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[CASABLANCA VINCE L’OSCAR]

2 Marzo 1944, Casablanca, con ben otto nomination, vince l’Oscar nella Categoria Miglior Film. L’opera, diretta da Michael Curtiz, entra di diritto nella storia del cinema, diventando col tempo una delle pellicole hollywoodiane più celebri di sempre. La critica non fu clemente con quel lavoro, ma il successo arrivò per ondate successive. Il merito va ascritto agli interpreti (Humphrey Bogart e Ingrid Bergman), alla sceneggiatura (anche se povera, visti i bassi costi di produzione), alla colonna sonora (il brano “As Time Goes By”, quello della battuta “suonala ancora Sam”, ancora oggi è ascoltabile e ascoltato).

Casablanca, tra l’altro, compie 80 anni. Venne infatti proiettato in anteprima il 26 novembre 1942, all’Hollywood Theater di New York; col tempo, poi, ha raccolto omaggi e citazioni che hanno contribuito a consolidarne il mito. Nel 1972 Woody Allen celebra l’intreccio d’amore tra Bogart e la Bergman con “Provaci ancora Sam”, dove addirittura compare il fantasma di lui a fare da suggeritore all’impacciato Woody. Anche le pellicole comiche si sono occupate di Casablanca, prova ne è “Una pallottola spuntata 2½: l’odore della paura”, quando Priscilla Presley chiede al pianista del locale, di colore e di nome Sam, di suonare la loro canzone.

Il cinema questa volta ci porta direttamente alla fotografia e a un grande autore: Gian Paolo Barbieri. I suoi esordi vivono di teatro e cinema, come ci ha raccontato in un’intervista. Ecco perché abbiamo scelto un suo scatto a ricordare Casablanca.

[Le fotografie]

Una scena del film.

Gian Paolo Barbieri. Per Valentino, 1983.

[Le parole di Gian Paolo Barbieri]

“Per me il cinema rappresentava qualcosa di sacro: impazzivo per la bellezza che m’ispirava sin dallo schermo bianco”. “Lì è nata la mia passione”. “Il “noir” degli anni ’40 mi ha restituito tantissimo: per luci e composizione”. “Il neorealismo era un’altra cosa, maggiormente immediato, forse più artigianale”. “La Terra Trema (Luchino Visconti, 1948 ndr.) arrivò a scioccarmi; poi giunse Pasolini, che mi diede il ”.

“Quando scattavo un ritratto alle amiche avevo in mente le cartoline delle attrici di Hollywood e mi arrangiavo come potevo”. “Costruivo di tutto: una lampadina in un tubo della stufa diventava un illuminatore da studio”.

“Lavoravo con mio padre con alterne fortune”. “Un giorno gli chiesi di poter andare a Cine- città”. “Quella era la mia vita, nonostante avessi anche trovato il tempo per terminare gli studi”. “Pensai a un rifiuto, ma non fu così: , mi rispose”. “Ho vissuto a Roma un anno, lavorando anche nel cinema”. “Il periodo era quello della Dolce Vita”.

[Gian Paolo Barbieri, un incontro]

Lo studio è grande, esotico, elegante. Di fronte a noi Gian Paolo Barbieri, il fotografo che abbiamo sempre ammirato per le immagini che da sempre ci propone. Siamo emozionati. Non è facile incontrare tanta raffinatezza e quel garbo “colto” che è frutto della conoscenza e della ricerca incessante che porta all’autorevolezza, al senso delle cose.

In un lato dello studio vediamo le fotografie di una mostra. Riconosciamo Monica Bellucci, e poi donne affascinanti, inarrivabili; in una parola, seducenti. Così ci accorgiamo che le abbiamo sempre sognate per come Gian Paolo Barbieri ce le ha proposte.

Molti dicono che le donne di Barbieri siano più “personaggi” che belle, e siamo d’accordo. Altri le accomunano, per stile, a Cecil Beaton, ma qui dissentiamo un poco. Di Barbieri non colpisce la sola scenografia, bensì la sua capacità di trasportarci in un labirinto complesso di suggestioni dove non abita né l’ambiguità di Newton, e nemmeno il “potere” di Avedon. In quel luogo prende vita una magia antica, la fotografia vera.

