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ROD STEWART, IL PROVINCIALE CHE PIACE

Piaceva, Rod Stewart: molto; certo non per la bellezza. Lui è stato bravo a non svestirsi del tutto da quel ragazzo di provincia dai capelli strani, ribelle a piccole dosi. Il suo atteggiamento non era di protesta, ma di sicuro proponeva un’alternativa all’omologazione maschile. Giocava bene a calcio e questo la dice lunga circa il suo substrato di provenienza.
La voce l’ha aiutato molto, questo è certo, facendolo diventare anche un ottimo esecutore di cover. Nella nostra lista d’ascolto, oltre ai brani che enunceremo, abbiamo: Sailing, The First Cut is the Deepest e Bewitched (un brano di Richard Rodgers del 1940, cantato anche da Ella Fitzerald). Per il resto, c’è poco da dire: non siamo ai livelli di Joe Cocker. I suoi dischi venivano regalati per non sbagliare e spesso costituivano una colonna sonora d’intrattenimento. I gusti spesso si legano alla generazione e chi scrive gradiva maggiormente un ascolto più “ruvido”. Altri tempi, comunque. Rod Stewart merita la fama che si è conquistato. Applausi.

Conosciuto per la sua caratteristica voce roca, il cantautore britannico Rod Stewart si è esibito in diverse band britanniche negli anni '60. Una volta intrapresa la carriera da solista, "Maggie May" divenne il suo primo singolo degno di nota, nel 1971. Trasferitosi negli Stati Uniti nel 1975, le canzoni di successo di Stewart includevano "Tonight's the Night" (1976) e "Do Ya Think I'm Sexy?" (1978). Ha vissuto una pausa di carriera durante gli anni '80 e '90, ma è tornato alla ribalta cantando i classici negli anni 2000, vincendo un Grammy Award come miglior album vocale nel 2004.

Roderick David Stewart è nato il 10 gennaio 1945 a Londra, in Inghilterra, da una famiglia della classe operaia. Lui eccelleva nel calcio. Ha svolto una serie di lavori saltuari prima che decollasse la sua carriera di cantante.
Durante gli anni '60, Stewart faceva parte di diverse band. Nel 1966, si unì al Jeff Beck Group, influenzato dal blues. Il gruppo ha girato il Regno Unito e gli Stati Uniti, pubblicando due album. Nel 1969, cantò con quelli che divennero noti come i Faces. Ron Wood era uno dei componenti della band, che poi divenne un membro dei Rolling Stones. Stewart si esibì anche come artista solista e ottenne il suo primo grande successo con l'album Every Picture Tells A Story, che conteneva il singolo "Maggie May", nel 1971. Nello stesso anno, i Faces scalarono le classifiche con la canzone "Stay With Me".

Stewart si trasferì negli Stati Uniti nel 1975. L'anno successivo raggiunse la vetta delle classifiche statunitensi con "Tonight's the Night" da A Night on the Town . Lui è diventato famoso anche grazie al suo stile di vita festoso e per aver frequentato numerose attrici e modelle. Con Blondes Have More Fun del 1978, ha inciso un altro singolo da classifica intitolato "Do Ya Think I'm Sexy?"

Gli anni '80 si sono rivelati più impegnativi per Stewart. Mentre Tonight I'm Yours del 1981 divenne disco di platino, gli album che seguirono non andarono altrettanto bene. Tuttavia, ha concluso il decennio con una nota positiva. Il suo remake della canzone di Tom Waits, "Downtown Train", nel 1989 è stato suonato in molte trasmissioni radiofoniche. Pochi anni dopo, pubblicò Unplugged and Seated (1993), che fu registrato al concerto MTV Unplugged e conteneva la hit "Have I Told You Lately".

All'età di 60 anni, Stewart è diventato padre per la settima volta. Ha riconosciuto pubblicamente la sua figlia maggiore, Sarah Streeter (la prima), nel 2013, nata quando aveva solo 18 anni. Ai tempi lui e la madre decisero di dare in adozione la loro bambina. Stewart e Streeter si sono incontrati per la prima volta nel 2008.

