NASCE “THE VOICE” OF “MY WAY”
Parliamo di Frank Sinatra il giorno dopo, visto che ieri la fotografia era “da leggere”. Vogliamo ricordare, anche quest’anno, che il 12 Dicembre 1969, alle 16,37, scoppiava una bomba all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura. Sarà uno dei centoquaranta attentati perpetrati tra il 1968 e il 1974. Si parlerà di strategia della tensione. Le indagini si svolsero su più fronti e non staremo certo qui a parlarne. Crediamo sia giusto non dimenticare, da fotografi (o appassionati) quali siamo, perché il tempo che è alle spalle va comunque conservato con cura.
Di Frank Sinatra ricordiamo la voce chiara e pulita e anche quell’aria scanzonata che tanto piaceva alle donne. My Way è forse la sua canzone più famosa (cantata dai virtuosi nei Karaoke) e ha una storia strana. Siamo a metà anni ’60, le mode stanno cambiando: Sinatra vuole smettere. Paul Anka, durante le vacanze in Francia, per radio ascolta un brano che là non riesce a raggiungere i successo. Ne compra i diritti, cambiandone il testo, raccontando di un uomo che affronta il sipario della fine, ripercorrendo il bilancio della sua vita. Sempre Paul Anka comprende anche come il brano si adatti a Frank Sinatra, proprio per il modo col quale ha affrontato la vita. Il testo parla chiaro: E ora, la fine è vicina (And now, the end is near) E così affronto il sipario finale (And so I face the final curtain) Amico mio, lo dirò chiaro (My friend, I'll say it clear) Espongo il mio caso, di cui sono certo (I'll state my case, of which I'm certain) Ho vissuto una vita piena (I've lived a life that's full) Ho percorso ogni autostrada (I traveled each and every highway) E altro, molto di più (And more, much more than this) ho fatto a modo mio (I did it my way).
Frank Sinatra, note biografiche
Frank Sinatra è nato a Hoboken, nel New Jersey, il 12 dicembre 1915, da immigrati italiani. Il padre, Saverio Antonino Martino Sinatra, era un pugile siciliano, vigile del fuoco e proprietario di un bar. Crescere nelle strade grintose di Hoboken ha reso Sinatra determinato a lavorare sodo per andare avanti. Iniziando come cantante in piccoli locali, alla fine ha ottenuto un lavoro come cantante con Tommy Dorsey. Con l'aiuto del suo addetto stampa la sua immagine è stata plasmata in quella di un delinquente di strada salvato dalla sua prima moglie, Nancy Barbato Sinatra.
Nel 1942 iniziò la sua carriera da solista, diventando il cantante più popolare dell'epoca tra i fan della musica per adolescenti. In quel periodo intraprese anche la sua carriera cinematografica e, dopo alcune apparizioni in alcuni piccoli film, raggiunse l'oro al botteghino con un ruolo da protagonista in “Due marinai e una ragazza” (Canta che ti passa,1945) con Gene Kelly, candidato al miglior film ai Premi Oscar del 1946.
La sua carriera stava raggiungendo il culmine, ancora una volta con Gene Kelly, nel musical della MGM “Un giorno a New York” (1949) e “Facciamo il tifo insieme” (1949). Un controverso affare pubblico con la sirena dello schermo Ava Gardner ha rotto il suo matrimonio con Nancy Barbato Sinatra e ha fatto poco bene alla sua carriera. Frank ha reagito, assicurandosi finalmente un ruolo che desiderava disperatamente: Angelo Maggio in “Da qui all'eternità” (1953), col quale ha vinto un Oscar come miglior attore non protagonista.
Conosciuto come "One-Take Charlie" per il suo approccio alla recitazione che mirava alla spontaneità e all'energia, piuttosto che alla perfezione, Sinatra era un attore istintivo che era il migliore nell'interpretare parti che rispecchiavano la sua personalità. Ha continuato a dare interpretazioni forti e memorabili in film come Bulli e pupe (1955), Il Jolly è impazzito (1957) e Qualcuno verrà (1958).
