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IL RE IN ESILIO

13 giugno 1946, Umberto II di Savoia lascia l'Italia dopo il referendum istituzionale del 2 giugno. Il suo sarà un esilio, poi sancito da una legge costituzionale. Quel giorno partì con un aeroplano da Ciampino alla volta del Portogallo (all'epoca sotto dittatura), risiedendo dapprima a Colares, località vicino Sintra, e, in seguito, a Cascais in una residenza accanto alla futura "Villa Italia”, nella quale si trasferì nel 1961.

Il referendum istituzionale del 2 giugno aveva visto prevalere la repubblica con 12.717.923 voti contro 10.719.282. Ai tempi si parlò di brogli elettorali e molte persone vicino al monarca gli chiesero di resistere, aspettando tempi migliori. Lui non si fece convincere e disse: «La Repubblica si può reggere col 51%, la Monarchia no. La Monarchia non è un partito. È un istituto mistico, irrazionale, capace di suscitare negli uomini incredibile volontà di sacrificio. Deve essere un simbolo caro o non è nulla».
Dei presunti brogli elettorali si è fatto cenno anche nel film JFK – Un caso ancora aperto, diretto da Oliver Stone (1991). Lì Mister X (Donald Sutherland) spiegò a Jim Garrison, colui che aveva riaperto il caso circa la morte di Kennedy (Kevin Costner), come i servizi segreti fossero in grado di fare tutto, anche di truccare le elezioni in Italia.

La simpatia per la monarchia si manifestò anche in un film di Don Camillo. La maestra di Brescello, signora Cristina, redarguì sia il Parroco che il Sindaco del paese affermando: «I re non si mandano via». L’anziana insegnante, che poi sarebbe morta all’età di 85 anni, aveva fatto promettere a Peppone di usare la bandiera reale durante il suo funerale. E così fu.

Dieci milioni di votanti non sono pochi, questo per dire che, pure dopo la Seconda Guerra Mondiale, molti simpatizzanti per la monarchia manifestarono la loro fiducia nei confronti dei Savoia. Forse aveva ragione Umberto II: il Re non è a capo di un partito politico, ma di un istituto mistico. Gli elettori che si espressero a suo favore non solo rifiutavano la Repubblica, ma la stessa dialettica politica.

A ricordare l’esito del referendum del 2 giugno 1946 c’è la fotografia che riportiamo, già utilizzata in passato, e ormai diventata iconica. Ritrae una giovane donna sorridente, che sbuca fuori da una pagina del Corriere della Sera del 6 giugno. Lei si chiamava Anna Iberti e divenne il volto simbolo della neonata Repubblica. L’immagine fu pubblicata per la prima volta il 15 giugno del 1946 sulla copertina del settimanale Tempo, il periodico fondato nel 1939 da Alberto Mondadori sull'esempio di Life.
La bellezza genuina della donna e il suo sorriso infondono fiducia e speranza, dopo anni di guerra, a una nazione che doveva ripartire. L’autore dello scatto fu Federico Patellani.
Per ottenere l'immagine che durerà 75 anni il fotografo aveva prodotto 41 scatti con la sua Leica, come si vede nei provini a contatto conservati presso il Museo della Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo. Pare che alcuni siano stati realizzati sulla terrazza della sede dell’Avanti.
La foto di Federico Patellani è stata utilizzata per illustrare articoli, saggi e libri; ha accompagnato mostre e manifestazioni politiche. Siamo sicuri che le occasioni si moltiplicheranno anche in futuro.

Federico Patellani, note biografiche

Federico Patellani nasce a Monza il 1° dicembre 1911; frequenta i circoli culturali milanesi, forte degli studi classici e di una laurea in legge. Inizia a fotografare nel 1935, durante le operazioni militari in Africa (era ufficiale del genio). Le sue immagini verranno pubblicate da un quotidiano milanese e da quel momento Patellani farà della fotografia la propria professione. Collaborerà a lungo col periodico “Tempo” di Alberto Mondadori, per il quale, nel 1940, documenterà le operazioni militari in Jugoslavia. Nel 1941, come richiamato, fotograferà la campagna di Russia, nel 1943 la Milano bombardata.

Nel 1946, Patellani torna al Tempo; collaborerà poi con le testate “Epoca” e “Oggi”. Le sue immagini raccontano l’Italia del dopoguerra: il boom economico, le industrie, i mutamenti sociali. A rileggerle, si riconosce l’entusiasmo intellettuale dell’autore, quello che ripesca di continuo nella sua Milano, ombelico dei cambiamenti e patria dell’editoria nascente. Rivolgerà il suo sguardo anche all’estero, soprattutto dopo aver fondato una propria agenzia.
Nel 1953 è aiuto regista di Alberto Lattuada per il film “La Lupa”, mentre nel 1959, su “Epoca”, pubblica una serie di servizi dal titolo Paradiso Nero realizzati, con l’aiuto del figlio Aldo, durante un lungo viaggio dal Congo Belga al Kenya. A partire dallo stesso anno Patellani collabora con vari periodici come “La Domenica del Corriere”, “Successo”, “Storia Illustrata”, “Atlante”, producendo numerosi servizi in tutto il mondo.

Intelligenza e passione, queste sono le impronte riconoscibili nelle fotografie di Patellani. Per ogni immagine, quasi stacca una reliquia di realtà, restituendoci una complessità semplice, popolata di personaggi riconoscibili, fortemente caratterizzati, quasi filmici. A lui va il merito di aver guardato altrove, in altre discipline e anche oltre confine, all’estero; questo senza rimanere confinato nel bianco e nero dolciastro dell’Italia migliore.
L’ultimo reportage è datato 1976 e riguarda il Ceylon.

Patellani morirà a Milano nel 1977.

Le fotografie

Anna Iberti, il volto della Repubblica. Federico Patellani.
Umberto II parte per l’esilio, autore sconosciuto.

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