito sapientemente l'esuberanza della fotografia outdoor con la tradizione statica dello studio, dimostrando così di aver assorbito le lezioni del mitico Edward Steichen.
Richard Avedon può contare una carriera lunga 60 anni, durante i quali ha ottenuto numerosi premi e per i quali è stato indicato da molti come il "re dei fotografi di moda". Avedon l’ha affrontata con uno stile senza precedenti. Per la prima volta l’approccio fotografico in una rivista di moda era fresco, anche divertente. Le immagini vivevano di una strana combinazione: erano costruite, ma allo stesso tempo mostravano un'aria di spontaneità mai vista prima. I lettori delle riviste rimasero stupiti quando videro un modello sui pattini da Place de la Concorde, ma la rivoluzione totale venne compiuta quando Avedon ritrasse un’elegante Dorothy Horan (Dovima) con un abito Dior, assieme a degli elefanti. La dissonanza tra la pelle ruvida dei pachidermi e la squisita grazia del modello si rivelò una vera bomba. Come dissero in molti: “La fotografia di moda non sarebbe stata mai la stessa”.
Avedon aveva trasformato una disciplina statica e monotona in un genere vivo. Tutte le componenti del set (i capelli, il trucco, i vestiti, il corpo) diventavano uno spettacolo. Questo non deve sorprenderci: Avedon amava il teatro quasi quanto la fotografia (come Josef Koudelka). Tra l’altro Richard aveva prodotto molte delle copertine della rivista Theater Arts: la teatralità veniva trasferita al mondo della moda.
La moda di Avedon influenza anche il cinema. Nel 1957 esce nelle sale Funny Face (Cenerentola a Parigi), diretto da Stanley Donovan per la Paramount Pictures. Il lungometraggio era interpretato da Fred Astaire e Audrey Hepburn. Il personaggio di Astaire era liberamente ispirato alla figura del fotografo Richard Avedon, le cui foto appaiono nel film.
Come dicevamo, Avedon deve essere considerato anche (e soprattutto) come un grande ritrattista, probabilmente uno dei più grandi della storia della fotografia.
Di fronte alla sua macchina fotografica di grande formato sono sfilate tutte le personalità famose del suo tempo. Essere fotografati da Avedon rappresentava una sorta di "certificato di celebrità".
I volti famosi rappresentano per il fotografo una lama a doppio taglio nei termini dell’immagine da produrre. Se ci si fida del personaggio preconfezionato, tutto può apparire facile; ma quando si cerca la profondità, probabilmente il soggetto erigerà una barriera. Avedon ha saputo attraversare le false ipocrisie, arrivando al nucleo della personalità.
Ingrid Bergman appare con un volto senza precedenti; ma il caso più evidente è il ritratto del 1957 che vede coinvolta Norma Jean Baker. Anche se il titolo dell’immagine recita "Marilyn Monroe, attrice" la donna che appare è stanca, spogliata dei successi di Hollywood, finalmente bambina.
Avedon era anche un provocatore e usava le sue qualità per ottenere dai soggetti il lato intimo della loro personalità. Un esempio? Il servizio che vide coinvolti i duchi di Windsor. Erano arrivati al Waldorf Astoria accompagnati dalla regalità maestosa della loro immagine. Dopo un'ora di lavoro, Richard non era riuscito a eliminare la loro impassibilità aristocratica. Il fotografo si è messo a recitare, arrivando a persino a mentire. “Il taxi che vi è venuto a prendere”, disse, “ha investito un cane, che è deceduto”. L’artista raggiunse il suo scopo, anche se per una via non ortodossa.
Avedon è ricordato anche per una serie di ritratti scattati a 752 persone tra il 1979 e il 1984. Si tratta della famosa serie del West americano. Richard aveva fotografato modelle, gli artisti più influenti, i politici più potenti; decide così di cambiare i suoi orizzonti, concentrandosi sulla gente comune. Per portare avanti il suo progetto, il nostro visitò diversi stati degli Stati Uniti occidentali, per incontrare i minatori, le persone senza fissa dimora, le casalinghe, i prigionieri, i predicatori itineranti. Avedon rimane fedele al suo stile di lavoro: uno sfondo bianco, la fotocamera di grande formato e la “ferocia” del suo sguardo. Richard non cerca la coerenza con i soggetti, ma li affronta con la stessa furia creativa utilizzata con George Bush Sr. e Henry Kissinger.
Ci siamo dilungati a lungo su Avedon, non sapendo addirittura da dove iniziare. Perdonate: chi scrive è schierato! Oltre a una profonda passione per il reportage anni ’50, vive una forte attrattiva per alcuni fotografi. Avedon è uno di questi, forse perché a ogni visione gli vengono restituiti spunti nuovi, per via della complessità.
Le fotografie
Copertina dell’album “The Sound of Silence”.
Paul Simon and Art Garfunkel, New York 1 marzo 1967, Richard Avedon. Copertina dell’album "Bookends".