ALL’ALBA VINCERO’
Il 29 novembre 1902 nasce a Torino Carlo Levi, l’autore del capolavoro letterario “Cristo si è fermato a Eboli”. Ne abbiamo parlato quest’anno il 4 gennaio, giorno della sua scomparsa (1975).
Lasciamo la letteratura per la musica, perché il 29 novembre 1924 ci lascia Giacomo Puccini.
“All’alba vincerò” (il nostro titolo) è una frase che appartiene a “Nessun dorma”, la celebre romanza dell’opera lirica “Turandot”, rimasta incompiuta per il decesso del compositore di Lucca e terminata da Alfano. A cantare il brano, a teatro, è Calaf, il principe ignoto che vuole conquistare la principessa Turandot. Lei era solita uccidere i suoi pretendenti, che venivano prima interrogati con degli indovinelli: l’errore comportava la morte. Calaf risponde ai tre quesiti (fine atto II), ma aggiunge che avrebbe accettato la morte se la “Principessa Morte” fosse stata in grado di scoprire il suo nome prima dell’alba; da qui la romanza “Nessun dorma”, perché è all’alba che Calaf vincerà; morirà un’ancella per difendere Calaf, nell’intreccio classico del melodramma: amore e morte narrati insieme, gli estremi della vita.
Ci sentivamo obbligati a parlare di Puccini, anche se il corredo fotografico è povero. A lui, oltre Turandot, si devono altri capolavori, come: La bohème, Tosca e Manon Lescaut. Nessun dorma, comunque, rimane nel cuore di chi scrive, perché cantata da nonni e padri nelle serate senza TV, con quell’amore per la lirica reso contagioso e tramandato ai figli.
Giacomo Puccini, note biografiche
Giacomo Puccini nacque a Lucca il 22 dicembre 1858. Crebbe con sei sorelle e un fratello nella casa di Corte S. Lorenzo. Ricevette i primi insegnamenti musicali dal padre Michele, prima della di lui morte prematura nel 1864. Si iscrisse nel 1868, nella classe di violino, all’Istituto musicale «G. Pacini», una scuola molto rinomata anche fuori Lucca; proseguì poi passando nella classe di composizione. Nell’ambiente lucchese nacquero le sue prime composizioni, fra cui la Messa a 4 voci come pezzo per il diploma nel 1880.
Dal 1880 al 1883 Puccini frequentò il Conservatorio di Milano, dove ebbe come insegnanti Antonio Bazzini e Amilcare Ponchielli. Fermamente deciso a fare soltanto il compositore e non l’insegnante o l’interprete, subito dopo l’esame finale al conservatorio compose la sua prima opera lirica, Le Villi, con cui partecipò, senza successo, al Concorso Sonzogno per opere in un atto. Alcuni amici riuscirono comunque ad organizzare una prima rappresentazione dell’opera nel 1884. Fu così che Giulio Ricordi, il più importante editore musicale italiano, si accorse di Puccini. Non solo inserì Le Villi nel catalogo della sua casa editrice, ma commissionò a Puccini una seconda opera lirica, Edgar. La composizione fu molto lunga e laboriosa, ma la prima assoluta, nel 1889, fu un insuccesso.
Nel frattempo Puccini si era innamorato di una donna sposata, Elvira Bonturi, che nel 1886 abbandonò il marito per lui. Solamente nel 1904, dopo la morte del primo marito di Elvira, i due poterono legalizzare la loro convivenza e legittimare il figlio Antonio, che aveva già compiuto i 17 anni. Nei primi anni della loro relazione la piccola famiglia visse in difficili condizioni finanziarie in diverse case affittate, talvolta anche ospiti da parenti, separati uno dall’altro. Fu soltanto grazie al sempre maggiore successo della sua terza opera, Manon Lescaut (1893), che Puccini riuscì a creare una solida base economica per sé e la sua famiglia. Nel 1896 con La bohème colse un successo ancora più grande, che si estese presto anche a livello internazionale. Con i lauti guadagni acquistò due edifici a Torre del Lago e Chiatri, a pochi chilometri da Lucca, e li trasformò in due ville di campagna, di cui mantenne la proprietà fino alla morte. Per qualche anno ebbe anche una casa per la villeggiatura a Boscolungo Abetone. A Milano aveva invece un grande appartamento in affitto.
