Skip to main content

CRISI DEL ’29, IL MARTEDI’ NERO

Col titolo, ci stiamo riferendo alla crisi economica che alla fine degli anni Venti colpì il mondo intero, con ricadute su produzione, occupazione, redditi, salari, consumi e risparmi. Sono poi nati termini come “Grande depressione”, “Crisi del ’29” o “Crollo di Wall Street”. Tutto ebbe inizio il 24 ottobre 1929, poi chiamato “giovedì nero”, con il crollo della borsa. Alcuni giorni dopo, il lunedì 28 ottobre e martedì 29 ottobre (il martedì nero), 16 milioni di azioni vennero scambiate a prezzi in caduta verticale.

Con l’arrivo della Grande Depressione, Margaret Bourke-White lascia New York per trasferirsi a ovest, raccontando il dramma umano degli agricoltori americani degli stati centrali, già colpiti dalla depressione economica e ridotti in miseria dalle tempeste di sabbia. Lei, però, non documenta solamente, ma aggiunge negli scatti ironia e sarcasmo, rendendo ancora più palesi le ambiguità del Sogno Americano.

Le fotografie che vediamo non riguardano le tempeste di sabbia, ma sono state scattate nel 1937, durante le alluvioni che hanno colpito Louisville, in Kentucky. L’immagine in pagina 2 è ben composta, facendo emergere con forza il contrasto palesato dal manifesto e recitato dal testo che l’accompagna: «Non esiste niente al mondo come lo stile di vita americano». E poi: «I più alti standard di vita». I testimonial del messaggio sono i componenti di una famigliola bianca: sorridenti, felici, dentro l’immancabile automobile. Sotto ecco comparire la dura realtà, in fila con se stessa: quel popolo che sta attraversando un momento di grande difficoltà.

Quell’immagine è diventata un’icona nella mente di molti, rappresentando la visione di un’epoca. Seppur abbia documentato soltanto il territorio Kentucky, è riuscita a rendersi portavoce del profondo disagio sociale che a più livelli incombeva sugli Stati Uniti d’America degli anni Venti e Trenta.

Margaret Bourke-White, una vita come un romanzo

Margaret Bourke-White nasce il 14 giugno 1904 a New York ma si trasferisce presto nel New Jersey. Il padre, un inventore, trasmette alla figlia l’amore appassionato per le macchine, nonché il bisogno di misurarsi con la tecnologia e di superarla. Nel 1921 frequenta la Columbia University. Un anno dopo, nel 1922, il padre muore lasciando in lei un vuoto incolmabile. Margaret torna a scuola e frequenta le lezioni di fotografia di Clarence H. White. A soli 21 anni si sposa con Everett Chapman; non sarà un matrimonio felice: dopo due anni divorzieranno. Poco più che ventenne, di ritorno all’università, questa volta la Cornell, riscopre la fotografia: capisce che realizzare e duplicare scorci pittoreschi del campus può diventare un’attività redditizia e creativa. In breve si trasferisce a Cleveland, apre uno studio fotografico e affronta il mercato della fotografia corporate e pubblicitaria. Lentamente si farà conoscere come temeraria e intrepida fotografa industriale, in grado di affrontare il fuoco per realizzare splendide immagini industriali. Nel 1929 arriva la svolta: Henry Luce, editore di Time, la invita a partecipare a un nuovo progetto, la rivista Fortune. Per lei si tratta di una grande opportunità: si trasferisce a New York e alternerà il lavoro di fotografa pubblicitaria (con studio all’ultimo piano del Chrysler Building, completo di una coppia di alligatori in liberta) ai reportage sul mondo del lavoro negli Stati Uniti. Ha successo, energia, inventiva. I suoi coordinati, cappello, gonna, guanti e panno della macchina fotografica in tinta, diventano leggendari. Per Fortune nel 1930 sarà in Germania e poi in Russia, dove viaggerà a lungo e più volte.

Dal 1936 non e più possibile ignorare gli effetti della Depressione e Margaret rivolge l’attenzione a lavori di documentazione sociale. Conosce lo scrittore Erskine Caldwell, che diventerà suo marito (ma anche in questo caso il matrimonio durerà pochi anni) e insieme percorreranno il Sud americano segnato dalla siccità. Dal sodalizio tra i due nasce il libro You Have Seen Their Faces (1937).

Il successo non si arresta. Luce la vuole al suo fianco per un’altra avventura: partecipare alla nascita di LIFE, la più importante rivista fotografica del periodo. Sua sarà la prima copertina, nel 1936, suoi saranno i tanti reportage pubblicati. Grazie a LIFE, Margaret diventa un personaggio pubblico e la sua immagine di donna elegante, volitiva e intelligente diventa sinonimo di eccellenza. Continua a viaggiare; fa riprese aeree straordinarie; torna in Europa, prima a Berlino, poi a Mosca e in occasione dello scoppio delle ostilità tra URSS e Germania realizza un sorprendente ritratto di Stalin. Nel 1942 le forze armate americane disegnano per lei la prima uniforme femminile di corrispondente di guerra. Margaret fotografa le operazioni in Africa e passa mesi sul fronte italiano. E a Napoli, Cassino, Roma; da questa esperienza nascerà il libro They Called it Purple Heart Valley. Nella primavera 1945 e al seguito del generale Patton in Germania. Nel mese di aprile entra, prima fotografa, nel campo di Buchenwald liberato. Qui il dovere di testimoniare rischia di diventare un’esperienza durissima, ai limiti della sopportazione. Ma Bourke-White è una professionista e non si ferma di fronte a nulla. Finita la guerra è in India nel momento di passaggio dall’impero britannico alla liberta e alla separazione dal Pakistan. A questo lavoro dedicherà il libro, pubblicato anche in italiano nel 1952, L’India a metà strada. Sarà poi la volta del Sudafrica, dove Margaret cerca di conoscere le condizioni di vita e di lavoro nei campi e nelle miniere. Arriverà poi ancora sul fronte della guerra in Corea per testimoniare il difficile, straziante momento di divisione di una terra, e un popolo, in due stati. Altri reportage, altri lavori la porteranno a viaggiare, a conoscere il suo stesso paese e quando sarà possibile cercherà di salire su un velivolo e realizzare le sue amate vedute aeree. Tra un viaggio e l’altro, nella sua residenza di Darien, nel Connecticut s’immerge nella natura e si concentra sui suoi libri. Verso il 1952 deve però intraprendere una dura lotta: quella contro il morbo di Parkinson. Sarà una battaglia lunga e complessa e gli ultimi anni la vedranno cercare in tutti i modi di continuare a lavorare, cercando almeno di usare la macchina per scrivere. Morirà nel 1971, all’età di 67 anni, al termine di vent’anni di lotta estenuante contro la malattia.

(Fonte della biografia: Comunicato Stampa della mostra “Prima, donna. Margaret Bourke-White”, tenutasi a Palazzo Reale, in Milano.

Le fotografie

Margaret Bourke-White, Kentucky 1937

Like what you see?

Hit the buttons below to follow us, you won't regret it...