NASCE EUGENIO MONTALE
La nascita di Eugenio Montale ci offre l’opportunità di incontrare due fotografi che l’hanno ritratto: Ferdinando Scianna e Ugo Mulas. Emergono due sensibilità differenti, due diversi modi d’agire, cui corrispondono altrettanti approcci al cospetto di un poeta famoso e significativo. Di mezzo, come vedremo, emerge il rapporto tra parole scritta e fotografia, ma già prima del click prendono corpo forze vitali riscontrabili poi nel risultato ottenuto. Scianna, come racconta in Visti & Scritti, incontra Montale in uno studio televisivo: «Fumava una sigaretta dietro l’altra […]. Lo sentivo barricato in una specie di silenzio interiore. Cercavo di coglierlo, questo silenzio, e mi pareva di non riuscire. Diceva frasi nitide e brevi. Più che il silenzio, mi parve di capire molto tempo dopo, emanava una certa sensazione di densità. Sì, densità. “Codesto solo oggi possiamo dirti: ciò che non siamo, ciò che non vogliamo” (Da “Non chiederci la parola che squadri da ogni lato”, 1923). Questa frase lucida e disperata continua ad accompagnarmi come la migliore, se non la sola, definizione del tempo nel quale c’è toccato di vivere». Ecco che emerge il rapporto tra parole scritte e fotografia, che Scianna legge tra silenzio e “densità”, sostantivo, quest’ultimo, che probabilmente nasce proprio nell’atto di scattare la fotografia.
Ugo Mulas negli anni ‘60 decide di dedicare, attraverso la fotografia, un gesto d’amore a un’altra arte: la poesia. L’idea era quella d’illustrare un’opera di Eugenio Montale: Ossi di Seppia. Ne nasce un lavoro che diventa un connubio tra le due arti, un vortice d’immagini e parole; dove l’astrazione del verbo trova la giusta rappresentazione nelle forme dell’immagine fotografica.
Mulas per un paio d’anni, dal 1962 al 1965, si era recato a Monterosso, paese in cui il poeta aveva trascorso parte della vita, così aveva cercato, e trovato, i luoghi dei suoi versi. Il fotografo ci aveva già abituato a un atteggiamento del genere, perché non si limitava a documentare, ma voleva indagare, conoscere, comprendere. Il risultato? Si dice che il poeta, guardando le fotografie, abbia esclamato: «Come hai fatto, come hai fatto!»
.Eugenio Montale, la vita
Eugenio Montale nasce a Genova il 12 ottobre 1896 nella zona di Principe, ultimo di sei figli. Trascorre l'infanzia e la sua giovinezza tra Genova e Monterosso, nelle Cinque Terre, dove la famiglia è solita recarsi in vacanza.
Frequenta l'istituto tecnico commerciale e si diploma in Ragioneria nel 1915. Scopre i propri interessi attraverso un percorso da autodidatta, privo di condizionamenti. Coltiva così le lingue straniere e la letteratura. Tra il 1915 e il 1923 studia anche musica.
Terminata la prima guerra mondiale, che l’ha visto partecipe al fronte, Montale inizia a frequentare i circoli culturali liguri e torinesi. Nel 1927 si trasferisce a Firenze, città fondamentale per la nascita della poesia italiana moderna. Là si presenta l'edizione degli "Ossi di Seppia" del 1925. Collabora poi con la rivista "Solaria", frequenta il circolo letterario del caffè delle "Giubbe Rosse" - dove tra gli altri conosce Gadda e Vittorini - e scrive per quasi tutte le nuove riviste letterarie che nascono e muoiono in quegli anni.
Dopo la Seconda Guerra mondiale s’iscrive al Partito d'Azione e inizia un'intensa attività con varie testate giornalistiche. Nel 1948 si trasferisce a Milano dove inizia la sua collaborazione con il Corriere della Sera, per conto del quale compie molti viaggi, occupandosi di critica musicale.
