[JOHN McENROE, IL GENIO DELLA RACCHETTA]
Altri tempi, quelli di John McEnroe; altri materiali. Forse si “picchiava” meno allora, anche se si stava delineando la figura del tennista “da fondo campo” (Borg e Lendl tra questi). Non mancavano, però, le rivalità accese, suffragate da differenti stili, proprio sul rettangolo di gioco. Bjorn era di ghiaccio e taciturno (quasi pareva non sudare), mentre John si mostrava dispettoso, arrabbiato, spesso furioso nei confronti di arbitri e giudici di linea. Vederlo giocare, però, era un piacere, in tutti i “15”, fatti o subiti.
Serviva strano, McEnroe; con entrambi i piedi adesi alla linea di fondo. Non picchiava forte, al servizio; ma la sua palla era lavorata a dovere. Sì, perché subito dopo avrebbe cercato la rete, con colpi d’approccio da studiare anche oggi. Insomma, lui giocava “serve and volley”; e seguire un suo incontro, anche in TV, rappresentava un privilegio, persino ai tempi.
Nato il 16 febbraio 1959 a Wiesbaden, in Germania, da madre casalinga e da padre ufficiale della Air Force statunitense, si è dedicato al tennis perché il fisico esile non gli consentiva di frequentare sport aggressivi. Quello della racchetta, però, è stato un richiamo forte, quasi una vocazione poi espressa col gioco.
A diciotto anni John è già nelle semifinali di Wimbledon. In finale verrà battuto da Jimmy Connors, un altro grande dei tempi (miglior risposta sul servizio tra tutti i giocatori di allora). Nel 1979 McEnroe vince il primo torneo dello Slam, dominando in semifinale proprio Connors.
Nel 1980 gioca quella che diventerà una finale storica di Wimbledon, contro Bjorn Borg, famosa per un tie-break conclusosi 18-16 per l’americano. McEnroe alla fine perde. Per lo svedese si tratta del 5^ vittoria consecutiva nel torneo sull’erba. I giornali titolavano che Bjorn giocava su suo giardino.
John vince a Wimbledon nel 1981, battendo Borg dopo una lunga battaglia. In quell’anno metterà in mostra tutti i lati brutti del suo carattere. Oltre agli insulti ai giudici di linea, ormai di prassi, McEnroe per due volte si arrampica sul seggiolone dell'arbitro con il solo scopo di offenderlo. Dal 1981 al 1984 è ininterrottamente il numero uno: 82 vittorie, 3 sconfitte, 13 tornei vinti. Umilia Connors a Wimbledon, ma perderà con Lendl l’occasione di vincere almeno una volta sulla terra rossa. Avanti di due set (siamo a Parigi 1984), finirà sotto 2-3.
In Coppa Davis John McEnroe vince negli anni: 1978, 1979, 1981, 1982 e 1992. In carriera è stato membro fisso della squadra statunitense. E' divenuto poi capitano, dopo il suo ritiro dal tennis giocato, avvenuto nel 1992.
[Il fotografo, Giorgio Maiozzi]
Il compleanno di John McEnroe ci ha permesso di contattare un vecchio amico, un fotografo che milita da anni in ambito tennis. E’ lui che ci ha fornito le immagini che vediamo. Ne ricordiamo un’intervista di qualche anno addietro.
[Giorgio Maiozzi, Doppia Passione]
Raggiungiamo Giorgio Maiozzi nel suo studio, al telefono purtroppo. Apprezziamo da subito la sua cordialità ed anche la “tonalità” romanesca della sua voce. Ci parla delle sue passioni, Giorgio: relative al tennis e alla fotografia. Anzi, ci precisa come entrambe si siano alimentate a vicenda; a tal punto, che non riesce a immaginare l’una senza l’altra. Noi gli diamo retta, ma pian piano questa visione duplice non ci convince, perché ci deve essere dell’altro. Ci accorgiamo, ad esempio, che gli piace il reportage, il ritratto ed anche l’immagine notturna. Che si tratti di discrezione? Di modestia? Forse, ma l’equilibrio formale dei suoi scatti ci impedisce un’analisi caratteriale. Crediamo viceversa che la “doppia passione” (tennis più fotografia) in Giorgio abbia rappresentato unicamente un modo di vivere, o forse una via per farlo. In lui abita anche il sogno, il disegno lontano: cose che hanno bisogno di puntelli per vedersi realizzate, le motivazioni duplici appunto. Tutto si fa più chiaro: ritratto, reportage, paesaggio, moda, sono tutte strade possibili; da intraprendere solo, e se, una spinta ulteriore chiuda il cerchio. Le qualità fotografiche ci sono tutte, eccome. Non ci sorprenderà se un giorno incontreremo Giorgio in altri ambiti, sempre però abitati dalla fotografia e dal colpo d’occhio che lui gli dedica. Saranno sempre belle immagini e, guardando quelle d’oggi, c’è da crederci.
[Giorgio Maiozzi, note biografiche]
Giorgio Maiozzi è nato nel 1959 a Roma, dove risiede. Fotografo professionista dal 1988, risulta associato dal 1990 all’A.I.P.S. (Association Internationale de la Presse Sportive) l’unica associazione di categoria riconosciuta dal Comitato Olimpico Internazionale ed è stato uno dei fotografi italiani accreditati alle Olimpiadi di Atlanta 1996 e di Sydney 2000.
Specializzato nel tennis, ha seguito per più di 10 anni il Tour mondiale professionistico, collaborando con numerosi periodici e con tutte le riviste di settore in Italia e con numerose all’estero.
Dal 1989 non ha mai mancato un’edizione degli Internazionali d’Italia di tennis, collabora con l’ITF (International Tennis Federation), la rivista “Tennis Italiano” e segue i più importanti eventi italiani.
Grazie all’esperienza maturata in quegli anni, nel 2000 ha creato “UTHOPIA - Visual Media Agency”, agenzia che si occupa di comunicazione visiva e la cui collaborazione è richiesta da svariate aziende, agenzie e istituzioni.
Specializzato nel reportage fotografico e video di eventi, ha collaborato negli ultimi 20 anni con alcune delle più importanti aziende italiane, come Telecom Italia, BNL, Mercedes Benz Italia, Nissan Italia, IBM Italia, FedEx Italia, Poste Italiane e molte altre.
Dal 2015 collabora con la Federazione Italiana Golf e il Comitato Organizzatore “Ryder Cup Roma 2023”. Dal 2019 è collaboratore esterno dell’agenzia ANSA e della rivista “Golf&Turismo”.
[Le fotografie]
Giorgio Maiozzi. John McEnroe, Verona 2015.