Dopo essere apparso nel western comico mal accolto Dingus, quello sporco individuo (1970), Sinatra non ha recitato di nuovo per sette anni, tornando con un thriller di poliziotti e mafiosi per la TV Contract on Cherry Street (1977) , che ha anche prodotto. Basato sul romanzo di William Rosenberg, questa favola di poliziotti stufi che diventano vigilanti contro la mafia vantava un cast stellare ed è stato un successo di ascolti. Sinatra torna sul grande schermo in Delitti inutili (1980), interpretando ancora una volta un detective di New York, in una performance commovente e discreta che segna il degno epilogo della sua carriera di protagonista. Torna sul grande schermo con un cameo ne La corsa più pazza d'America n. 2 (1984) e una recitazione finale in Magnum P.I. (1980), nel 1987, nei panni di un detective della polizia in pensione in cerca di vendetta sugli assassini di sua nipote, in un episodio intitolato Magnum PI: Laura (1987).
Come cantante, durante la sua carriera incide più di duemiladuecento canzoni per un totale di 166 album.
Dopo le vicende con Ava Gardner, per soli due anni, dal 1966 al 1968, si unisce in matrimonio con l'attrice Mia Farrow e dal 1976 fino alla sua morte resta a fianco dell'ultima moglie, Barbara Marx. La stampa comunque continua, anche negli ultimi anni, ad attribuirgli flirt: da Lana Turner a Marilyn Monroe, da Anita Ekberg ad Angie Dickinson.
Il fotografo Richard Avedon
Di Richard Avedon sicuramente abbiamo già parlato, più volte. Ci stiamo comunque riferendo a uno dei fotografi più prolifici della seconda metà del XX secolo. Molti lo definiscono come il più importante fotografo di moda di tutti i tempi, ma noi (assieme a molti) gli abbiamo riconosciuto altri meriti, particolarmente nel ritratto. Al di là del genere comunque (fashion o portrait che sia), guardando a ritroso il lavoro del maestro, ne riconosciamo forza e coerenza, che andavano al di là delle singole interpretazioni. Di lui ci è sempre piaciuto il “potere”, quello buono; lo stesso che gli permetteva di lavorare sul soggetto con assiduità, senza limiti.
Richard Avedon è nato a New York City, figlio d’immigrati ebrei russi che possedevano un grande magazzino a Manhattan. In gioventù ha messo in mostra un’attitudine letteraria forte. Determinanti per lui sono stati gli studi con Alexey Brodovitch, presso il Laboratorio di Progettazione della New School for Social Research. La New York del tempo offriva tutto ciò che un giovane ambizioso potesse desiderare: teatro, cinema, musica, danza.
A noi piace pensare che Richard abbia vissuto la fotografia con intensità e profonda dedizione, sin dagli esordi: assorbendo tutto quanto potesse dalle lezioni di chi l’ha preceduto. E’ per questo che lui ha esplorato la fotografia in molte delle sue possibilità, anche tecniche. Determinanti, a tale proposito, sono stati i continui passaggi da una medio formato al banco ottico.
Assiduità e dedizione vogliono anche dire consapevolezza, considerazione di sé; e lì forse nasce quel potere forte che gli riconosciamo, esercitato di continuo sui propri soggetti.
Molti sono stati gli elementi ispiratori per Avedon. Tra questi ricordiamo Martin Munkacsi, il pioniere della fotografia di moda in esterni. Il nostro però ha unito sapientemente l'esuberanza della fotografia outdoor con la tradizione statica dello studio, dimostrando così di aver assorbito le lezioni del mitico Edward Steichen.
Richard Avedon può contare una carriera lunga 60 anni, durante i quali ha ottenuto numerosi premi e per i quali è stato indicato da molti come il "re dei fotografi di moda". Avedon l’ha affrontata con uno stile senza precedenti. Per la prima volta l’approccio fotografico in una rivista di moda era fresco, anche divertente. Le immagini vivevano di una strana combinazione: erano costruite, ma allo stesso tempo mostravano un'aria di spontaneità mai vista prima.
I lettori delle riviste rimasero stupiti quando videro un modello sui pattini da Place de la Concorde, ma la rivoluzione totale venne compiuta quando Avedon ritrasse un’elegante Dorothy Horan (Dovima) con un abito Dior, assieme a degli elefanti. La dissonanza tra la pelle ruvida dei pachidermi e la squisita grazia del modello si rivelò una vera bomba. Come dissero in molti: “La fotografia di moda non sarebbe stata mai la stessa”.
