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PAOLO CONTE, JAZZ E PAROLE

Musicista, cantautore, avvocato, appassionato d’arti figurative ed enigmistica: questo è Paolo Conte. Astigiano di nascita, ha portato in giro per il mondo la sua poesia; con un pubblico diventato numeroso per estensione geografica, con una platea mondiale. A Parigi lo adorano e a febbraio approderà alla Scala, con undici musicisti. Un traguardo? Forse, ma meritato. L’alchimia delle sue parole necessità di un luogo di culto e il palcoscenico milanese è uno di questi; già, perché lì potranno diventare immagini, caratteristica saliente del suo modo di esprimersi e cantare. Ci vengono in mente: «C’è un po’ di vento, abbaia la campagna, c’è la luna in fondo al blu» (Bartali), e poi «Stanno innaffiando le tue rose, non c’è il leone, chissà dov’è» (Azzurro).
La carriera di Conte inizia con la rincorsa, a metà anni ’60, quando in tanti ascoltavano le sue musiche e parole cantate da altri; è il caso di: “La coppia più bella del mondo” e “Azzurro” (Adriano Celentano), “Insieme a te non ci sto più” (Caterina Caselli), “Tripoli ‘69” (Patty Pravo), “Messico e Nuvole” (Enzo Jannacci), “Genova per noi” e “Onda su onda” (Bruno Lauzi) e molti altri brani. A dire il vero, ce ne siamo accorti dopo della firma “astigiana”, provandone piacere e ammirazione; perché sì, Conte va oltre il linguaggio universale della canzone, chiudendo i versi come in un rebus, per poi farli esplodere in un’immagine luminosa: «Ci sono palme e bambù...è un luogo pieno di virtù... Il mare mi ha portato qui, ritmi canzoni, donne di sogno, banane, lamponi» (Onda su onda).
Vive ad Asti, Paolo, dove nascono le sue parole, con il desiderio “d’altrove” e tutte le attese che ne conseguono. Noi “Che stiamo in fondo alla campagna, E abbiamo il sole in piazza rare volte, E il resto è pioggia che ci bagna” temiamo il mare scuro, “che si muove anche di notte e non sta fermo mai”; ma “In un'immobile campagna, Con la pioggia che ci bagna, E i gamberoni rossi sono un sogno, il sole è un lampo giallo al parabreeze” (Genova per noi). Quel bagliore, però potrebbe diventare “azzurro”, come la canzone che in tanti, anche all’estero, cantavano dai balconi durante il lockdown da Covid. Bisognava stare in casa, allora, come a volte capita nella vita aspettando il meglio: «Vuoi andare al cine? Vacci tu, io sto qui e aspetto Bartali».

Paolo Conte nasce ad Asti il 6 gennaio 1937. Fin da ragazzo comincia a coltivare quelle che ancora oggi rimangono le sue passioni: il jazz americano e le arti figurative. Inizia a scrivere canzoni sulla scia di suggestioni assorbite dalla vita, dal cinema e dalla letteratura.

Intorno alla metà degli anni Sessanta irrompono nelle classifiche musicali canzoni ‘diverse’ ed ‘originali’ firmate Paolo Conte, e le abbiamo già viste.
Nel 1974 esce un album, intitolato Paolo Conte, in cui una voce casuale e come distratta tratteggia piccole storie private o quasi; e già l’anno dopo ecco un altro album con lo stesso titolo e nella stessa vena.
Il 1979 è l’anno in cui il pubblico inizia a scoprire Conte grazie a ‘Un gelato al limon’. Due anni dopo, nel 1981, ecco un altro album, Paris Milonga. 1982: esce Appunti di viaggio. Ormai il cantautore di Asti è un protagonista e, nel 1984, ecco un altro LP che s’intitola ancora una volta semplicemente Paolo Conte.

L’artista conquista la Francia, suonando al Théâtre de la Ville di Parigi nel corso di una tournée che, aperta all’estero, si conclude in Italia tra i “tutto esaurito”. Il 1987 porta nuove canzoni in Aguaplano, un doppio album. Inizia così una serie di lunghe tournée all’estero: due tournée in Canada, cinque in Francia (per tre settimane all’Olympia di Parigi), due tour in Olanda (dove ottiene il disco d’oro e il disco di platino), due tournée in Germania, oltre a Belgio, Austria, Grecia, Spagna, nonché due spettacoli al mitico Blue Note di New York, tempio storico del jazz.

Nel 1990 esce "Parole d'amore scritte a macchina" cui segue "Novecento" nel 1992, uno splendido disco in cui i temi della musica “Contiana” sono ben mescolati con sonorità hot jazz proprie della scena musicale americana.