Nel 1967 viene nominato senatore a vita. Nel 1975 arriva il Premio Nobel per la Letteratura.
Muore a Milano il 12 settembre 1981, poco prima di compiere 85 anni, per una vascolopatia cerebrale. Riposa accanto alla moglie Drusilla nel cimitero vicino alla chiesa di San Felice a Ema, nella periferia sud di Firenze.
Ferdinando Scianna, note biografiche
Ferdinando Scianna nasce a Bagheria in Sicilia, nel 1943. Comincia a fotografare negli anni '60, mentre frequenta la facoltà di Lettere e Filosofia all' Università di Palermo. In questo periodo fotografa, in modo sistematico, la sua terra, la sua gente, le sue feste. Nel 1965 esce il volume Feste Religiose in Sicilia, con un saggio di Leonardo Sciascia: ha così inizio una lunga collaborazione e amicizia tra Scianna e lo scrittore siciliano. Pochi anni più tardi, nel 1967, si trasferisce a Milano, lavora per L'Europeo, e poi come corrispondente da Parigi, citta in cui vivrà per dieci anni. Nel 1977 pubblica in Francia Les Siciliens (Denoel), con testi di Domenique Fernandez e Leonardo Sciascia, e in Italia La villa dei mostri, sempre con un'introduzione di Sciascia. A Parigi scrive per Le Monde Diplomatique e La Quinzaine Litteraire e soprattutto conosce Henri Cartier-Bresson, Ie cui opere lo avevano influenzato fin dalla gioventù. Il grande fotografo lo introdurrà nel 1982, come primo italiano, nella prestigiosa agenzia Magnum. Dal 1987 alterna al reportage la fotografia di moda riscuotendo un successo internazionale. È autore di numerosi libri fotografici e svolge da anni un'attività critica e giornalistica; ha pubblicato moltissimi articoli su temi relativi alla fotografia e alla comunicazione per immagini in generale. Gli ultimi libri pubblicati con Contrasto sono Ti mangio con gli occhi (2013), Visti&Scritti (2014), Obiettivo ambiguo (2015) e In gioco (2016).
Ugo Mulas, note biografiche (Fonte: ugomulas.org)
Ugo Mulas nasce il 28 agosto 1928 a Pozzolengo nel Bresciano.
Dal 1948 si stabilisce a Milano per studiare alla Facoltà di Giurisprudenza. Terminerà gli studi decidendo però di non laurearsi. Giunto nel capoluogo lombardo, comincia ben presto a frequentare l’ambiente dell’Accademia di Brera, dove entra in contatto con gli artisti e gli intellettuali che si ritrovavano al Bar Jamaica.
Affascinato dal mondo dell’arte, Mulas approda alla fotografia quasi per caso. La sua formazione è completamente autodidatta. Egli comprende presto che essere fotografo vuol dire fornire una testimonianza critica della società nella quale egli vive; la società del dopoguerra. E’ proprio questa sensibilità che guida le ricerche di Mulas tra il 1953 e il 1954 con i primi soggetti: le periferie milanesi, la Stazione Centrale e gli amici del Bar Jamaica. Significativo è l’incontro in questi anni con Mario Dondero con il quale realizzerà il suo primo reportage, pubblicato su “Le Ore”, alla Biennale di Venezia del 1954. Da questa esperienza, Mulas seguirà la manifestazione veneziana fino all’edizione del 1972.
Dall’amicizia nata al Bar Jamaica con Petrino Bianchi nasceranno le collaborazioni stabili con le testate “Settimo Giorno” e “Illustrazione Italiana”. Il fotografo in questi anni si guadagna da vivere realizzando fotografie per la pubblicità e per la moda. Importante è la sua collaborazione con la rivista “Novità” e la sua collaborazione con la stilista Mila Schön.
Nel 1958 al Jamaica, Mulas conosce Antonia Buongiorno, che diventerà presto non solo sua moglie ma anche compagna del mestiere, affiancandolo nella gestione di uno studio fotografico professionale. Tra il 1956 e il 1957 Ugo Mulas collabora con la “Rivista Pirelli” e con la rivista “Domus” per la quale realizza dei meravigliosi servizi di architettura.
