HARLEY & DAVIDSON, UNA MOTOCICLETTA ICONICA
L’abbiamo riconosciuta più volte: in molti film americani, in qualche poster di persone celebri o cavalcata da qualche divo nei rotocalchi di gossip. Non solo, la vediamo spesso sulle strade di oggi, spesso in gruppo con altre. Stiamo parlando della Harley & Davidson, la motocicletta. Non siamo intenditori, ma il suo rumore è inconfondibile. Di certo non si tratta di una due ruote da prestazione e con essa non si possono mettere “le orecchie per terra”. Diciamo che cavalcando una Harley si vive un’idea, il miraggio di un modo di esistere, il sogno di una strada da percorrere senza meta col solo intento di viaggiare, senza andare troppo forte.
Il richiamo con Easy Rider è evidente (ne parleremo), ma molti personaggi sono stati contagiati dal fascino della due ruote di Milwaukee. Uno di questi è l’attore Brad Pitt, collezionista e fotografo. Proponiamo un’immagine che lo ritrae mentre cavalca la famosa motocicletta: in essa traspare tutta la forza della bicilindrica americana e il senso che intende trasmettere.
Harley & Davidson, un po’ di storia
28 agosto 1903: William Harley, 21 anni, e Arthur Davidson ventenne, costruiscono un prototipo marciante di bicicletta motorizzata; questo mezzo viene realizzato nel garage dell'abitazione di Davidson, a Milwaukee, Wisconsin. Il prototipo supera le migliori aspettative tanto da convincere i suoi inventori a fondare la società Harley & Davidson.
Il primo prototipo, però, aveva un difetto: non era in grado di salire in salita senza che il ciclista fornisse assistenza con la pedalata. Harley e i Davidson non si persero d’animo. Hanno creato un motore più grande e un design del telaio rinnovato. Dopo aver completato il secondo prototipo nel 1904, parteciparono alla gara motociclistica locale allo State Fair Park, classificandosi al quarto posto.
Nel 1905 furono prodotte cinque motociclette, tre delle quali vendute dal primo concessionario Harley-Davidson, Carl H. Lang di Chicago. Nel 1906, Harley e i fratelli Davidson si trasferirono nella loro prima fabbrica, che si trovava nell'attuale sede della sede centrale della Harley-Davidson. Hanno prodotto 50 motociclette durante il loro primo anno in fabbrica, dieci volte di più rispetto all'anno precedente. Nel 1907 la produzione raggiunse 150 esemplari e la Harley-Davidson iniziò a fornire la polizia.
L'azienda ha prodotto oltre 20.000 motociclette per le forze armate statunitensi durante la prima guerra mondiale. Inoltre, essendo una delle due sole aziende motociclistiche americane sopravvissute alla Grande Depressione, Harley-Davidson ha svolto un ruolo importante nella seconda guerra mondiale. L'azienda ha prodotto oltre 90.000 motociclette da utilizzare durante il conflitto.
In oltre 115 anni, Harley-Davidson è diventata un'icona americana. Non importa quante cose siano cambiate nel corso degli anni, una è sempre rimasta la stessa: l'impegno di Harley-Davidson nel produrre una motocicletta di alta qualità.
Easy Rider, il road movie in Harley
Nell’estate ’69 (l’anno della luna e di Woodstock) veniva presentato il film Easy Rider, un road movie che metteva in luce la cultura della controtendenza, la risposta hippie al piattume medio borghese: l’inno alla libertà ad ogni costo.
Regista e interprete della pellicola era Dennis Hopper. Lui, classe 1936, viene ricordato per i suoi ruoli tormentati, ma amava molto pure la fotografia. Negli anni ’60, portava sempre con sé una macchina fotografica per cercare di “catturare l’attimo” e rubare scatti all’interno di feste private, set cinematografici, cene o manifestazioni varie. É stato una personalità effervescente e anticonformista, vestiva quasi sempre da cow boy, anche durante le cerimonie.
Hopper approcciò la fotografia durante gli inizi della sua carriera d’attore. La sua prima moglie (alla fine ne avrà cinque, con quattro figli), gli regalò una macchina fotografica per il suo 25° compleanno.
Tra le strade dell’America, Dennis ha documentato la propria generazione, gettando un ponte sul clima culturale e politico di anni di forte contestazione. É riuscito a fotografare Martin Luther King durante la marcia per i diritti civili da Selma a Montgomery, in Alabama; ma anche il Paul Newman di Nick mano fredda o la prima esposizione di Andy Warhol, tutti momenti unici (e irripetibili) degli anni ’60 americani. Easy Rider è senza dubbio il film che caratterizza Dennis Hopper. Lo abbiamo visto tutti, desiderando “quell’andare ad ogni costo” che era tipico della cultura americana del tempo. Come dimenticare, ad esempio, il libro “On the Road” di Jack Keruac? Il film venne girato nel 1967 in sole sei settimane, ma c’è voluto ben più di un anno per montarlo. Peraltro pare che molti dialoghi fossero stati improvvisati al momento. Jack Nicholson riscosse un grande successo, così decise di proseguire nella carriera dell’attore: abbandonando l’idea di fare il regista. Una cosa importante: il soggetto della pellicola ha tratto ispirazione dal film nostrano “Il Sorpasso”, di Dino Risi; questo era stato lanciato in America col nome di “The Easy Life”.