Nel 2006, Stewart è tornato alla musica rock con Still The Same: Great Rock Classics of Our Time. L'album ha raggiunto la vetta delle classifiche pop nell'ottobre di quell'anno. Ha poi abbandonato il microfono, prendendo in mano una penna per scrivere il suo libro di memorie nel 2012 Rod: The Autobiography. L'anno successivo, ha fatto un impressionante ritorno alla canzone, con il suo album Time, nel quale ha co-scritto molte delle canzoni.

Il fotografo Ron Galella, una mostra

Ron Galella, Paparazzo Superstar. Il fotografo delle Stelle
Conegliano (TV), Palazzo Sarcinelli
Fino al 29 gennaio 2023

Ron Galella, Paparazzo Superstar è un'importante retrospettiva di Ron Galella, il più famoso paparazzo della storia della fotografia. La mostra riunisce oltre 180 ritratti di celebrità, attori, musicisti e artisti degli anni ‘60, ‘70, ‘80 e ‘90, selezionati tra i più di 3 milioni di scatti che compongono l’immenso archivio del fotografo.

Il percorso espositivo ci accompagna dietro le quinte della fama, alla ricerca di reazioni ed emozioni immediate e genuine. Le fotografie – per la maggior parte in bianco e nero – sono talora accompagnate dal racconto di come sono state realizzate, permettendoci di scoprire i segreti del mestiere del più famoso paparazzo di sempre e i retroscena di scatti iconici almeno quanto le persone che vi sono ritratte.

Una sala della mostra ospita un estratto del documentario “Smash His Camera” di Leon Gast, premiato al Sundance Film Festival del 2010 e dedicato alla carriera di Galella.

Ron Galella, Paparazzo Superstar non è solo una mostra fotografica; è soprattutto un viaggio nella memoria di un’epoca, un’opportunità per scoprire punti di vista originali su quei personaggi iconici che compongono la mitologia pop condivisa da intere generazioni.

A cura di Alberto Damian, la mostra è organizzata e prodotta da SIME BOOKS in collaborazione con Città di Conegliano.

(Fonte: comunicato stampa ufficiale)

Il fotografo Ron Galella, note biografiche

Ron Galella è stato soprannominato "Paparazzo Extraordinaire" da Newsweek e salutato come il "Padrino dei paparazzi statunitensi" dalle riviste Time e Vanity Fair. La passione di Ron per la fotografia e il suo legame con i suoi soggetti hanno creato un'intimità risultante in un corpus di lavori che non ha eguali, stabilendo una nicchia unica nel fotogiornalismo d’intrattenimento.

La carriera quasi decennale di Ron abbraccia due generazioni, dal vecchio sistema degli studi di Hollywood (e quindi Charlie Chaplin, Ava Gardner, Gary Grant, Greta Garbo, John Wayne, Audrey Hepburn, Frank Sinatra, Liz Taylor, Bridget Bardot, Sophia Loren, Grace Kelly , Alfred Hitchcock, Federico Fellini, Bette David, Jimmy Cagney), agli anticonformisti degli anni '60 e '70: Marlon Brando, Steve McQueen, Richard Burton, Clint Eastwood, Jack Nicholson, Robert De Niro e Al Pacino.

Nato nel 1931 e cresciuto nel Bronx, Ron ha scattato milioni di fotografie a ogni tipo immaginabile di celebrità: film, televisione, musica, top model, moda, atleti, politici, magnati del business, artisti, autori e innovatori. Li ha fotografati tutti: da Elvis Presley, Duke Ellington, Louis Armstrong, Paul McCartney, Bob Dylan, Muhammad Ali, Joe Lewis, David Bowie, Michael Jackson, Diana Ross, Simon & Garfunkel, Jackie Onassis, Princess Diana, Lady Gaga e Taylor Swift.

Il lavoro di Ron ha superato la prova del tempo. Oggi le sue foto continuano a essere regolarmente pubblicate e trasmesse a livello globale su notiziari, riviste, libri e documentari. Le sue tanto ricercate stampe d'arte firmate sono raccolte in musei di tutto il mondo, tra cui il Museum of Modern Art di New York e San Francisco, la Tate Modern di Londra e l'Helmut Newton Foundation Museum of Photography di Berlino. Le sue stampe, ambite da collezionisti privati, sono rappresentate da numerose gallerie in tutto il mondo. Non male per un ragazzo italoamericano di famiglia operaia cresciuto nel Bronx!