Sono questi gli anni nei quali collabora con Strehler, grazie al quale pubblicherà le fotocronache “L’opera da tre soldi”(1961) e “Schweyck nella seconda guerra mondiale”(1962). Mulas matura in questo periodo il progetto di un reportage dedicato alla scena artistica italiana e internazionale. La prima occasione si realizza nella mostra “Sculture nella città”, che nell’estate del 1962 richiama cinquanta artisti italiani e non, nella città di Spoleto. In questa occasione Mulas conosce molti artisti tra i quali: Pietro Consagra, Alexander Calder e David Smith. Con quest’ultimo Mulas realizzerà il suo primo libro sulla scultura (1964) dove il fotografo ha modo di raccontare il lavoro dell’artista americano nella fabbrica di Voltri. Anche dall’incontro con Calder nascerà un libro (1971) curato dallo stesso Mulas, risultato della frequenza del fotografo nelle due case dell’artista americano sia a Sachè in Francia che a Roxbury in America. Appartengono a questo periodo gli scatti dei paesaggi liguri che verranno utilizzati per le poesie di Montale della raccolta “Ossi di seppia”.
L’estate del 1964 è significativa per Mulas. Alla Biennale di Venezia viene presentata la Pop Art al pubblico europeo; inoltre il fotografo ottiene la collaborazione del critico Alan Solomon e l’appoggio del mercante d’arte Leo Castelli i quali introducono Mulas nel panorama artistico americano durante il suo primo viaggio negli Stati Uniti. Qui ha modo di documentare importanti pittori al lavoro tra i quali Frank Stella, Lichtenstein, Johns, Rauschemberg; e di ritrarre importanti presenze come Marcel Duchamp, Andy Warhol, John Cage.. La collaborazione con gli americani continuerà poi nel 1965 e successivamente nel 1967, anno nel quale Mulas presentala sua analisi del lavoro degli artisti pubblicando il volume “New York: arte e persone”.
Del 1969 è invece il reportage dell’evento “Campo Urbano”, tenutosi a Como; del quale Mulas fu anche autore. Il 1969 vede anche la realizzazione di due importanti scenografie: la prima realizzata per “Giro di vite” di Benjamin Britten, realizzato dal regista Virginio Puecher; la seconda fu una collaborazione sempre con Puecher: “Wozzeck” di Alan Berg.
Nel 1970 Mulas si ritroverà costretto a ridurre la sua attività di fotografo, perché gravemente ammalato. Tuttavia realizza in quest’anno un lavoro con Paolo Scheggi, il catalogo della mostra “Amore mio” organizzata da Achille Bonito Oliva e inoltre realizza un completo reportage della mostra “Vitalità del Negativo” sempre di quest’anno. Nel 1971 realizza da una parte, un magnifico lavoro di riproduzione delle sculture di Fusto Melotti, dall’altra, si concentra sui nuovi aspetti del suo lavoro personale iniziando la serie “Le Verifiche” che occupa l’ultima parte della sua vita. Essa rappresenta una riflessione sul lavoro svolto in vent’anni di attività, visto attraverso una rilettura della storia della fotografia.
Ugo Mulas si spegne a Milano il 2 Marzo 1973.
Ugo Mulas e l’upupa, la fotografia
La fotografia è del 1970 e ritrae Montale con la sua upupa imbalsamata, ricevuta in dono da amici. L’upupa non è ben visto fra i poeti, Foscolo tra questi. Montale la rende portavoce dei temi a lui vicini: l’essenza del tempo, la vita e il male di vivere; tutto questo nella poesia “Upupa, ilare uccello”, dalla raccolta "Ossi di Seppia".
Le fotografie
Ferdinando Scianna, Eugenio Montale. Milano, 1967
Ugo Mulas, Eugenio Montale e l’upupa, 1970