Skip to main content

VIETATA LA CACCIA ALLE BALENE

23 luglio 1982. La Commissione internazionale per la caccia alle balene decide che entro 1986 sia vietata la cattura per fini commerciali di questi cetacei. Questo trattato è risultato troppo blando, visto che si contano migliaia di uccisioni.

Parlare di balene ci apre la fantasia ai ricordi. La memoria approda subito a Moby Dick (Moby-Dick; or, The Whale) il romanzo scritto da Herman Melville (1851). C’è poi Pinocchio, con una visione più intima del cetaceo.
I viaggi ci hanno portato vicino alle balene. Ricordiamo il whale watching sul fiume San Lorenzo, in Canada; ma il meglio doveva ancora venire.

E’ stata l’Argentina a regalarci la sorpresa maggiore, vicino a Puerto Madryn (una piccola Rimini, un po’ decadente). Lì dalla costa emerge la Penisola di Valdès e già per arrivarvi è possibile incontrare lama della Patagonia, struzzi, armadilli, lepri patagoniche ed europee, oltre ad innumerevoli specie di uccelli stanziali e migratori: albatros, petrelli, cormorani e gabbiani. E’ la promessa argentina a prendere corpo, quella invocata dal libro “In Patagonia” di Bruce Chatwin. Sulle spiagge della costa, generalmente nel secondo semestre dell’anno, si possono ammirare le balene. Chi scrive si è recato là due volte: in agosto e a ottobre, il periodo migliore per il whale watching. Lì decine di cetacei si avvicinavano giocando con le imbarcazioni. Il tele era di rigore, ma un 70-200 andava benissimo, perché la coda era vicina, che quasi la si poteva toccare.

Circa la fotografia, abbiamo scelto un’immagine di Sebastião Salgado, tratta dal ibro Genesi (Ed. Taschen). Il volume è in bianco e nero, e rappresenta il risultato di più di 32 viaggi in giro per il mondo. Essendo andato dove nessun uomo era mai giunto prima, il fotografo definisce Genesi la sua personale lettera d’amore alla Terra.

Sebastião Salgado, il poeta dei diseredati

L’8 Febbraio 1944 nasce Sebastião Salgado, il famoso fotografo brasiliano. Forse con lui si chiude la grande scuola del reportage: quella di Robert Capa, Cartier Bresson, Werner Bischof e tanti altri ancora.
Inizialmente avviato agli studi economici, Salgado inizia la sua attività di fotoreporter a ventisei anni, quando, in seguito a una missione nel Corno d’Africa, documenta la tragedia della grande carestia nel Sahel.
Le sue foto vivono di una bellezza drammatica (o di “una grazia incerta” come il titolo di un suo libro fotografico) e dal primo momento fanno discutere, perché abbinano gli estremi della vita: tra estetica, carestia e disperazione. Conquistano comunque il mondo, e lo pongono alla ribalta internazionale.
Salgado è stato definito un fotografo umanista, ma forse sarebbe meglio definirlo “impegnato” o quantomeno legato a quanto gli accade davanti. “Il distacco è un disastro per il fotoreporter”, ha detto in un’intervista, aggiungendo: “Si deve vivere all’interno della situazione, farla diventare vita reale personale, condividendo con le persone ciò che stanno provando”.
La sua fotografia, comunque, non si è mai posta domande: neanche di natura etica. Lui non andava a prendere qualcosa, né a sfruttare qualcuno. Le immagini venivano fatte bene, ecco tutto: utilizzabili per comunicare.
Uno dei suoi lavori più famosi è ambientato tra i cercatori d’oro della miniera a cielo aperto della Serra Pelada, in Brasile, in cui migliaia di persone scavano incessantemente come formiche brulicanti nel fango alla ricerca frenetica di tracce d’oro.
Nelle sue fotografie, Sebastiao mostra sempre la sua incrollabile fede nell’uomo, la profonda solidarietà: senza incrinature e priva di retorica davanti al dolore.

Le fotografie

Copertina del libro Genesi, Ed. Taschen.
Genesi, doppia pagina all’interno. Sebastião Salgado.

Like what you see?

Hit the buttons below to follow us, you won't regret it...