IL NOBEL A HEMINGWAY
28 ottobre 1954, Ernest Miller Hemingway viene insignito del premio Nobel per la letteratura. L’anno precedente aveva ricevuto il Premio Pulitzer per il romanzo “Il vecchio e il mare”. La trama del romanzo vive su due personaggi, il vecchio Santiago e Manolo, un ragazzo; che si dividono le vicende tra capanne e mare. Il pescatore sembra colpito da una maledizione, non porta a casa nulla, da tempo. Era già solo, ma quando impediscono al ragazzo di uscire con lui, il confronto tra uomo e mare diventa totale, assoluto, col carattere di una sfida impossibile. Il duello finale suona come un improvviso ritorno al passato, a quell’energia che pareva scomparsa.
Per ottantaquattro giorni non era riuscito a pescare nulla, eppure il vecchio Santiago raccoglie le forze e riprende il mare per una nuova battuta di pesca. Nella disperata caccia a un enorme marlin, lotta quasi a mani nude contro gli squali che un pezzo alla volta gli strappano la preda, lasciandogli solo il simbolo della vittoria. Il pescatore ritrova dentro di sé il segno e la presenza del proprio coraggio, la giustificazione di una vita intera.
Dal romanzo è stato tratto l’omonimo film del 1958, diretto da John Sturges, con Spencer Tracy nel ruolo di Santiago. La pellicola, nel 1959, si è aggiudicata il Premio Oscar per la miglior colonna sonora (Dimitri Tiomkin). A Spencer Tracy era stata assegnata la nomination quale migliore attore protagonista.
Hemingway e la fotografia
La vita di Ernest Hemingway fu tutt’altro che semplice e tranquilla. Quattro matrimoni alle spalle e una vita turbolenta gli conferirono la fama, ma anche una forte depressione, che lo portarono a suicidarsi nel 1961.
Ernest Hemingway nasce il 21 luglio 1899. Il Nobel del 1954 ci permette d’indagare sul suo rapporto con la fotografia. Attenzione, questa volta non ci troviamo di fronte un letterato che si dedica alla pratica fotografica, come nel caso di Verga o Simenon; ma di un intellettuale che diventa soggetto per tanti autori famosi, peraltro molto spesso.
Per cogliere meglio il rapporto tra fotografo e soggetto, occorre definire meglio (ove possibile e con i nostri mezzi) gli aspetti salienti di chi si pone di fronte all’obiettivo. Diciamo subito che Ernest, come scrittore, ha occupato con i suoi romanzi la vita d’intere generazioni: anche quella di chi scrive. Francesco Guccini lo cita nella sua canzone “Incontro” (LP Radici).
«I nostri miti morti ormai, la scoperta di Hemingway».
Woody Allen lo riporta in vita nel film “Midnight in Paris” (2011), dove il protagonista impara ad accettare il presente grazie a due figure importanti della letteratura americana del ‘900: E. Hemingway e F.S. Fitzgerald. Del resto, in molti hanno letto “Addio alle armi” (bella l’edizione Mondadori del 1949, con la traduzione di Fernanda Pivano), “Per chi suona la campana”, “Il vecchio e il mare” (anche qui con la traduzione di Fernanda Pivano, Mondadori 1952; Premio Nobel per la letteratura), “Fiesta”. Piaceva, forse, il suo appartenere alla Lost Generation o anche la vita turbolenta da lui portata avanti.
Sta di fatto che Hemingway è stato fotografato spesso. I fotografi si facevano in quattro per ritrarlo e raccontarne le giornate, negli atteggiamenti più comuni della vita quotidiana. Le ragioni non possono essere accomunate alle precedenti, anche perché non riguardano il passato, ma costituiscono un rilievo del presente. Ci piace però pensare a quegli anni, a come la fotografia fosse l’alba della notizia e delle vicende da raccontare. E poi ci sono i personaggi, nella Parigi di Hemingway, Man Ray e Capa su tutti: una città che costituiva l’epicentro del pensiero artistico e fotografico.
La fotografia ha comunque seguito la vita dello scrittore sin dalla gioventù, quando Bill Smith (un amico) lo ritrae nei momenti più disparati della quotidianità. Di Parigi e Man Ray abbiamo già fatto cenno, ma il rapporto più intenso Ernest l’ha istaurato con Robert Capa. I due si conobbero in Spagna, durante la guerra civile, nel 1937 e la loro amicizia rimase solida fino alla morte del fotoreporter su una mina nel 1954. Da Capa si fece fotografare nel privato e nelle trincee, a pesca e in famiglia, a tavola, alla scrivania e in ospedale, durante la guerra di Spagna e la Seconda guerra Mondiale. Pare addirittura che sia stato proprio Hemingway a suggerire a Capa di aprire un’agenzia fotografica, quella che poi sarebbe diventata poi la Magnum.
Ernest Hemingway e Robert Capa
Ernest e Robert erano due personaggi straordinari. Le esperienze personali di Hemingway: l’aver vissuto e combattuto guerre straniere (era anche sul fronte italiano durante il primo conflitto mondiale), la vita bohémien a Parigi e le avventure in Africa, Spagna o Cuba hanno alimentato la sua immaginazione di romanziere, contribuendo a creare il suo personaggio più grande della vita stessa. Di contro, Robert non può essere annoverato solo come fotografo di guerra, perché molte delle sue immagini catturano le gioie dei tempi migliori. Tra queste vanno considerati anche i numerosi ritratti di personalità della cultura del suo periodo, da Picasso (altro suo amico) a Ingrid Bergman (sua compagna per un lungo periodo), per finire naturalmente a Ernst Hemingway.
