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[AL PACINO, IL COACH DELLA DOMENICA]

Al Pacino si è affermato come attore cinematografico durante uno dei decenni più vivaci del cinema, gli anni '70; ed è diventato una figura duratura e iconica nel mondo del cinema americano. Noi lo ricordiamo ne “Il Padrino” (bravissimo), ma anche come coach di Football in “Ogni Maledetta Domenica”, quando nell’intervallo di una partita pronuncia il suo discorso motivazionale: “O noi risorgiamo come collettivo o saremo annientati individualmente”. Quel monologo è stato ripreso in molti corsi di team building per la forza della persuasione, con un Al Pacino grandissimo.

Al Pacino è nato il 25 aprile 1940 a Manhattan, New York City, da genitori italo-americani, che hanno divorziato quando lui era giovane. Sua madre, con il figlio, si è trasferita nella casa dei nonni, nel South Bronx. Annoiato e demotivato a scuola, ha trovato un rifugio nelle recite scolastiche e il suo interesse è presto sbocciato in una carriera a tempo pieno. Iniziando dal palcoscenico, ha attraversato un periodo di depressione e povertà. È poi entrato nel prestigioso Actors Studio nel 1966.

I primi lungometraggi di Al Pacino si discostano poco dalle grintose e realistiche performance teatrali che gli sono valse il rispetto: ha interpretato un tossicodipendente in “Panico a Needle Park” (1971) dopo il suo debutto cinematografico in “Me, Natalie” (1969).

Il ruolo di Michael Corleone ne Il padrino (1972) era uno dei più ambiti del momento, ma il regista Francis Ford Coppola preferì Al Pacino per quella parte. Il film ha incontrato un successo enorme, che è valso ad Al Pacino la sua prima nomination all'Oscar come miglior attore non protagonista. Lui ha comunque continuato a scegliere film difficili ma importanti, come il dramma poliziesco “Serpico” (1973) e la tragica rapina in banca nel film “Quel pomeriggio di un giorno da cani” (1975). È stato nominato per tre anni consecutivi all'Oscar come "Miglior attore". Ha vacillato leggermente con “Un attimo, una vita” (1977), ma si è ripreso con “... e giustizia per tutti” (1979), per il quale ha ricevuto un'altra nomination all'Oscar come miglior attore. Questo purtroppo segnò l'inizio di un declino della sua carriera, che produsse flop come “Cruising” (1980) e “Papà, sei una frana” (1982).

Tornato ai Corleone, Pacino ha recitato ne “Il padrino - Parte III” (1990) e ha ottenuto il plauso per il suo primo ruolo comico nel colorato adattamento “Dick Tracy” (1990). Questo gli è valso un'altra nomination all'Oscar come miglior attore non protagonista, che ha ottenuto due anni dopo per “Americani” (1992). È poi entrato nel genere romantico con “Paura d'amare” (1991). Nel 1992 ha finalmente vinto l'Oscar come miglior attore per la sua straordinaria interpretazione in “Scent of woman - Profumo di donna” (1992). Un misto di perfezione tecnica (interpreta un cieco) e carisma, il ruolo è stato creato su misura per lui e rimane un classico.

Gli anni successivi hanno visto Al Pacino più a suo agio con la recitazione. “Carlito's Way” (1993) si è rivelato un altro classico dei gangster, così come l'epico film drammatico “Heat - La sfida” (1995) diretto da Michael Mann e interpretato da Robert De Niro. Ha diretto l'adattamento cinematografico di “Riccardo III - Un uomo, un re” (1996) di Shakespeare. In questo periodo escono “City Hall” (1996), “Donnie Brasco” (1997) e “L'avvocato del diavolo” (1997). Tornando con Mann e poi con Oliver Stone, ha recitato in “Insider - Dietro la verità” (1999) e “Ogni maledetta domenica” (1999).

Mai sposato, Pacino ha una figlia, Julie Marie, con l'insegnante di recitazione Jan Tarrant, e una coppia di gemelli con l'ex fidanzata di lunga data Beverly D'Angelo. La sua storia romantica include Jill Clayburgh, Veruschka von Lehndorff, Carole Mallory, Debra Winger, Tuesday Weld, Marthe Keller, Carmen Cervera, Kathleen Quinlan, Lyndall Hobbs, Penelope Ann Miller e una relazione intermittente di due decenni con il co-protagonista di "Il padrino". Diana Keaton. Ha vissuto per dieci anni con l'attrice argentina Lucila Solá, che ha 36 anni meno di lui.

[Le fotografie]

Terry O’Neill, Al Pacino Londra 1995

Irving Penn, Al Pacino 1995

[Il fotografo, Terry O’Neill]

Terry O’Neill è nato il 30 luglio 1938 da genitori irlandesi a Romford, nell'East London. Dopo aver rinunciato alla sua ambizione di diventare un batterista jazz, iniziò a dedicarsi alla fotografia, con un particolare interesse nei confronti del fotogiornalismo. O'Neill si è affacciato alla professione durante i primi anni '60. Mentre altri fotografi si concentravano su terremoti, guerre e politica, lui si rese conto come la cultura giovanile potesse trasformarsi in notizia su scala globale, così iniziò a raccontare i volti emergenti del cinema, della moda e della musica, che avrebbero poi definito gli Swinging Sixties.

