LA CHITARRA DI TRACY
Tracy Chapman nasce il 30 marzo 1964 a Cleveland, nell’ Ohio (USA). Divenne famosa alla fine degli anni '80 grazie al successo dell’album di debutto (che portava il suo nome) e del brano "Fast Car", una storia di delusione, disperazione, desiderio e di una sopravvivenza agognata.
Sono tante le ragioni che ci fanno apprezzare la cantante statunitense, ma su tutte la chitarra assieme alla voce. La forza delle sue canzoni sta nel fatto che si sorreggono da sole. Non servono né il basso, tantomeno la batteria. Si possono eliminare anche gli archi, la chitarra elettrica, i cori e il pianoforte. Basta la voce che canta una storia, con dell’altro che entra delicatamente. “Fast Car” ne è un esempio, ma anche Talkin’ Bout a Revolution; con l’intro della sei corde da fare invidia.
Ascoltiamo spesso Tracy Chapman, soprattutto di notte e in auto. Ci piace riconoscere “Give Me One Reason”, un blues puro dagli accordi che conosciamo. Nel brano entreranno anche gli altri strumenti, ma non disturbano: anzi; la forza della cantante rimane.
Tornando a “Fast Car”, possiamo definirla una canzone di sempre, una di quelle che salvano il tempo, un po’ come certe fotografie. Racconta un desiderio che è di tutti: buttare dietro alle spalle ingiustizie, ansie e fuggire altrove. Tra le note, si parla di una ragazza che vive in condizioni disagiate, perché deve prendersi cura della famiglia. Ed è nel supermercato dove lavora che sogna l’auto del ragazzo che ama per lasciarsi alle spalle tristezza e mediocrità.
Tracy Chapman ha sempre voluto che le sue canzoni rimanessero semplici, con un’anima acustica, analogica potremmo dire. Erano le storie a dover vincere, l’essenza del suo lavoro; anche a scapito di arrangiamenti, strumenti ridondanti, incisioni complicate.
Le origini di Tracy hanno rappresentato l’ispirazione alla sua musica. I suoi genitori divorziarono quando lei aveva quattro anni e, assieme a sua sorella, è stata cresciuta dalla madre, che le ha fatto ascoltare una grande varietà di musica. Rimaneva la consapevolezza delle condizioni sociali delle donne di colore, poi andate in musica.
Tracy Chapman, note biografiche
Chapman è cresciuta nel South Broadway, a Cleveland; in un momento di crescente tensione tra bianchi e persone di colore sugli autobus scolastici. Ha iniziato a suonare l'ukulele all'età di tre anni, per poi destreggiarsi con l'organo e il clarinetto. In seguito sarebbe arrivata anche la chitarra acustica. In tenera età iniziò a scrivere canzoni e a 14 anni compose la prima a sfondo sociale, "Cleveland '78". Da giovane scriveva anche poesie e racconti, visitava spesso musei e assisteva a concerti e all'opera.
Tramite un programma di collocamento, Chapman ha potuto frequentare la Wooster School, dove si è mostrata attiva nello sport, facendo però emergere un crescente interesse per la chitarra e la musica. Lì ascoltò per la prima volta la musica folk di autori come Joni Mitchell, Neil Young e Bob Dylan, artisti che avrebbero influenzato il suo canto.
Finito il corso di studi alla Wooster School, Chapman accettò una borsa di studio per frequentare la Tufts University di Medford, nel Massachusetts, dove abbandonò il sogno di diventare veterinaria, passando all’antropologia, con un focus sulle culture dell'Africa occidentale. Durante quegli anni ha continuato a scrivere e a suonare canzoni nei locali intorno a Cambridge, nel Massachusetts.