Grazie allo stile pionieristico di Galella e all'incessante etica del lavoro, sia i fan che i critici hanno potuto godere di una nuova strada per vedere le loro celebrità preferite. Laddove le foto in studio e le feste in posa erano diventate la norma e facilmente prodotte in serie, Galella ha sovvertito l'establishment fornendo immagini spontanee e non provate di momenti reali. Ron li ha davvero messi in mostra, catturati candidamente nello stile unico di Ron: alla sprovvista, l'approccio dei paparazzi.

Consapevolmente o meno, molte persone di ogni estrazione sociale, economica e culturale hanno familiarizzato con l'opera di Ron Galella. Durante gli oltre 50 anni di carriera di Galella, è stato in grado di catturare il glamour e la bellezza in un ambiente urbano quotidiano, perpetuando il mistero che circonda i suoi soggetti. Le strade erano il suo studio! Galella è un'artista che ha sviluppato uno stile unico: pre-messa a fuoco della sua fotocamera a 6 piedi, impostata su F8, tenuta vicino al petto. Tutto ciò ha assicurato un'interazione con il soggetto, creando una forte intimità.
Nel 2009 il governo della Basilicata, Italia, ha gentilmente onorato Ron, nominandolo cittadino onorario. Il padre, Vincenzo, era nato a Muro Lucano.

Ron Galella ci ha lasciato il 30 aprile 2022, a Montville, New Jersey.

Annie Leibovitz, Lezioni di Ritratto

Il libro è sul tavolo. Si tratta di “Annie Leibovitz: Portraits 2005–2016”, pubblicato da Phaidon. Lo abbiamo sfogliato più volte, riconoscendolo sontuoso, prestigioso, sensoriale, riflessivo. Tutti i ritratti si sviluppano su una doppia pagina. I colori sono ambiziosi, così come le pose. Ne esce, ma ai nostri occhi, una visione intima e personale delle figure maggiormente influenti del nostro tempo: la regina Elisabetta con i suoi fedeli Corgi, Joan Didion a Central Park, Kim Kardashian e Kanye West a casa, Cindy Sherman nel suo studio, Hillary Clinton al telefono.

Apriamo ancora il volume, questa volta a caso. Ne riconosciamo una lezione di ritratto? Non possiamo, né sappiamo dirlo. Siamo sempre stati convinti che raffigurare una persona in fotografia volesse dire incontrarla su un terreno comune. Allo stesso tempo, nelle immagini cercavamo di continuo l’autore, la sua impronta, ma anche le tracce di quella personalità che ne ha animato i lavori. La Leibovitz sfugge a questi luoghi comuni e pare uscire dalle pagine che ci propone. Per una volta, siamo soli: di fronte ai volti e dentro gli spazi; dove anche il tempo rompe con la linearità, per divenire solido, rigido, ambiente esso stesso.
Lezioni di ritratto? Sarebbe meglio dire: “Lezioni dal ritratto”. Sì, perché noi, mentre riconosciamo i soggetti, da loro subiamo quasi un monito, un avvertimento repentino e potente. Le pose, gli abiti, i vestiti, gli ambienti, i volti, formano una complessità che ci investe, tutta insieme, suggerendoci persino; e dalla quale è difficile venir fuori.

Un altro sguardo vogliamo darlo, una volta di più. Sentiamo di doverlo fare, quasi per un obbligo verso noi stessi. Ci siamo persi? No, certamente. Non siamo riuscito a comprendere? No, perché mai? Forse abbiamo intrapreso un viaggio al quale non eravamo abituati: quello che dal soggetto arriva dentro di noi.
“Lezioni dal ritratto”, dicevamo; e, in effetti, è così. Lady Gaga, Sting, James Lebron, ci guardano, ma in silenzio. In realtà siamo noi guardanti che ci mettiamo a nudo a loro cospetto. Ecco che Annie ci fa capire chi siamo, consapevolmente: oltre quei vestiti che abbiamo fabbricato a fatica prima di indossarli. Qui, di fronte alle immagini del libro, non ci servono più; e nemmeno potremo usare quelli che vediamo.