Alcune sequenze sono state girate in 16 mm, poi ingrandite e sgranate.
Dennis Hopper fu nominato più volte all’Oscar come miglior attore non protagonista. Vista la sua passione per la fotografia, Francis Ford Coppola lo volle in “Apocalypse now” nel ruolo di fotoreporter.
Hopper è stato “un cattivo” dello schermo: artista (e fotografo) sensibile nella vita, ha rilasciato scatti di grande qualità. Per quanto fosse considerato un “fotografo nervoso”, si è sempre distaccato dalle istantanee; era interessato viceversa “agli aspetti formali della fotografia, alla composizione, alle linee che creano un campo”. Il paragone potrà sembrare forzato, ma Dennis era in grado di cogliere quell’attimo tanto caro a Henri Cartier Bresson. Come quest’ultimo, poi, non tagliava mai le sue opere: una volta scelta l’inquadratura, quella compariva nel risultato finale. Di sicuro era dotato di un grande spirito d’osservazione, notato anche da James Dean durante la lavorazione di “Gioventù Bruciata”.
La sua dipartita ha toccato il cuore di quelli che lo rammentano per ciò che ha simboleggiato in Easy Rider: la giovinezza vissuta controcorrente, con una libertà difficile a viversi. La morte l’ha colto il 29 maggio 2010, a Los Angeles, all’età di 74 anni.
Brad Pitt su Harley Davidson
Nessun dubbio sul fatto che Brad Pitt sia un appassionato motociclista. Nel suo garage ci sono moto di ogni genere e diversi pezzi rari, l'attore e produttore due volte priemio Oscar adora le gare MotoGP e alcune le ha seguite da bordo pista.
Fra le moto che possiede c'è anche una Harley-Davidson costruita da Indian Larry Motorcycle, la “When Push Comes to Shove”, moto che acquistò anni fa per la cifra di 65.000 dollari.
Larry Desmedt, noto come Indian Larry, è morto nel 2004 e le sue chopper realizzate a mano una per una e come pezzi unici sono famose in tutto il mondo. La sua officina è ancora a Brooklyn, guidata da John Asarisi, e costruisce meno di dieci moto l'anno.
La fotografia è di Mark Seliger (2014)
(Fonte: moto.it)
Il fotografo, Mark Seliger
Mark Seliger è nato ad Amarillo in Texas nel 1959, dove è vissuto con i suoi genitori, Maurice e Carol Lee, con i suoi due fratelli e una sorella, fino al 1964, quando si sono trasferiti a Houston. Il primo interesse di Seliger per la fotografia è iniziato quando suo fratello Frank gli ha promesso la sua macchina fotografica se avesse ottenuto un successo nella Little League di baseball. Tutto è andato bene e la fotocamera è diventata sua. La camera oscura divenne il suo primo amore, dove iniziò a sperimentare con la stampa e lo sviluppo nel bagno di famiglia.
Mark ha frequentato la High School for Performing & Visual Arts di Houston e, da lì, i suoi studi sono proseguiti presso la East Texas State University e lo hanno portato ad approfondire la storia della fotografia documentaria.
Mark si è trasferito a New York nel 1984. Nel 1987 ha iniziato a lavorare per Rolling Stone, dal 1992 come capo fotografo. Durante la sua permanenza nel magazine, Seliger ha prodotto oltre 125 copertine, iniziando anche un rapporto di collaborazione a lungo termine con il Design Director Fred Woodward, col quale ha continuato a lavorare con GQ. Insieme hanno co-diretto numerosi video musicali, per artisti come Willie Nelson, Lenny Kravitz ed Elvis Costello. Nel 2011, ha co-fondato uno spazio espositivo senza scopo di lucro per la fotografia chiamato 401 Projects, che ha presentato esposizioni per James Nachtwey, Eugene Richards, Albert Watson, Platon e altri. Conduce anche uno spettacolo su Reserve Channel di You Tube, che si concentra su conversazioni sincere tra fotografi affermati come Platon, Mary Ellen Mark, Martin Schoeller, Bob Gruen, ecc. e celebrità interessate alla fotografia (Dylan McDermott , Helena Christensen, Judd Apatow).
Seliger continua il suo amore per la camera oscura utilizzando il processo al platino e palladio per creare stampe di grande formato, e le sue fotografie sono state esposte in molti musei e gallerie. Ha pubblicato numerosi libri, tra cui: On Christopher Street: Transgender Stories (Rizzoli, 2016), Listen (Rizzoli, 2010), Mark Seliger: The Music Book (teNeues, 2008), In My Stairwell (Rizzoli, 2005), Lenny Kravitz /Mark Seliger (Arena, 2001), Physiognomy (Bullfinch, 1999) e When They Came to Take My Father – Voices from the Holocaust (Arcade, 1996).
Nel 2001, Seliger si è trasferito da Rolling Stone a Condé Nast. Scatta spesso per Vanity Fair, Elle, GQ, Vogue Italia, L'Uomo Vogue e Vogue Germania.
Le fotografie
Un’immagine tratta dal film Easy Rider (1969)
Brad Pitt su una Harley-Davidson costruita da Indian Larry Motorcycle (2014). Ph. Mark Seliger