[Gian Paolo Barbieri, note biografiche]

Gian Paolo Barbieri nasce in via Mazzini, nel centro di Milano, da una famiglia di grossisti di tessuti dove, proprio nel grande magazzino del padre, acquisisce le prime competenze utili per la fotografia di moda.

Muove subito i primi passi nell’ambito teatrale diventando attore, operatore e costumista insieme al “Il Trio” , gruppo teatrale formato con due suoi amici, nel rifacimento di alcune parti di famosi film come La via del Tabacco, La Vita di Toulouse Lautrec e Viale del Tramonto. In seguito, gli viene affidata una piccola parte non parlata in ”Medea” di Luchino Visconti, con Sara Ferrati e Memo Benassi.

Il cinema noir americano costituisce una base importante per lui, cercando di capire come le attrici potessero risultare così belle illuminate da una luce tutta particolare che le rendeva ancora più affascinanti. Innumerevoli gli esperimenti con lampadine infilate nei tubi della stufa della cantina, da autodidatta, non avendo frequentato nessuna scuola di fotografia. Il cinema gli diede il senso del movimento e l’occasione di portare la moda italiana, nata su fondo bianco in pedana, in esterno, dandole un’anima diversa.

Con l’occasione di trasferirsi a Roma, e grazie alle prime fotografie scattate in puro clima “Dolce vita”, Barbieri accetta l’offerta di lavorare a Parigi poiché definito talentuoso nella fotografia di moda. Inizia così la sua carriera come assistente al fotografo di “Harper’s Bazar”, Tom Kublin, per un periodo breve ma intenso, in quanto Kublin mancò per un ictus solo 20 giorni dopo.

Nel 1964 torna a Milano aprendo il suo primo studio fotografico, dove comincia a lavorare nella moda scattando semplici campionari e pubblicando servizi fotografici su Novità, la rivista che in seguito, nel 1966, diventerà Vogue Italia.

Da quel momento inizia la sua collaborazione con Condè Nast, pubblicando anche su riviste internazionali come Vogue America, Vogue Paris e Vogue Germania.

Personaggi della scena come Diana Vreeland, Yves Saint Laurent e Richard Avedon, fanno parte della sua storia tanto importante quanto le collaborazioni con le attrici più iconiche di tutti i tempi da Audrey Hepburn a Veruschka e Jerry Hall.

Fondamentale tappa del suo percorso è l’esperienza con Vogue Italia insieme alla realizzazione delle più grandi campagne pubblicitarie per marchi internazionali come Valentino, Gianni Versace, Gianfranco Ferré, Armani, Bulgari, Chanel, Yves Saint Laurent, Dolce & Gabbana, Vivienne Westwood e tanti altri con il quale ha interpretato le famose creazioni degli anni ’80, in concomitanza con la conquista del Made in Italy e del prêt-à–porter italiano.

Gli anni Novanta portano Barbieri a compiere diversi viaggi alla scoperta della cultura senza limiti, uniti alla curiosità per paesi lontani e gruppi etnici, per la natura e per gli oggetti più disparati secondo le sue ispirazioni, dando vita poi, a meravigliosi libri fotografici in cui luoghi e realtà lontane vengono raccontati attraverso il suo impeccabile gusto.

Nonostante le foto siano in esterno e spesso immediate o fugaci, risultano talmente “perfette” da sembrare scattate in studio, unite alla spontaneità della popolazione e dei luoghi con un’eleganza ed uno stile che lo contraddistinguono sempre, riuscendo ad intrecciare la spontaneità della fotografia etnografica al glamour della fotografia di moda.

Classificato nel 1968 dalla rivista Stern come uno dei quattordici migliori fotografi di moda al mondo, oggi vince il premio Lucie Award 2018 come Miglior Fotografo di Moda Internazionale.

Barbieri continua tutt’oggi ad essere richiesto come fotografo e artista per campagne pubblicitarie e redazionali, oltre ad essere presente con le sue opere nel Victoria & Albert Museum e National Portrait Gallery di Londra, nel Kunsforum di Vienna, nel MAMM di Mosca e nel Musée du quai Branly di Parigi.

(Fonte sito dell'autore)

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