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FOTOGRAFIA DA LEGGERE …

Questa volta, nella rubrica del lunedì, incontriamo un romanzo: “Ritratto in Seppia”, di Isabel Allende; Editore Feltrinelli. Gli ingredienti del lavoro sono tanti: una famiglia, complicata e complessa, la morte, la guerra, un’infanzia dimenticata, gli incubi, i nonni, la passione per la fotografia della protagonista. In un disordine entropico, tutto raggiunge le sue simmetrie logiche; con l’arte dello scatto quale fattore coadiuvante.

La sinossi del romanzo

Figlia di tutti e di nessuno, Aurora del Valle cresce prima con i nonni materni, poi sotto la guida dell'anticonformista nonna paterna, Paulina del Valle, che le apre, quasi per caso, il mondo della fotografia. Con la passione della neofita, Aurora fissa al lampo di magnesio gruppi di famiglia, case, paesaggi, personaggi, finché non si rende conto di poter leggere attraverso questi "ritratti in seppia" non solo la realtà visibile ma anche le verità più riposte, i sentimenti più segreti. L'immersione nel passato segue quasi per istinto, automatica. Tutto viene a galla: nodi del sangue, passioni, avventure, intrecci, storie di famiglia e storie del mondo.

Ritratto in seppia e la fotografia

Al di là della trama, nel romanzo Isabel Allende si occupa di fotografia in maniera approfondita. Dice: «La fotografia è un esercizio di osservazione e il risultato è sempre un colpo di fortuna». Certo, non ci parla dell’istante decisivo (alla Bresson, per intenderci), ma inserisce la casualità nella pratica, nell’esercizio; ed è lì che si gioca la battaglia per la “buona fotografia, anche perché: «Ogni istante si dissolve in un soffio trasformandosi immediatamente in passato, la realtà è effimera e transitoria, pura nostalgia».

Sempre in “Ritratto in seppia” troviamo affermazioni di questo tipo: «Per mezzo della fotografia e della parola scritta cerco disperatamente di sconfiggere la fuggevolezza della mia vita, di catturare gli attimi prima che svaniscano, di rischiarare la confusione del mio passato». Già, gli attimi: troppo spesso l’esistenza scorre senza che possa percepire “quella volta”, o anche “l’ultima volta”. La fotografia può portare a galla istanti dimenticati, facendoli riapparire all’improvviso. In un certo senso, riesce ad avvicinare la felicità, perché, come diceva Chaplin: «Felicità è la gioia di essere tristi».

Anche Isabel Allende delega alla fotografia un ruolo narrativo: «Una bella fotografia racconta una storia, rivela un luogo, un evento, uno stato d'animo, è più potente di pagine e pagine scritte». Tutto sta al modo di porsi, all’atteggiamento portato avanti nei confronti della propria prossimità, perché: «La macchina fotografica è uno strumento semplice, anche il più stupido può usarla, la sfida consiste nel creare attraverso di essa quella combinazione tra verità e bellezza chiamata arte. È una ricerca soprattutto spirituale». Del resto: « L'essenziale è spesso invisibile; è solo il cuore, e non l'occhio, a poterlo cogliere, ma la macchina fotografica a volte sfiora tracce di quella sostanza».

Per finire, come già letto nel romanzo “Camera Oscura” di Günter Grass, la fotocamera può farci guardare oltre, magari mettendo ordine nel passato: «Tutto ciò che esiste intesse una relazione, è parte di un rigoroso disegno; quel che a prima vista può sembrare uno sviluppo di casualità, alla minuziosa analisi della macchina fotografica rivela gradualmente le sue perfette simmetrie. Niente è casuale, niente è banale».

Isabel Allende, note biografiche

È molto strano scrivere la propria biografia perché è solo un elenco di date, eventi e risultati. In realtà, le cose più importanti della mia vita sono accadute nelle stanze segrete del mio cuore e non hanno posto in una biografia. I miei risultati più significativi non sono i miei libri, ma l'amore che condivido con alcune persone, in particolare la mia famiglia, e il modo in cui ho cercato di aiutare gli altri.

Da giovane mi sentivo spesso disperata: tanto dolore nel mondo e così poco potevo fare per alleviarlo! Ma ora guardo indietro alla mia vita e mi sento soddisfatta, perché sono passati pochi giorni senza che almeno cercassi di fare la differenza.

(Fonte: sito della scrittrice)

Isabel Allende è una delle voci più importanti della letteratura sudamericana di oggi. È nata a Lima, Perù, nel 1942, ma all'età di 3 anni si è trasferita in Cile con la madre e due fratelli. Ha trascorso la sua infanzia lì, a casa dei nonni materni, ma ha anche viaggiato molto e vissuto in diversi paesi, per via della carriera diplomatica del suo patrigno. Da adulta è tornata in Cile, dove si è sposata, ha avuto due figli e ha lavorato come giornalista fino al 1973. Dopo il colpo di Stato militare di Pinochet si è trasferita in Venezuela e, successivamente, negli Stati Uniti; ora vive a San Rafael, in California, con il suo secondo marito. I suoi libri sono tradotti in molte lingue. Scrive principalmente narrativa, ma si è anche occupata di racconti per bambini, libri umoristici, spettacoli teatrali. Tra i suoi libri: "La casa degli spiriti", "D'amore e ombre", "Eva Luna" , "La pianura infinita", "Paula" (un libro di ricordi, scritto in un periodo tragico, la malattia e la morte della figlia), e la trilogia di libri per giovani adulti, "La città delle bestie", "Regno del drago d'oro" e "La foresta dei pigmei”.

La fotografia

Copertina del libro "Ritratto in seppia" di Isabel Allende. Edizioni Feltrinelli.

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