Capa ha assistito anche a eventi bellici cruenti, ma di rado fotografò morti e i feriti gravi. Si concentrava sui sopravvissuti, per i quali la vita andava avanti nonostante tutto. Si potrebbe dire che il grande tema delle sue fotografie di guerra fosse il trionfo dello spirito umano sulle più terribili avversità. Sappiamo poi come il fotoreporter ungherese fosse abile nel prepararsi il terreno per un servizio, curandone poi con cura la divulgazione. “Capa sapeva che cosa cercare e che cosa farne dopo averlo trovato”, disse di lui John Steinbeck.
Ci piace immaginare Ernest e Robert insieme, all’Hotel Florida di Madrid, durante la guerra civile spagnola. L’amicizia dovrebbe essersi cementata da subito, per somiglianze reciproche; prima fra tutte quella dello sguardo sul mondo: asciutto per lo scrittore, forse più poetico quello del fotografo, ma per entrambi libero, spavaldo, allungato sui sentimenti da demandare al futuro. E noi accettiamo volentieri questa eredità.
Man Ray, fotografo e artista
Man Ray, pseudonimo di Emmanuel Radnitzky, nasce a Philadelphia il 27 agosto del 1890. I suoi genitori sono di origine russa ed emigrano negli Stati Uniti durante gli anni Ottanta. Nel 1897 la famiglia si trasferisce a Brooklyn, New York, dove Emmanuel inizia ad interessarsi di arte e architettura. Finiti gli studi nel 1908, Emmanuel è attratto dalle gallerie e musei di Manhattan e diventa un visitatore regolare della Galleria 291 di Alfred Stieglitz, dove è introdotto al concetto di fotografia come arte.
La poetessa Donna Lecoeur (sua moglie) lo introdurrà nella comunità di artisti francesi, dove incontrerà Marcel Duchamp (1915), che diventerà suo amico e collaboratore. Sarà quest'ultimo a invitarlo a Parigi. La città francese è, a quel tempo, il centro del mondo artistico e Man Ray, insoddisfatto dall'accoglienza riservata alla sua opera a New York, annuncia ben presto la sua intenzione di trasferirsi laggiù.
A Parigi Man Ray è subito adottato dai dadaisti. Inizia a lavorare come fotografo professionista presso "Harper's Bazar", "Vogue", "Vu", "Vanity Fair" e altre riviste famose. Sebbene in quel periodo Man Ray si distingua soprattutto per i ritratti, è allora riconosciuto come artista della fotografia. La solarizzazione è un importante elemento della fotografia di Man Ray e molti dei suoi ritratti combinano questa tecnica con l'uso di retini per diffondere l'immagine stampata. Ormai fotografo affermato, attività alla quale dedica sempre più tempo, l'artista Man Ray vive tuttavia un crescente sentimento di frustrazione. Negli anni Trenta Man Ray diminuisce progressivamente il suo impegno come fotografo per tornare a occuparsi di pittura e a collaborare con altri artisti.
La guerra imminente lo costringe a fuggire dall'Europa. Il 6 agosto si imbarca da Lisbona per gli Stati Uniti e dieci giorni dopo giunge nel New Jersey. Per Man Ray, allora cinquantenne, aver abbandonato la Francia ha significato abbandonare ogni certezza, un'attività di successo, gran parte del lavoro di una vita, amici e affetti. A New York, sentendosi depresso, Man Ray accetta l'offerta di un amico di attraversare con lui in macchina gli Stati Uniti. Il mattino successivo al suo arrivo a Los Angeles, Man Ray telefona a Juliet Browner, una modella del Bronx, New York, che lo raggiunge immediatamente e insieme vanno a vivere in un appartamento al 1245 di Vine Street, trasformato nello "Studio Man Ray". Man Ray e Juliet si sposano nel 1946. In California Man Ray prende le distanze dalla fotografia pubblicitaria, si dedica a ricreare molte delle opere da lui credute perdute durante la guerra e riprende la sua antica passione per gli scacchi, disegnando diverse scacchiere.
Nel 1951 Man Ray torna a Parigi, dove inizia un periodo di rinnovata e intensa attività. Il riconoscimento alla sua opera arriva con l'assegnazione di una medaglia d'oro alla Biennale di Venezia del 1961.
Man Ray lavorerà intensamente fino al 1976, nonostante la salute poco cagionevole. Il 18 novembre, con accanto Juliet, morirà nella sua casa e verrà sepolto nel cimitero di Montparnasse.
Il fotografo Robert Capa
Robert Capa nasce a Budapest il 22 ottobre 1913. Inizia la sua carriera di fotoreporter in un’agenzia fotografica di Berlino. Dopo l’ascesa al potere di Hitler, si trasferisce a Parigi dove inizia la sua attività di foto-giornalista freelance. Lavora in Spagna, durante la guerra civile, in Cina, in Nord Africa. In Italia, testimonia con i suoi scatti la liberazione del Paese dal nazismo, al seguito delle truppe alleate, dallo sbarco in Sicilia, a Napoli e ad Anzio. Immortala con le sue foto lo sbarco alleata in Normandia. Nel dopoguerra, diventa presidente dell’agenzia fotografica Magnum. Nel 1947, intraprende, insieme al grande scrittore americano John Steinbeck, un viaggio in Urss. Nel 1954, Capa parte per il Giappone e poi per il Vietnam come inviato di Life. E in Vietnam trova la morte, il 25 maggio 1954, ucciso da una mina anti-uomo. A New York viene aperto in suo onore l’International Center for Photography e istituito il premio annuale Robert Capa.
Le fotografie
Ernest Miller Hemingway fotografato da Man Ray, 1928.
Ernest Hemingway con suo figlio Gregory a Sun Valley, Idaho. 1941, fotografia di Robert Capa.