La frattura è forte: noi e loro. Ci avvicina la coscienza, quella della paura e dei paradossi, dei timori e delle contraddizioni, degli sbagli e delle cose buone. A guardar bene, siamo anche in grado di ricomporci, afferrando un tempo più grande: il nostro, divenuto infinito, pieno, vero perché circostanziato al dove si è.

Lezioni di ritratto? Beh, proviamo a dire qualcosa. C’è una complessità infinita, nelle immagini che vediamo; persino dettagliata. E questo vale anche per i campi stretti, dove emerge il simbolo, l’elemento connotante. Gli ambienti, poi, risultano faraonici, surreali, persino esagerati; ma mai inadeguati. Diciamo che Annie si è assunta dei rischi, anche se forse non poteva fare altrimenti. La fama dei soggetti sarebbe divenuta ridondante; meglio quindi collocarli laddove potessero esprimersi senza invadere, liberi finalmente anche loro di strapparsi le vesti di rito, per farci comprendere: di loro, di noi, della vita.

La fotografa Annie Leibovitz, note biografiche

Annie Leibovitz nasce il 2 ottobre 1949 a Waterbury, nel Connecticut. Era uno dei sei figli di Sam, un tenente dell’aviazione, e Marilyn Leibovitz, un’istruttrice di danza moderna. Ha viaggiato gli USA in lungo e in largo e forse, al finestrino della Station Vagon paterna ha sviluppato quella sensibilità fotografica che oggi conosciamo. Grande appassionata di Avedon, nel 1967 si iscrive al San Francisco Art Institute, dove ha sviluppato l’amore per la fotografia.

Nel 1970 si presenta alla rivista rivista Rolling Stone. Impressionato dal suo portfolio, l’editore non esita ad assumerla. Nel giro di due anni, Annie ne ha 23, è capo fotografo. Nel 1975 la rivista le ha offerto l'opportunità di accompagnare la band dei Rolling Stones nel loro tour internazionale.

Nel 1983 la Leibovitz lascia Rolling Stone per la rivista Vanity Fair, dove diventerà autrice di molte copertine di personaggi celebri; ricordiamo, tra questi, Demi Moore in dolce attesa e Whoopi Goldberg semisommersa in una vasca da bagno piena di latte.
Durante la fine degli anni 1980, la Leibovitz ha iniziato a lavorare su una serie di campagne pubblicitarie di alto profilo. Tra queste quella per l’American Express "Abbonamento", per la quale ha ritratto celebrità del calibro di Tom Selleck e Luciano Pavarotti.

Annie è considerata una delle migliori fotografe americane, particolarmente per quanto attiene al ritratto. Nel 1999 ha pubblicato il libro Women, che è stata accompagnato da un saggio dell’amica Susan Sontag. Nella pubblicazione Leibovitz ha presentato una serie d’immagini femminili: dai Giudici della Corte Suprema, fino alle showgirl dello spettacolo.

Di Annie ricordiamo la fotografia dove John Lennon (completamente nudo) è avvinghiato a sua moglie Yoko Ono. Si tratta dell'ultimo ritratto dedicato all’ex Beatles. E’ L'8 dicembre 1981. Poche ore dopo la posa per questa fotografia, Lennon fece due passi fuori dalla sua residenza a New York. Lì è stato colpito a morte da Stalker Mark David Chapman. Nel gennaio del 1981 (22 gennaio), l'immagine è apparsa sulla copertina della rivista Rolling Stone. Anni dopo la Leibovitz ha raccontato che quando Lennon ha visto il primo test Polaroid delle riprese, si era espresso così: "Hai catturato esattamente il nostro rapporto".

Le fotografie

Rod Stewart al Beverly Hills Hotel, 1977. Ph. Ron Galella
Rod Stewart fotografato da Annie Leibovitz, 1973

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