Un compagno di studi portò suo padre, il presidente di una casa editrice musicale, ad ascoltare Tracy. Questi l'aiutò a ottenere un contratto discografico con la Elektra Records, per la quale registrò il suo album di debutto, Tracy Chapman (1988). Il primo singolo dell'album, "Fast Car", scalò rapidamente le classifiche dei singoli pop, raggiungendo il numero 6 nella Billboard Hot 100. Altre due canzoni dell'album entrarono nella Hot 100, "Baby Can I Hold You", che raggiunse il numero 48, e "Talkin' bout a Revolution", ("Poor people are gonna up up/And take what's theirs"), che salì al numero 75. Nel frattempo, l'album divenne un enorme successo, vendendo più di 20 milioni di copie in tutto il mondo. Ha inoltre fruttato a Chapman sei nomination ai Grammy (incluso l'album dell'anno) e tre Grammy Awards: migliore performance vocale pop femminile (per "Fast Car"), miglior artista nuovo e miglior album folk contemporaneo. L'11 giugno 1988, meno di due mesi dopo l'uscita dell'album, la cantante si ritrovò sola con la sua chitarra davanti a un pubblico di circa 70.000 persone allo stadio di Wembley a Londra, durante il concerto tributo in onore del 70° compleanno di Nelson Mandela.
Chapman era al centro di un revival folk che includeva autori tipo Suzanne Vega. Nel 1989 pubblicò Crossroads. Iniziò poi a fare tournée più estensivamente, partecipando anche all'Amnesty International Human Rights Tour. Con New Beginning (1995), contenente il singolo di successo "Give Me One Reason", Chapman tornò ancora una volta in cima alle classifiche. New Beginning ricevette anche una nomination ai Grammy come miglior album pop, e "Give Me One Reason" fu nominato come disco dell'anno e come miglior performance vocale del rock femminile. Seguirono: Telling Stories (2000), Let It Rain (2002), Where You Live (2005) e Our Bright Future (2008). Nel 2015 ha pubblicato il suo album Greatest Hits.
Guido Harari, il fotografo
Abbiamo parlato spesso con il fotografo autore delle immagini che proponiamo: Guido Harari. Circa la musica, ci ha detto che avrebbe preferito nascere prima, per trovarsi “in fase” con gli anni ’60. No, non si tratta di un rimpianto, bensì di un riflesso verso uno sguardo allargato: sempre propenso all’oltre, alla scintilla che illumina l’anima.
Tempo addietro, abbiamo visitato la sua mostra a Milano, organizzata presso la Fabbrica del Vapore. Il materiale esposto era imponente, e non solo fotografico. Harari ha inseguito la musica, viaggiando con essa. Questioni di passione? Forse, ma come abbiamo detto più volte, spesso la motivazione scalda, induce, esalta; non andando oltre, rimanendo uno spazio invalicabile tra l’esistere e il percepire. Per Guido non è così: lui della passione si nutre, vive, opera. Non a caso, le sue idee vanno oltre, al di là dello spazio temporale che la sua vita gli concede.
Guido Harari, note biografiche
Guido Harari nasce al Cairo (Egitto) nel 1952. Nei primi anni Settanta avvia la duplice professione di fotografo e di critico musicale, contribuendo a porre le basi di un lavoro specialistico, sino ad allora senza precedenti in Italia. Dagli anni Novanta il suo raggio d'azione contempla anche l'immagine pubblicitaria, il ritratto istituzionale, il reportage a sfondo sociale. Dal 1994 sono membro dell'Agenzia Contrasto. Ha firmato copertine di dischi per Claudio Baglioni, Angelo Branduardi, Kate Bush, Vinicio Capossela, Paolo Conte, David Crosby, Pino Daniele, Bob Dylan, Ivano Fossati, BB King, Ute Lemper, Ligabue, Gianna Nannini, Michael Nyman, Luciano Pavarotti, PFM, Lou Reed, Vasco Rossi, Simple Minds e Frank Zappa, fotografato in chiave semiseria per una storica copertina de «L’Uomo Vogue». È stato per vent’anni uno dei fotografi personali di Fabrizio De André. Ha al suo attivo numerose mostre e libri illustrati tra cui Fabrizio De André. E poi, il futuro (Mondadori, 2001), Strange Angels (2003), The Beat Goes On (con Fernanda Pivano, Mondadori, 2004), Vasco! (Edel, 2006), Wall Of Sound (2007), Fabrizio De André. Una goccia di splendore (Rizzoli, 2007).
Di lui ha detto Lou Reed: "Sono sempre felice di farmi fotografare da Guido”. “So che le sue saranno immagini musicali, piene di poesia e di sentimento”. “Le cose che Guido cattura nei suoi ritratti vengono generalmente ignorate dagli altri fotografi”. “Considero Guido un amico, non un semplice fotografo".
Le fotografie
Tracy Chapman, Milano 1988. Guido Harari