Avedon aveva trasformato una disciplina statica e monotona in un genere vivo. Tutte le componenti del set (i capelli, il trucco, i vestiti, il corpo) diventavano uno spettacolo. Questo non deve sorprenderci: Avedon amava il teatro quasi quanto la fotografia (come Josef Koudelka). Tra l’altro Richard aveva prodotto molte delle copertine della rivista Theater Arts: la teatralità veniva trasferita al mondo della moda.
La moda di Avedon influenza anche il cinema. Nel 1957 esce nelle sale Funny Face (Cenerentola a Parigi), diretto da Stanley Donovan per la Paramount Pictures. Il lungometraggio era interpretato da Fred Astaire e Audrey Hepburn. Il personaggio di Astaire era liberamente ispirato alla figura del fotografo Richard Avedon, le cui foto appaiono nel film.
Come dicevamo, Avedon deve essere considerato anche (e soprattutto) come un grande ritrattista, probabilmente uno dei più grandi della storia della fotografia.
Di fronte alla sua macchina fotografica di grande formato sono sfilate tutte le personalità famose del suo tempo. Essere fotografati da Avedon rappresentava una sorta di "certificato di celebrità".
I volti famosi rappresentano per il fotografo una lama a doppio taglio nei termini dell’immagine da produrre. Se ci si fida del personaggio preconfezionato, tutto può apparire facile; ma quando si cerca la profondità, probabilmente il soggetto erigerà una barriera. Avedon ha saputo attraversare le false ipocrisie, arrivando al nucleo della personalità.
Ingrid Bergman appare con un volto senza precedenti; ma il caso più evidente è il ritratto del 1957 che vede coinvolta Norma Jean Baker. Anche se il titolo dell’immagine recita "Marilyn Monroe, attrice" la donna che appare è stanca, spogliata dei successi di Hollywood, finalmente bambina.
Avedon era anche un provocatore e usava le sue qualità per ottenere dai soggetti il lato intimo della loro personalità. Un esempio? Il servizio che vide coinvolti i duchi di Windsor. Erano arrivati al Waldorf Astoria accompagnati dalla regalità maestosa della loro immagine. Dopo un'ora di lavoro, Richard non era riuscito a eliminare la loro impassibilità aristocratica. Il fotografo si è messo a recitare, arrivando a persino a mentire. “Il taxi che vi è venuto a prendere”, disse, “ha investito un cane, che è deceduto”. L’artista raggiunse il suo scopo, anche se per una via non ortodossa.
Avedon è ricordato anche per una serie di ritratti scattati a 752 persone tra il 1979 e il 1984. Si tratta della famosa serie del West americano. Richard aveva fotografato modelle, gli artisti più influenti, i politici più potenti; decide così di cambiare i suoi orizzonti, concentrandosi sulla gente comune. Per portare avanti il suo progetto, il nostro visitò diversi stati degli Stati Uniti occidentali, per incontrare i minatori, le persone senza fissa dimora, le casalinghe, i prigionieri, i predicatori itineranti.
Avedon rimane fedele al suo stile di lavoro: uno sfondo bianco, la fotocamera di grande formato e la “ferocia” del suo sguardo. Richard non cerca la coerenza con i soggetti, ma li affronta con la stessa furia creativa utilizzata con George Bush Sr. e Henry Kissinger.
Ci siamo dilungati a lungo su Avedon, non sapendo addirittura da dove iniziare. Perdonate: chi scrive è schierato! Oltre a una profonda passione per il reportage anni ’50, vive una forte attrattiva per alcuni fotografi. Avedon è uno di questi, forse perché a ogni visione gli vengono restituiti spunti nuovi, per via della complessità. Grazie per la pazienza.
Il fotografo Herman Leonard
Herman Leonard, forse il più grande fotografo di jazz assieme a William Claxton, probabilmente ha scoperto la relazione tra musica e fotografia. Anche Bill Clinton, nel ricordarlo, si è espresso in tal senso. Nelle sue immagini c’è tanto fumo (di sigaretta) e un uso continuo del controluce; e poi quel buio nerissimo che incanta, quasi che le note escano fuori proprio da lì. Il nero è il colore della notte e dei locali; sedi elettive di una musica intima, il luogo di culto più congeniale.
