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[LA MUSICA RIBELLE]

Correva l’anno 1976, le radio private avevano preso piede e la musica (ancora non liquida) passava tra le fessure, attraverso le finestre aperte. L’ascolto, ai tempi, non era ancora completamente soggettivo, come oggi è: dentro le cuffie. “E ascolta la sua cara radio per sentire un po' di buon senso da voci piene di calore” Queste parole animavano “Musica Ribelle”, una canzone “a battere”, dove la batteria (stupenda) ne era quasi la voce più importante, soprattutto prima della ripresa dei ritornelli. Quel brano fu una sorpresa per molti, anche per via dell’autore, Eugenio Finardi, musicista dalla storia già lunga, ma che ancora non conosceva il clamore delle folle; e nemmeno il passaggio di continuo nelle emittenti private.

Eugenio Finardi nasce a Milano il 16 luglio 1952 (auguri). Può essere considerato un figlio d’arte. Sua madre era una cantante lirica statunitense e lui ha diviso parte della gioventù tra la città lombarda e Boston. Alla fine decise di rimanere in Italia, come dichiarato nella sua canzone “Dolce Italia”. Sarebbe lungo ripercorrere la sua carriera, che lo ha visto come polistrumentista, e non solo come cantante. Oltre alla chitarra, si è cimentato al basso e al pianoforte. Nelle sue esibizioni in pubblico spesso ha suonato in compagnia da altri valenti musicisti. Ricordiamo, a memoria, Alberto Camerini (valente chitarrista) e Ares Tavolazzi (bassista).

La “Musica Ribelle” ci trascina indietro nel tempo: ai jeans stretti sulle scarpe a punta, alle notti estive in auto tra un locale e un altro, a quel brano che accomunava pure nel silenzio di un’autostrada, allo slancio dell’impeto giovanile “Che ti vibra nelle ossa, che ti entra nella pelle”. L’ascoltiamo ancora oggi in auto, “Musica Ribelle”; ce la ripropone il Bluetooth del telefono nella lista dei preferiti. Riconosciamo emozioni e sentimenti, ma anche luoghi che nessuno potrà più frequentare.

Eugenio Finardi ci riporta a Giovanni Gastel e al suo lavoro musicale: “Le 100 facce della musica italiana”, in collaborazione col mensile Rolling Stones. Come si legge sul sito della rivista, tutti i volti più influenti della musica di casa nostra sono stati fotografati, andando a comporre una sorta di mappamondo artistico. Ne abbiamo parlato a lungo con Giovanni e ricordiamo le sue parole con tanta nostalgia. Di certo, andava fiero del suo operato; ma non per vanagloria, più semplicemente per aver portato a termine un progetto singolare e unico. “Molti artisti”, ci ha raccontato il fotografo, “Si sono incontrati nel mio studio in una veste nuova”. “Non emergeva rivalità tra loro, e quasi sembravano compagni di vecchia data”.

E’ un Gastel ritrattista, quello delle 100 facce: nuovo in un certo senso, perché durante la sua carriera non aveva mai amato a fondo il genere portrait. Ecco quindi un fotografo che interpreta, ricerca, conosce e ripropone; ma che lascia nello scatto un po’ di sé, del proprio esistere. Il suo impegno circa i volti continuerà con “The People I Like”, un lavoro (e un libro) maestoso, intenso, dove è bello tuffarsi per riconoscere e capire. Come lo stesso Gastel ha affermato: “The People I Like racconta il mio mondo, le persone che mi hanno trasmesso qualcosa, insegnato, toccato l'anima”. E qui sta il bello del fotografo milanese: il fatto di aver tratto sempre l’ispirazione dalla propria prossimità, da un vissuto straordinario e irripetibile; con una capacità innata di intravedere, lasciando il resto all’interpretazione di chi guarda.

Sfogliamo ancora il libro di Gastel. Molti soggetti guardano in camera, solo alcuni volgono gli occhi altrove. Da ogni pagina, però, emerge un amore reciproco, una complicità. Tutte le fotografie dimostrano un “gioco a due”, dove il click diventa superfluo, irrilevante. L’istante? No, non ce ne è uno decisivo, ma tanti: uno dietro l’altro. Giovanni ci ha mostrato come di continuo fosse alla ricerca di se stesso; e forse per questo ha chiuso tanti cerchi nella sua vita, con equilibrio e onestà. La classe che gli veniva attribuita non era un vestito indossato alla bisogna, ma una maniera di essere, come la sua fotografia del resto.

16 luglio 1952, Musica Ribelle, Eugenio Finardi , Alberto Camerini, Ares Tavolazzi , Giovanni Gastel, The People I Like

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