RABBIA SENESE
Nel titolo abbiamo parlato di rabbia, perché l’atteggiamento musicale di Gianna Nannini (nata il 14 giugno) ci ha indirizzato in tal senso. In realtà lei, nel suo repertorio, è riuscita a trattare temi melodici con la ruggine del suo canto, in uno splendido mix. Un esempio è la cover della canzone “Io che amo solo te”, un vecchio brano di Sergio Endrigo (1962). Nonostante la voce roca, non vendono stravolti i disegni dell’autore, anzi; emerge tra le parole quella dichiarazione disperata di chi ama davvero.
Durante la sua carriera, Gianna Nannini ci ha sorpreso anche con i testi, e molti di questi hanno collaborato al nostro idioma per molto tempo. Un esempio? “Questo amore è una camera a gas, è un palazzo che brucia in città, questo amore è una lama sottile, è una scena al rallentatore; questo amore è una bomba all'hotel, questo amore è una finta sul ring, è una fiamma che esplode nel cielo, questo amore è un gelato al veleno”. In tanti, ai tempi, usavano “la camera a gas” non solo per via dei locali fumosi, ma anche al fine di descrivere situazioni complicate e ingarbugliate.
Sempre riguardo al rapporto tra musica e parole, è giusto sottolineare la poesia che Gianna Nannini riesce a trasmettere nelle sue canzoni. I testi non sono mai scontati e nemmeno omologati. Un esempio viene da “Sei nell’anima”, dove la cantante senese si esprime così: «Sei nell'anima, E lì ti lascio per sempre, Sei in ogni parte di me, Ti sento scendere, Fra respiro e battito». L’dea che esista un spazio percettivo tra l’aria che si respira e il cuore che pulsa ci ha incuriosito da subito e aspettiamo spesso quel ritornello durante i viaggi in auto.
Gianna Nannini, la rocker italiana dalla grinta senese, non incarna unicamente la rabbia o la melodia “roca”. In lei pulsa un mix irresistibile di talento, ribellione e passione. Di certo ha rivoluzionato il panorama musicale italiano fin dagli anni '70, lasciando ampi spazi per chi avesse voluto prenderne spunto. Fra rock, pop e musica d'autore, le sue canzoni sono diventate inni di libertà.
Gianna Nannini, la carriera all’inizio
Gianna Nannini, la più importante cantante rock italiana, è nata a Siena il 14 giugno 1954, da una famiglia che comprendeva un noto industriale e un fratello pilota di Formula Uno. Spesso descritta come la ribelle creativa della famiglia, Nannini ha frequentato per tutta l'adolescenza il Conservatorio di Lucca, dove si è formata come pianista. All'età di 19 anni decide di diventare una musicista professionista e lascia la sua casa per Milano, dove inizia ad esibirsi in bar e piccoli locali. Prosegue inoltre la sua formazione musicale recandosi a Londra per lezioni di canto.
Gianna Nannini attirò presto l'attenzione di diverse case discografiche e alla fine firmò con la Numero Uno, l'etichetta di proprietà di Mogol e Battisti. Dopo una parentesi con Flora Fauna e Cemento (1974), ha pubblicato il suo album di debutto (portava il suo nome, 1975) per la Ricordi, seguito da Una Radura nel 1977.
I primi due album di Gianna Nannini erano per lo più costituiti da ballate al pianoforte e furono chiaramente influenzati da altri cantautori italiani del periodo, come Lucio Dalla e Lucio Battisti, ma lei cercava una propria identità musicale. Sebbene entrambi i dischi fossero stati ignorati servirono a presentare la Nannini come una potente cantautrice che scriveva tutta la musica e i testi delle sue canzoni (una stranezza in Italia all'epoca), rivelando un feroce senso di indipendenza e opinioni femministe.
Gianna Nannini è nata nella contrada dell’Oca. Non sappiamo se sia una contradaiola, ma crediamo che i sentimenti del Palio le abbiano dato qualche spunto, persino in musica.
Guido Harari, la passione e oltre
Molte volte, in fotografia, sentiamo parlare di passione, ma spesso questa scalda, motiva, induce, esalta; non andando oltre. Per molti resta uno spazio invalicabile tra l’esistere e il percepire, come se il sentimento rappresentasse unicamente uno strumento da utilizzare alla bisogna. Per Guido non è così: lui della passione si nutre, vive, opera. Non a caso, le sue idee vanno oltre, anche al di là dello spazio temporale della sua vita. Ci dice che vorrebbe essere nato prima, per trovarsi “in fase” con gli anni ’60. No, non si tratta di un rimpianto, bensì di un riflesso verso uno sguardo allargato: sempre propenso all’oltre, alla scintilla che illumina l’anima.
Per finire, ecco il ritratto: che lui ama sin dal contatto, dall’incontro. Spesso lo chiude con l’inquadratura, perché gli piace esserci, per sentirsi percepito. E allora la forza è tutta lì: tra piccolo e grande, tra dentro e fuori, tra interiore ed esteriore. Lui, Guido, cerca sempre; nutrendosi di passione. Sta a noi cercarlo, magari in un ritratto chiuso: per giunta in B/N. C’è un moto perpetuo nel suo creare, un movimento continuo. Saltiamoci sopra: è meglio.
Guido Harari, note biografiche
Guido Harari nasce al Cairo (Egitto) nel 1952. Nei primi anni Settanta avvia la duplice professione di fotografo e di critico musicale, contribuendo a porre le basi di un lavoro specialistico, sino ad allora senza precedenti in Italia. Dagli anni Novanta il suo raggio d'azione contempla anche l'immagine pubblicitaria, il ritratto istituzionale, il reportage a sfondo sociale. Dal 1994 sono membro dell'Agenzia Contrasto. Ha firmato copertine di dischi per Claudio Baglioni, Angelo Branduardi, Kate Bush, Vinicio Capossela, Paolo Conte, David Crosby, Pino Daniele, Bob Dylan, Ivano Fossati, BB King, Ute Lemper, Ligabue, Gianna Nannini, Michael Nyman, Luciano Pavarotti, PFM, Lou Reed, Vasco Rossi, Simple Minds e Frank Zappa, fotografato in chiave semiseria per una storica copertina de «L’Uomo Vogue». È stato per vent’anni uno dei fotografi personali di Fabrizio De André. Ha al suo attivo numerose mostre e libri illustrati tra cui Fabrizio De André. E poi, il futuro (Mondadori, 2001), Strange Angels (2003), The Beat Goes On (con Fernanda Pivano, Mondadori, 2004), Vasco! (Edel, 2006), Wall Of Sound (2007), Fabrizio De André. Una goccia di splendore (Rizzoli, 2007).
Di lui ha detto Lou Reed: "Sono sempre felice di farmi fotografare da Guido”. “So che le sue saranno immagini musicali, piene di poesia e di sentimento”. “Le cose che Guido cattura nei suoi ritratti vengono generalmente ignorate dagli altri fotografi”. “Considero Guido un amico, non un semplice fotografo".
Le fotografie
Copertina del disco “Fotoromanza”.
Gianna Nannini, Milano 1977. Guido Harari.