Alla fine del 1940, Leonard (Allentown, 6 marzo 1923 – Los Angeles, 14 agosto 2010) ha aperto uno studio a Greenwich Village, iniziando a frequentare tutti i jazz club vicino Broadway e alla 52^ strada, fino a Harlem. Niente di meglio delle sue immagini possono evocare il mondo del jazz che fu.
Leonard ha avuto una carriera variegata, operando anche nella moda e persino per Playboy.
Conosce la fotografia all’età di nove anni, grazie al fratello che gli illustra i procedimenti della camera oscura. Ne rimane estasiato.
Herman era timido di carattere, almeno in gioventù; e ai tempi del liceo (ne diventa fotografo ufficiale) impara come la macchina fotografica possa rappresentare un "passaporto" per frequentare quegli eventi che non avrebbe potuto vivere. Quando è arrivato il momento del college, Herman ha scelto la Ohio University, “L'unica università al momento che mi avrebbe potuto offrire una laurea in Fotografia", disse. I suoi studi universitari si interrompono durante la Seconda Guerra Mondiale.
Dopo la laurea (1947), si è recato a Ottawa, in Canada, nella speranza di lavorare con il famoso fotografo di ritratti, Yousuf Karsh. Quest’ultimo rimase colpito dalla sua determinazione e lo assunse come apprendista. Herman ha assistito Karsh in camera oscura e durante le sedute fotografiche, di fronte a: Martha Graham, Harry Truman e Albert Einstein. Il consiglio fotografico di Karsh a Leonard fu: "Dì la verità, ma in termini di bellezza".
Nel 1948, la passione di Herman per il jazz, come abbiamo già detto, l’ha portato a Greenwich Village (New York), dove ha aperto un piccolo studio al 220 di Sullivan Street. Sempre con la sua fotocamera al collo, ha stretto amicizie con alcuni dei grandi della storia del jazz, tra questi: Miles Davis, Charlie Parker, Dizzy Gillespie, Billie Holiday, Duke Ellington e tanti altri; molte delle sue foto sono finite sulle copertine dei dischi di jazz.
Nel 1956 Marlon Brando sceglie Leonard come suo fotografo personale per un lungo viaggio in tutto l'Estremo Oriente. Il nostro si appassiona ai grandi spostamenti, trasferendosi poi a Parigi. Lì ha continuato a ritrarre il jazz, visti i tanti musicisti del genere che vivevano lì. Lavorando per un’etichetta discografica francese, Leonard ha anche fotografato molti artisti non propriamente legati alla sua musica preferita: Charles Aznavour, Jacques Brel e Johnny Hallyday . Divenne anche il fotografo europeo di Playboy. Tra gli anni ’60 e ’70 il suo lavoro si è concentrato principalmente su moda e pubblicità.
Nel 1980, Herman lascia Parigi e si trasferisce nell'isola spagnola di Ibiza, dove rimase con la famiglia fino al 1988. Durante questo periodo ha riscoperto i suoi negativi di jazz, conservati in una scatola sotto il letto; così nel 1985 pubblica il suo primo libro, “The Eye of Jazz”.
Nel 1988 si trasferisce a Londra, dove espone per la prima volta. Sarà un successo. L'anno successivo replicherà negli Stati Uniti.
Dopo una mostra a New Orleans nel 1991, s’innamora della città, decidendo di trasferirvisi. Incontrerà nuovamente il jazz, ma anche il blues.
Nel 1995, Herman ha pubblicato il suo secondo libro, Jazz Memories.
Nell'agosto 2005, l'uragano Katrina ha distrutto la casa e lo studio di Herman. Leonard si trasferisce così a Studio City, in California, dove ha dovuto iniziare da capo. Nel 2006, ha pubblicato il suo terzo libro, "Jazz, Giant, and Journeys: La Fotografia di Herman Leonard ".
Herman Leonard muore il 14 agosto 2010, a Los Angeles. Aveva 87 anni.
(Fonte: sito ufficiale).
Le fotografie
Marlon Brando e Frank Sinatra, Los Angeles 1955. Ph. Richard Avedon.
Frank Sinatra in sala d’incisione, New York 1956. Herman Leonard.