Un'altra lunghissima tournee internazionale porta alla pubblicazione di due album doppi dal vivo, "Tournee" e "Tournee2". Nel 1995 esce un nuovo album da studio, "Una faccia in prestito": con ogni probabilità il suo album più maturo di sempre.
Nel 2000 si è dedicato esclusivamente allo sviluppo di un suo vecchio progetto di un musical basato sulla Parigi anni '20, "Razmataz", summa di tutte le influenze assorbite negli anni dall'artista e dove trovano posto, in linea con l'intento multimediale del progetto (Razmataz è di fatto un'opera a 360 gradi, disponibile anche in DVD), le espressioni pittoriche di Conte. L'arte figurativa è da sempre la sua seconda e non troppo segreta passione.

Il 30 settembre 1991 Paolo Conte vince il premio Librex-Guggenheim 1991 “Eugenio Montale per la poesia” – sezione “versi per musica”. Il 24 marzo 1999 riceve l’onorificenza italiana di Cavaliere di Gran Croce. Il 15 maggio 2001 per Paolo Conte eccone un’altra, questa volta in Francia (”Chevalier dans l’ordre des arts et lettres”), mentre il 9 aprile 2003 gli viene assegnata la laurea honoris causa dall’Università degli studi di Macerata in Lettere Moderne (con la seguente motivazione: “per aver tradotto in un linguaggio del tutto originale, ricco di significative trame testuali e poetiche, tipi, luoghi, situazioni, storie, atmosfere di aspetti dell’immaginario del nostro tempo”). In questa occasione Conte tiene una lectio doctoralis intitolata: I tempi dell’ispirazione: il pomeriggio.
Il 24 maggio 2007 Paolo Conte riceve il Diploma accademico honoris causa in pittura dall’Accademia delle Belle Arti di Catanzaro. Conte in quell’occasione ha tenuto una lectio magistralis intitolata: Razmataz – la bellissima negritudine.
Il 25 gennaio 2010 ha ricevuto la massima onorificenza dalla città di Parigi: la Grande Médaille de Vermeil.

(Fonte: sito ufficiale di Paolo Conte)

Le 100 facce di Giovanni Gastel

Rolling Stone del 5 febbraio 2015 mette in copertina le 100 facce che contano della musica italiana, fotografate da Giovanni Gastel. Non è un catalogo di cantanti: ci sono artisti, discografici, promoter, produttori, manager. «Sono quelli che re-inventano il mondo e riescono a fare bello anche il brutto della vita», ha detto Gastel, «Ci siamo trovati e in qualche modo capiti, in quell’istante di reciproca seduzione che è sempre uno scatto fotografico riuscito». “Le 100 facce della musica italiana” è diventata anche una mostra fotografica, alla Fabbrica del Vapore di Milano.
La fotografia di Paolo Conte ha fatto parte di quella raccolta.

Giovanni Gastel, note biografiche

Giovanni Gastel nasce a Milano il 27 dicembre 1955 da Giuseppe Gastel e Ida Visconti di Modrone, ultimo di sette figli. La sua carriera di fotografo inizia in un seminterrato a Milano verso la fine degli anni ’70, dove Gastel, giovanissimo, trascorre i suoi lunghi anni di apprendistato scattando foto ed imparando le tecniche base di un mestiere che l’avrebbe poi portato al successo. Tra il ’75-‘76 lavora per la prestigiosa casa d’aste londinese Christie’s, mettendo in pratica ciò che aveva appreso.
La svolta della sua carriera arriva nel 1981 quando incontra Carla Ghiglieri, che diventa il suo agente e lo avvicina al mondo della moda: dopo la pubblicazione della sua prima natura morta sulla rivista italiana “Annabella”, nel 1982, inizia a collaborare con Vogue Italia e, poi, grazie all’incontro con Flavio Lucchini -Direttore di Edimoda- e Gisella Borioli, con Mondo Uomo e Donna.
Tra gli anni ’80 e i ’90, la carriera di Gastel nel mondo della moda esplode parallelamente al boom del “Made in Italy”. In quegli anni, Gastel sviluppa campagne pubblicitarie per le più prestigiose case di moda italiane tra cui Versace, Missoni, Tod’s, Trussardi, Krizia, Ferragamo e molte altre. Il successo nel suo paese lo porta anche a Parigi -dove negli anni ’90 lavora per marchi come Dior, Nina Ricci, Guerlain- nonché nel Regno Unito e in Spagna.
Sebbene la sua carriera inizia nel mondo della moda, Gastel (fotografo e, al contempo, anche poeta) capisce rapidamente che il suo impulso d’espressione necessita anche di progetti con fini prettamente artistici. La consacrazione artistica non tarda ad arrivare e, nel 1997, la Triennale di Milano gli dedica una personale curata dal grande critico d’arte, Germano Celant. La mostra lancia Gastel ai vertici dell’élite fotografica mondiale e il suo successo professionale si consolida così tanto che il suo nome che compare su riviste specializzate accanto a quello di mostri sacri della fotografia Italiana come Oliviero Toscani, Giampaolo Barbieri, Ferdinando Scianna e di leggende internazionali come Helmut Newton, Richard Avedon, Annie Leibovitz, Mario Testino e Jürgen Teller.
Il successo professionale apre le porte a un altro lato del repertorio fotografico di Gastel che fino alla fine degli anni 2000 era rimasto inesplorato: il Ritratto. Negli ultimi anni, Gastel si scopre appassionato di questo ramo della fotografia e, come sempre ha fatto nella sua carriera, vi s’immerge totalmente. Il suo lavoro culmina in una mostra al Museo Maxxi di Roma nell’anno 2020 con una selezione di 200 ritratti che ritraggono volti di persone del mondo della cultura, del design, dell’arte, della moda, della musica, dello spettacolo e della politica che lo stesso Gastel ha incontrato durante i suoi 40 anni di carriera. Alcuni dei ritratti degni di nota includono Barack Obama, Ettore Sottsass, Roberto Bolle e Marco Pannella.