Nel 1959, O'Neill scattò una fotografia al ministro degli Interni, Rab Butler, mentre dormiva all'aeroporto di Heathrow. L'immagine è stata utilizzata sulla copertina del Sunday Dispatch e l'editore ha offerto a O'Neill un lavoro part-time. Successivamente avrebbe trovato un ulteriore impiego presso il principale tabloid nazionale britannico, The Daily Sketch.

Dopo il successo iniziale, O'Neill è passato a lavorare come freelance. Ha fotografato i Beatles e i Rolling Stones, presentando i musicisti in un modo rilassato e naturale. Molte celebrità si sono presentate davanti il suo obiettivo, tra queste: Winston Churchill, Nelson Mandela, Frank Sinatra, Elvis, Amy Winehouse, Audrey Hepburn e tutti gli attori di James Bond. Definito il pioniere della fotografia di backstage, le immagini di O'Neill sono apparse su album rock, poster di film e copertine di riviste internazionali. Il suo lavoro è apparso su Look, Life, Vogue, Paris Match, Rolling Stone, consolidando la sua eredità come uno dei fotografi più pubblicati degli anni '60 e '70.

Durante gli anni '80 Terry O'Neill divenne il fotografo preferito di Hollywood. Ha esposto numerose volte nel Regno Unito e a livello internazionale. Il suo lavoro è conservato esclusivamente nella collezione della National Portrait Gallery di Londra, dove si prendono cura di 77 delle sue stampe.

O'Neill ci ha lasciato nel novembre 2019.

[Il fotografo, Irving Penn]

“Il viso umano è come la facciata di un palazzo: bisogna entrare, scavare, scoprire cosa c'è dietro”. Così diceva Irving Penn riferendosi al suo modo di concepire il ritratto.
I fotografo statunitense avrebbe compiuto gli anni il 16 Giugno (nasce nel 1917). Lo ricordiamo per la sua attività nella moda, tra le nature morte e appunto nel ritratto: prima come figura intera, poi come volto. Tale e tanto è stato l'impegno di Penn in quest'ultimo genere, che lo consideriamo (è un giudizio personale) uno dei quattro grandi ritrattisti della storia, assieme a Nadar, Sanders e Avedon.

La vita

Dopo le scuole pubbliche, a diciotto anni, Penn frequentò il corso di disegno pubblicitario tenuto da Alexej Brodovitch, capo redattore di Harper's Bazar. A venticinque anni partì per il Messico, dove iniziò a dipingere. Dopo un anno, si convinse che non sarebbe mai diventato un grande pittore.

Tornato a New York, divenne assistente di Alexander Liberman, art director della rivista Vogue. Nel 1948, per quest'ultima, lavorò in Perù; ma furono le campagne campagne fotografiche legate al mondo della moda, realizzate nel corso degli anni cinquanta, a dargli la prima fama internazionale.


Nel 1967 creò un piccolo studio fotografico da viaggio, con il quale era in grado di fotografare sullo stesso scenario in ogni parte del mondo e in ogni condizione: nacque cosi la famosa serie dei Worlds in a small rooms (mondi in una piccola stanza), nella quale si alternavano ritratti di personaggi celebri e fotografie di gruppo dove l'etnografia si mescolava alla moda.

Mentre proseguiva la sua attività di fotografo di moda, nel 1977 il Metropolitan Museum di New York presentò il ciclo Street Material (materiale di strada),
nel quale Penn fotografava i resti abbandonati dell'esistenza quotidiana, conferendo loro un nuovo valore estetico.
Divenuto ormai uno dei fotografi più rinomati del mondo, si susseguono le mostre a lui dedicate. In particolare, si ricordano le retrospettive al MOMA di New York nel 1984, quella alla National Portrait Gallery di Washington nel 1990 e quella prodotta dal Moderna Museet di Stoccolma nel 1995, in occasione di una grande donazione del fotografo al museo svedese.
 È deceduto nel 2009, a 92 anni, nella sua casa di Manhattan.

Lo stile

Irving Penn ha passato la vita a cercare di catturare l'anima dei suoi soggetti. Ha lavorato soprattutto per Vogue e Vanity Fair, ma la moda e il suo mondo effimero non lo hanno mai interessato. Ha sempre e solo fotografato in bianco e nero: dal debutto nel 1944, fino all'ultima foto del 2007; sempre cercando di raffinare le sue immagini, poi rendendole sempre più essenziali.

"Fotografare una persona è avere una storia d'amore, per quanto breve", diceva Penn: nei suoi ritratti c'è sempre una grande attenzione per il soggetto, rispetto e sensibilità.

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