[UN FIGLIO D’ARTE]
Il 15 luglio 1930 nasce, a Luzzara, Arturo Zavattini, figlio del più celebre Cesare, che più volte abbiamo celebrato in questa rubrica. La nostra è stata una scoperta quasi casuale e un po’ ce ne rammarichiamo. Un libro ci ha aperto gli occhi, “AZ - Arturo Zavattini fotografo; viaggi e cinema, 1950-1960”. Alla pubblicazione conferiamo il merito di aver tolto dalla nostra immaginazione un legame stretto padre – figlio, nel senso della dipendenza o anche del favoritismo. L’Arturo fotografo, perché tale era (anche), ha brillato di una propria soggettività, dove semmai la figura paterna ha costituito semplicemente una fonte d’ispirazione o d’atteggiamento.
Arturo potrebbe definirsi un fotografo per caso, perché iniziò a dedicarsi all’arte dello scatto quando suo padre Cesare gli regalò una fotocamera. Era il 1949 e lui aveva diciannove anni. Diciamo che la sua fonte d’ispirazione deve essere stata forte, visto che di certo ha conosciuto Paul Strand e respirato un’aria neo realista. Lui però non si è mai esposto con clamore, rifiutando gli allori della ribalta; questo anche quando il cinema gli ha aperto le porte. Già, perché Arturo è stato prima operatore di macchina (come nella Dolce Vita di Fellini) e poi Direttore della Fotografia.
Dal padre Cesare deve aver imparato la capacità di osservare, con delicatezza e pazienza, mantenendo con le immagini un rapporto intimo e personale. “La Camera Oscura è quasi un’alcova”, ebbe modo di spiegare.
L’Arturo fotografo trova la propria consacrazione durante il viaggio in Lucania (1952), dove riesce a coniugare uno sguardo reale con una visione intima, interiore. Nelle immagini emerge una complessità ben confezionata, dove un reticolo tiene insieme cose, volumi, tempo e divenire. Arturo ha anche viaggiato molto, in Italia e all’estero; in che ha permesso di esaltare la sua autorialità.
Arturo Zavattini, il libro. Ne riportiamo la sinossi.
AZ - Arturo Zavattini fotografo. Viaggi e cinema, 1950-1960. Edizioni Contrasto
Arturo Zavattini, figlio dello scrittore Cesare, è stato un osservatore partecipe e sensibile dell'Italia del dopoguerra e un testimone privilegiato di un periodo particolarmente intenso della nostra storia recente. Dai primi anni Cinquanta ha lavorato nel cinema, come operatore e direttore della fotografia, coltivando la still photography per lo più in forma di riflessione privata, come strumento di conoscenza e di relazione umana. Il suo corpus fotografico, quasi del tutto inedito, viene qui presentato per la prima volta in modo organico, attraverso un lavoro di scavo nella memoria, di impegno filologico, di confronti e rinvii. Le sezioni del volume si accompagnano a letture critiche diverse ma partecipi, che ricostruiscono le complesse ragioni dello sguardo da cui scaturiscono le fotografie. Pagina dopo pagina, le immagini ci spingono a rileggere alcuni aspetti della vicenda culturale e sociale del decennio 1950-1960, a scoprire un autore importante della fotografia italiana, a riflettere sulle implicazioni del suo realismo e della pratica etnografica, a ripensare i limiti teorici e storiografici dentro cui è stata sovente serrata la fotografia italiana. Questo libro è, prima di tutto, un invito a conoscere Arturo Zavattini e la poetica nudità del suo mondo in immagine.
Le fotografie sono organizzate in cinque sezioni, che ripercorrono i viaggi di Zavattini fotografo. Dal Viaggio in Lucania, che documenta la spedizione etnografica in compagnia di Ernesto De Martino, si passa attraverso le fotografie scattate tra le strade di Roma, Napoli e altre città italiane (Viaggi in Italia), fino ad arrivare al reportage realizzato nel 1956 a Bangkok e nel nord della Thailandia (Viaggio in Thailandia), e alle immagini realizzate invece a Cuba, che includono un casuale incontro con Ernesto “Che” Guevara. Chiude il volume una sezione che raccoglie immagini scattate sui set cinematografici, che ritraggono personaggi come Sofia Loren o Vittorio De Sica.