Giovanni Gastel ci ha lasciato il 13 marzo 2021. Una perdita troppo grande.

Guido Harari, la passione e oltre

Molte volte, in fotografia, sentiamo parlare di passione, ma spesso questa scalda, motiva, induce, esalta; non andando oltre. Per molti resta uno spazio invalicabile tra l’esistere e il percepire, come se il sentimento rappresentasse unicamente uno strumento da utilizzare alla bisogna. Per Guido non è così: lui della passione si nutre, vive, opera. Non a caso, le sue idee vanno oltre, anche al di là dello spazio temporale della sua vita. Ci dice che vorrebbe essere nato prima, per trovarsi “in fase” con gli anni ’60. No, non si tratta di un rimpianto, bensì di un riflesso verso uno sguardo allargato: sempre propenso all’oltre, alla scintilla che illumina l’anima.
Per finire, ecco il ritratto: che lui ama sin dal contatto, dall’incontro. Spesso lo chiude con l’inquadratura, perché gli piace esserci, per sentirsi percepito. E allora la forza è tutta lì: tra piccolo e grande, tra dentro e fuori, tra interiore ed esteriore. Lui, Guido, cerca sempre; nutrendosi di passione. Sta a noi cercarlo, magari in un ritratto chiuso: per giunta in B/N. C’è un moto perpetuo nel suo creare, un movimento continuo. Saltiamoci sopra: è meglio.

Guido Harari, note biografiche

Guido Harari nasce al Cairo (Egitto) nel 1952. Nei primi anni Settanta avvia la duplice professione di fotografo e di critico musicale, contribuendo a porre le basi di un lavoro specialistico, sino ad allora senza precedenti in Italia. Dagli anni Novanta il suo raggio d'azione contempla anche l'immagine pubblicitaria, il ritratto istituzionale, il reportage a sfondo sociale. Dal 1994 sono membro dell'Agenzia Contrasto. Ha firmato copertine di dischi per Claudio Baglioni, Angelo Branduardi, Kate Bush, Vinicio Capossela, Paolo Conte, David Crosby, Pino Daniele, Bob Dylan, Ivano Fossati, BB King, Ute Lemper, Ligabue, Gianna Nannini, Michael Nyman, Luciano Pavarotti, PFM, Lou Reed, Vasco Rossi, Simple Minds e Frank Zappa, fotografato in chiave semiseria per una storica copertina de «L’Uomo Vogue». È stato per vent’anni uno dei fotografi personali di Fabrizio De André. Ha al suo attivo numerose mostre e libri illustrati tra cui Fabrizio De André. E poi, il futuro (Mondadori, 2001), Strange Angels (2003), The Beat Goes On (con Fernanda Pivano, Mondadori, 2004), Vasco! (Edel, 2006), Wall Of Sound (2007), Fabrizio De André. Una goccia di splendore (Rizzoli, 2007).
Di lui ha detto Lou Reed: "Sono sempre felice di farmi fotografare da Guido”. “So che le sue saranno immagini musicali, piene di poesia e di sentimento”. “Le cose che Guido cattura nei suoi ritratti vengono generalmente ignorate dagli altri fotografi”. “Considero Guido un amico, non un semplice fotografo".

Le fotografie

Paolo Conte fotografato da Giovanni Gastel per la rivista Rolling Stones, 2015
Paolo Conte, Milano 1996. Ph. Guido Harari

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