Il successo non mancò neppure alle due opere successive, Tosca (1900) e Madama Butterfly (1904), grazie alle quali Puccini divenne il compositore vivente più ricco e famoso. Importanti teatri d’opera all’estero rappresentarono cicli quasi completi delle sue opere alla sua presenza (nel 1905 a Buenos Aires e Londra, nel 1906 a Budapest e Londra, nel 1907 a New York, nel 1908 a Parigi). Nel 1910 per la prima volta una prima assoluta di un’opera di Puccini ebbeluogo all’estero: La fanciulla del West fece il suo debutto a New York, e si trattò di un grandioso evento. Nel 1913 Puccini ricevette da una casa editrice viennese l’incarico, superpagato, di scrivere un’operetta: ne nacque alla fine l’opera successiva, La rondine (1917), con notevoli difficoltà e ritardi a causa della crisi internazionale che, di lì a poco, sarebbe sfociata nella prima guerra mondiale. Puccini trascorse gli anni della guerra, da lui tanto odiata, per lo più in ritiro a Torre del Lago. La prima assoluta dei suoi tre atti unici Il trittico, musicati in quel periodo, ebbe luogo poco dopo la fine della guerra a New York, senza la presenza del compositore. Solo nel 1919 Puccini viaggiò di nuovo verso Londra, e ancora nel 1920 per la prima inglese del Trittico e a Vienna per le prime rappresentazioni in lingua tedesca della Rondine e del Trittico. In entrambe le città quasi tutte le sue opere liriche erano in cartellone nello stesso momento, situazione che si ripeté anche nel 1921 a Montecarlo a conferma della continuità, anzi dell’ampliamento della fama e del successo internazionale di Puccini.
Nonostante questo le sue opere dalla Fanciulla del West in avanti venivano rappresentate sempre più raramente, anche in Italia; evidentemente il linguaggio musicale più complesso e progressista che le caratterizzava era meno apprezzato dal pubblico, che preferiva la ’popolarità’ delle opere precedenti, da Manon Lescaut a Madama Butterfly.
In ogni caso i proventi che ricavava dai diritti d’autore bastavano ugualmente a coltivare, anche dopo la guerra, due delle sue passioni predominanti: le automobili (la prima l’aveva comprata già nel 1902 e ne era seguita un’altra dozzina) e, in modo particolare, le case.
La Turandot non era stata ancora completata quando fu diagnosticato un carcinoma laringeo a Puccini, che già da anni lamentava un mal di gola insistente. Per potersi sottoporre alla cura innovativa e sperimentale della radioterapia, Puccini si recò in una clinica specializzata a Bruxelles. Sopravvisse però solamente pochi giorni e morì il 29 novembre 1924. L’incompiuta Turandot andò in scena per la prima volta nel 1926 e da allora è una delle opere di Puccini più rappresentate.
(Fonte: Puccini Museum, Casa Natale di Giacomo Puccini)
Attilio Badodi, il fotografo
Attilio Badodi, trasferitosi poco più che ventenne a Milano da Reggio Emilia, apre nel 1908 lo Studio Fotografico e Fototecnico in Via Brera 5.
La passione per la cultura e, in particolare per le forme artistiche teatrali, lo fanno avvicinare al mondo dello spettacolo. Sono molte le celebrità dell’epoca che passano dallo Studio per un ritratto d’autore.
Badodi viene premiato con medaglia d’oro all’Esposizione Internazionale di Fotografia di Torino del 1923.
La sua notorietà fa sì che gli sia affidato l’incarico di fotografo ufficiale del matrimonio tra Edda Mussolini e Galeazzo Ciano, celebrato nel 1930.
Ormai ultra-ottantenne, nel 1965 Attilio cessa l’attività, quando, oltre che per l’età, anche per il senso di delusione per le nuove forme estetiche e tecniche che la fotografia va ormai assumendo: sempre più “foto istantanee”, sempre meno “foto di studio”.
(Fonte: Fotografia900)
Le fotografie
Giacomo Puccini, fotografia di Attilio Badodi
Giacomo Puccini, fotografia dello Studio Badodi, 1924.